Critica Sociale - XXIII - n. 11-12 - 1-16 giugno 1913

CRITICA·SOCIALE 175 trovate i miliardi con tanta facilità (è argomento che sembra volgare e da comizio, ma è anche irrecusa– bile); -diventiate spilorci soltanto quando si tratta della -civiltà degli italiani; delle scuole, delle case, delle strade, della malaria da vincere, e via discorrendo. Qui mi paré che si accentri e si riassuma il più grave p,roblema politico dell'ora presente. Avremo una crisi politico-doganale, fra breve, con la scadenza dei trattati di commercio; e èertamente, in quell'occasi-on-e, noi pr:opugneremo idee, nel 1-0To complesso, liberiste. Avremo ed abbiamo altri molti problemi complementari. Ma quello, che ho -o_ggitoc– cato, è come -il problema centrale; è necessario fare dell'Italia una nazione ,civile, in Italia. Su questa ne– cessità si delineerà il nostro programma, anche elet– torale. Se non si risolve questo problema, o signori del Governo, perchè avreste dato l'allargamento d-el suf– fragio? Unicamente per l'ironia di porre, per un quar– to d'oJ.'.a,lo scettro in mano aJl.o straccione, per poi corbellarlo e lasciarlo più straccione di prima? Si è sempre a tempo per pentirsi prima di morire; e voi potreste, volendo, presenta-re al paese una piattafor– ma,. che non sia la ripetizione deJJ.e.vecchie oontafere, d-elle,-canzoni del pa:s,sato. Invito il -Governo a fare atto di vita; con noi o con- 1.ro di noi, ma pe-r la nazione. (Vive approvazioni - Congratulazioni). L'INTERPELLANZABENTINI. La disoccupazione nel Bolognese. Al Turati seguì Genuzio Bentini. Il deputato pel Collegio di Castelmaggiore interpellava il Presi– dente del Consiglio u sui 1•imedii che intenda adot– tare contro la disoccupazione, che a{fiigge per– manentemente le popolazioni delle nost1·e cam– pagne,,. Ecco il suo discorso. B;ENTINI. L'amico Turai.i ha -cominciato lo svo.lgi– mento de.Jl,asua interpellanza col dire che voleva es5rr brev-e; ed è stai.o breve infatti, ma è stato complelt1. Noi abbiamo visto passare innanzi ai nostri occhi il fenomeno della disoccupazione, nella sua interezza; egli ha detto tutto ciò -che si poteva dire in quest'ar– gomento; ed a me non :resterebbe che associarmi alL1 sua conclusione: perchè sento, in v-erit.à, _di non po– ter porta,re un contributo nuovo allo studio del pro- ' blema. Però, non p'er opportunit.à el ettorale, m a per since·rità di sentimento, io non posso dimentica .re, in presenza di questa discussione, che -io sono purtrop– po il rappresentante di una di quelle plaghe che sono più te,rribilmente colpite da questo flagello - dicia– mo pure la paroJ.a senza esagerazione - da questo flagello della disoccupazione. Io intendo che quella povera gente, -la quale ha fede in noi, ha fede nella modesta nostra opera, .abbia ,almeno la soddisfazione di questa denunzia, la chiamerò cosi, che ri<:hiama l'attenzione. del Gov-erno e del paese sull'ora tristis– sima che ci incalza. Il maggior delitto della nostra civiltà. Onorevoli colleghi, perchè d,al gruppo parte la voce autorevole dell'on. Turati su questo argomento? Per– chè noi minori, infinit.amente minori, ci facciamo in– nanzi per confortare la sua con la nostra voce? Fol,'se -che il fenomeno della disoccupazione in Italia, in tutti i -paesi del mondo, è un- fenomeno nuovo, che si af– faccia per la prima volta in quest'ora? No; egli è per– chè, onorevoli colleghi, la disoccupazione in questi ultimi tempi, e sotto la nostra diretta ,esperienza, è venuta cambi:ando _tutti i ,caratteri che prima la di– stinguevano. Una volta era contenuta; mi spiego: .aveva le sue industrie nelJ.e quali scoppiava ed infieriva periodi– camente e più aspramente; ,aveva le sue stagioni, i suoi paesi, le sue zone; oggi - ed è questa la ragione che ci consiglia ,a parlare - essa ha, purtroppo, vio– lent.emente olt.repassati _tutti i suoi limiti; oggi la dis– occupazione acquista un ,carattere di estensione e per– manenza tali, da rappresentare, secondo noi, il pe– ri-colo sociale che minaccia maggiormente. Che cosa diceva lo Stato una volta, confortato da un dottrinarismo troppo facile e t.roppo semplicista, che -cosa diceva, quando da questi banchi lo si ri-chia– mava sul fenomeno <lella disoccupazione· e delle sue tristi conseguenze? Lo Stato diceva: con i mezzi legi– slattvi, io sono impotente contro la disoccupazione; ed eseniplifi.cava, e sino ad un certo punto il suo ra– gionamento era, fondato nei fatti e nella dottrina che ,li disciplina e li interpret.a. Esso diceva: in m-omenti in cui la -densità della popolazione- è tale da turbare il rappo-rtò, che deve'esservi, di continuo, tra J.e braccia ed il lavoro, tra le bocche ed i mezzi -di -sussisten:ro, quando la crisi scoppia in un'industria, se ne impa– droni,s,ce, l'annienta ,e la paralizz.a, ohe oos-a posso f.a,re io, Stato, -con i mezzi legislativi, oontro dei coeffì– ci-enti del fenomeno, che vivono, ,che operano nella vita -economica e finanziaria del paese? Oggi lo Stato non potrebbe più larvare, non dico il ·suo disinteressamento, ma il suo non ,profondo inte– resse con questo• dottrinarismo, ·pe,rchè la disoccupa– zione è I.a vera carestia per una grande parte dei -no– stri concittadini. Io non esito a qualificarla il maggior delitto della nostra civiltà, e lo Stato mancher-ebbe al suo dov-ere s·e si abbandonasse al disinteressamento <!d ,alla indifferenza. -La minestra di Stato!. .. L'on. Turati, ,co.Jl'ampi-ezza del suo sguardo pole– mico, ci ha delineata t.ut.t.a la visione de!J.a·disoccu– pazione: io parlo unicamente per mostrare a voi, ono– revoli coJJ.eghi, e ,a voi, signori del Governo, dei punti r:he purtroppo si avvivano di una maggiore intensit.à, e mi riferisco alle condizioni delle regioni che cono– sco maggiorment.e, p_!J>rchè, starei per dir-e; io vivo rleile pene e delle an.gosce che le -agitano. Nel Bolognese, onorevoli colleghi, noi assistiamo ad 1m fenomeno, che deve per forza apparire incredibile a coloro, che non lo hanno negli occhi e nell'animo, ,a coloro che non ne -portano qui, come me, la vivezza della impressione; perchè, quando si dice il Bolognese, si dice terra ricca e fertile, il giardino dell'Emilia; pe:rchè ivi modernità di colture, ivi impiego di mezzi i più produttivi, ivi un ambiente di civiltà e di mo– dernità. Ebbene, nel Bolognese c'è una p opolazione, nell'ora presente, che è ira le più indust.ri e laboriose d'Italia, che possiede quella forza di equilibrio, che è la dote principale della razza emiliana, una popolazione, che non ha mai sforzato l'ambiente, mai sforzato le con– dizioni del lavoro, degli orari, dei salart con impulsi ed eccessi, la quale si trova, in confronto alla ric– chezza, che sta per maturare nelle più ridenti delle

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