Critica Sociale - XXIII - n. 11-12 - 1-16 giugno 1913

CRITICA SOCIALE 169 come esseri viyi, quando dietro la finanza scorgfamo i dolori de:le popolaz.ioni. I problemi cosidetti tecnici, paurosi ·per molti, dell'agricoltura, t4ell'industria, del commercio, dei lavori pubblici, di fronte alle ·re.alt.à sanguinanti, ai bisogni delle .masse, al visibile e tra– gico peggiorare delle -condizioni della vita dei poveri, diventano anche essi qualche cosa più di semplici pro– blemi temici: dive,ntano problemi poliUci, sociali, morali. La politica estera, la· politica coloniale, !a' politica militare - tutta quanta, insomma, la politica - si ravviva e si anima; pr-oblemi astrusi, come quelli dei trattati doganali, per Io più riservati agli specialisti, s'impongono all'attenzione anche dei profani; non par– lo della legislazione sociale, nella quale il mio amioo on. Cabrini persiste con mirabile tenacia a riporre tutta la sua fede. E non è che io sia divenuto un miscredente della legislazione sociale; tutt'altro! Sol– tanto, in questo speciale momento della vita econo– mica italiana, mi sembra inevitabile ch'essa passi in seconda linea, di fronte ,a quellp che è probl,ema im– pellente, assorbente, pregiudiziale: il problema della produzione. Le leggi di tutela del lavoro, le J.eggi cosidette so– ciali, sono senza -dubbio utilissime; ma non sono che leggi complementari, la cui -efficacia si spiega nello &cema!'e gli attriti, nel temperare J.e scosse di una macchina che in complesso cammina vigorosamente. Ma, quando la macchina subisoe arresti violenti per difetto di forza motrice, quand-0 la nazione è travolta ineluttabilmente verso la crisi, vers·o la miseria, verso la mancanza di credito, di produzione, di lavoro, e le masse sono trascinate all'eoosperazione... la legisla– zione sociale può dal'e le sue, dimissioni. L'esaspera– zione non è riformista, non è neppure socialista, nè di destra nè di sinistro, amico Cabrini; se vuol darsi il lusso di una ves-te dottrinale sarà sindacalista od anai,chica; più probabilmente -e più spesso non sarà neppur questo; -sarà inutilmente rivoltosa •e. inutil– mente brutale ... • Le cause del fenomeno. On. Tedesco ,ed on. Sacchi; io non sono ne cosi settario, nè cosi breve di cerv,ello, da attribuire il fe– nomeno impressionante della disoccupazione in Italia, in questi ultimi due anni, ar solo fatto coloniale. La disoccupazione esisteva prima della Libia e senza di essa; essa è una necessaria conseguenza, è un corol– lario fisiologico e normale dèl capitalismo, al quale for.nisce la necessaria armata di riserva operaia; ed è inoltre favorita da un oomplesso mutabile di ,cause, che qui ora non impo·rta di analizzare ad una ad una. ·La stessa organizzazione operaia, in ~n oerto senso, la crea, o meglio la alimenta, quando, ,come avviene proprio ora nel Mantovano, stimola i propri,etari ter– rieri, per la propria difesa dalla pressione delle Leghe di braccianti, a creare artificialmente la mezzadria e i contratti in partecipazione, a diminuire le opere e le gi-0mate di lavoro, a impiantare l'industria dei lat– ticinii, sostituendo il pascolo al campo e rinnovand-0, in misura ridotta, oolle vaccine, l'esempio classico del– l'Irlanda, dove le pecore avevano divorato gli uomini. Ma non sarebbe minore cecità porre in dubbio che, non a geneMre, ma a rincrudire, a generalizzare e acu– tizzare la crisi, e con essa la disoccupazione operaia e contadina, la guerra, le spese e le rovine che ,portò sooo, gli spedienti finanziari a cui doveste ricorrere ·per farvi fronte, il contrarsi del credito, 'il rincarire degli sconti, il rinascere dell'aggio, che significa cor– rispondente rincaro della vita per tutto ciò che è im– portazione, la distrazi,one di enormi capitali dagli in– vestimenti industriali ai titoli di Stato, ecc., ecc., tutti questi fenomeni, più o meno -0onnessi fra loro, ebbero gran parte, e continueranno per -un pezzo ad averla. Tutti sanno come la guerra italo-turca, chiudendoci i mer,cati de ll'Orien te, abbia condotto al fallimento, o costretfo, a chi.ud- ere le fabbriche, a ridurre i oapitali, •a cessare ogni distribuzione di dividendi agli azio– nisti, moltissime industrie fiorenti, -specialmente fra le tessili. La cons·eguente disoccupazi-one nelle città rimanda alla campagna folle operaie; cessa il bisogno di case, generato dall'urbanesimo; ed ecco la crisi edilizia, e con essa delle industrie compl~mentari (fa– legnami, ebanisti, metallurgici, ed altri). La disoccupazione genera cosi la disoccupazione; e, dove non àrresta i motori, per lo meno, colla crescente ·concorr-en2:a di mano d'opera, fa da krumira inco– sciente, ribassa -i salarii; in compens-0 (altro· dei tanti paradossi del capitalismo) tend-e a prolungare gli ora, rii del. lavoro· e cosi ad inasprire la sovraproduzionc relativa che la genera -e che la alimenta. E non -solo percuote gli operai e i bra,ccianti, ma, ripercuotendosi sopra i consumi, impov,erisce di rimbalzo il ,commer– cio minuto, spinge al fallimento i piccoli esercenti, e cosi di seguito. Aggiungebe ,che, per cause diverse, la cns1 non è stata ,e non è soltanto itali,ana; la minaccia di confla– grazioni e l'aumento delle spese militari è una follia cosmopolita; ed ecco che, dei nostri lavoratori, che soJ.evano _emigrare stagionalmente per lavori in Ger– mania e ·in !svizzera, un gN;tn numero trovò preclusa anche questa via; -e Io sanno le provincie del Veneto. Pensate finalmente alle continue minacci-e di maggiori limitazioni all'esod·o ·dei nostri lavoratori analfabeti nel Nord-America ... E vi spiegherete come il fenomeno sia impressi,onante, e minacci di div-entarlo ogni gior– no di più. Il memoriale delle organizzazioni. L'on. Giolitti e !'on. Sacchi hanno ricevuto, mesi addietro, una Commissione di rappresentanti la Fe– derazione nazionale dei lavoratori della terra e la Con– fèderazione generale del lavoro, che presentarono ed illustrarono loro un memoriale, relativo alla disoccupa– zione e ai suoi possi.bili rimedii, e ciò in esecuzione di un voto del Congresso dei lavoratori della terra tenutosi in Bologna nello scorso ottobre. L-0 stesso Congresso incaricava i depu'tati amici della organizza– zione ·di portare la questione ·alla Camero. Nel dar-ci tale incarico, che noi a,ccogliemmo di gran cuoré; quei lavoratori, mentre ubbidivan-0 al loro istinto di dif.esa, dimostravano insieme un mirabile ,acume politico. Quel memoriàle, infatti, è un docu– mento, degn-0 di essere studiato e meditato. Esso ba– sterebbe da solo a fornire una solida trama alle no– stre interpellanze.· Comincia dal notare come il feno– meno della disoccupazione, che tempo fa nÒn era so– lito as!lumere forme acute se non in tre provincie ita– liane, quelle di Ferrara, Bologna e Ravenna, le pro– vincie cioè dove più denso è il bracdantato e dove la popo.lazione sembra essere invincibilmente refrattaria alla emigrozione, in questi ultimi anni, non solo si era intensificato in quelle tre provincie, ma aveva di– lagato in altre plaghe che prima lo conoscevano ap- *

RkJQdWJsaXNoZXIy