Critica Sociale - XXIII - n. 11-12 - 1-16 giugno 1913
CR.ITICASOCIALE 173 pag,a all'estero pe,r H carbone. (Interruzioni - Com– menti). · E allora, quando si s<1pesse valorizzare l'Italia, an– che l'Africa potrebbe diventare un peso sopportabile. A patto, ben inteso, che si sapesse contenere la spesa entro limiti ragionevoli. Come si è fatto, del resto, dopo la dura scuoLa delle dolorose .,esperienze, -per l't;ritrea; come si è fatto per la Somalia. Anche per l'Eritr-ea noi proclamammo a suo tempo:. « nè un uomo, nè un soldo! » E sa11emmo ancora di quella stessa opinione. Ma, ridotta la spesa a dodici milioni o poco più, non era il disastro. Il disastro è nelle ambizi-0ni megalomani, è nelle frenesie dell'im– perialismo, è nella follia di coloro che -sognano avan– zate, rivincite, trofei militari; è sopratutto nella poli– tica insincera, che tende a impegnare il bilancio e le forze della nazi-0ne e il sangue dei nostri giovani, senza un piano confessato, misurato, di~usso, presta– bilito. La recente legge sul reclutamento è un esempio del sistema. È questa La po•liti,ca -che bisogna vespingere, e che noi combattiamo. Ed è· su questo ·che richiamo a ri– llette•r•e il Governo e la Camera. Un esempio eloquente. Lo Stato e le iniziative ·capitalistiche. E, tornando alLa politica dei lavori pubblici, mi sia lecito esprimere un m10 compiacimento e additare al tempo stesso un esempio aegno d'encòm10': alludo alla 1egge votata l'altro giorno per i lavori del Tirso e d•e'l numi ~iJani. ~.b'bene, in quel progetto mi par– ve cn-e sia un modello c.a.ratterisuco ai quella polnica di lavo,ro intelligente, cne l'ltalia dovrebbe segmre per incivilire se stessa ,e vincel'e il malanno deHa di– soccupazione. Ma ciò ch'io dico parrà a molti sulle mie labbra un-eresia. Abbiamo m questa materia mo-Jti' pregm. diz1: !'on. Giolitti pel primo. 1-Ucordoche, in una recente· discussione sulla Libia, essendosi <letto da noi che, per le imprese industriali, lo Stato non d-0veva sostituirsi alle iniziàtive del capi tale privato, !'on. Giolitti fece le alte meravig-lie per– chè noi, socialisti, propugnassimo una colonia domi– nata dal capitalismo anzi,chè dallo Stato. Ebbene, !'on. Giol-itti, che ha pure così lucida intelligenza, rivelava con ciò di avere una idea ben singoLare di ciò che· è il socialismo. Il socialismo, nel presente mom,ento storico, favori– sce tutte quelle imprese che possono rialzare ·il valore del Paese, creare nuove industrie, affrettare l',ev,olu– zione economica. Appunto perciò non potrebbe pro– pugnal'e le imprese antieconomiche, e tali sono oggi anco.r.a in g-ran parte le imprese industriali compiute dallo Stato. Non è scritto nei !.ibri di Marx che il Palazw di Giustizia d-i Roma, che fu un'impresa di Stato, rap– presenti l'ideale del socialismo. li socialismo è un'al– tra cosa. Tempo verrà che lo Stato, non più borghese, e non più informato ai vecchi criteri politici, avrà una anima industriale, e il Governo sarà Governo delle cose, non Governo degli uomini. Ma non è serio con– fondere le epoche storiche e supporre ehe il domani sia già nato. Perciò noi riconosciamo perfettamente la funzione, ancor oggi, di un capitalismo audace ed i,lluminato. Ci sorprende anzi che certi progetti, come quello che ho • çitato del Tirso e della Sila, vengario alla Camera ti- midamente, quasi vergognosi di sè, come se temes– sevo il sospetto di coprire dei carrozzoni. Niente affatto; noi deside-riamo che le imprese capi– talisti-che le facci,ano i capitalisti, e guaaagnino dei quattrini, più quattrini che possono. Purchè, con op– portune clausole, lo Stato guarentisca i lavoratori e i privati dallo sfruttamento, ,e assicuri Jl vantaggio ge– nerale, e si prepari a suo témpo a subentrare esso ai concessionari. Ma, se voi paragonate la legge del Tirso e della Sila con quell'altro disegno di legge pei serbatoi ar– tifì-c-ialiche dovrebb'-essere la legg-e generale che di– sciplini La materia, v( ,confesso cne non capisco più nul,La. Quelle 500 mila lire annue, in paragone alla g.randezza del còmpito, somigliano a una vera canzo– natura. TE-DESCO, Ministro del Tesoro. Quello è un prin– cipio: lungo la via si accrescerà. (J nterruzione). SACCHI, Ministro dei Lavori Pubblici. Volete tutto oggi? Vedete che, quando si è presentata la proposta conétèta dell'industria privata, del capitale che doman– dava di essere impiegato, si è fatta la· legge speciale. Questo vuol dire che, quando occorre, ·provvediamo [fo/erruzioni); ,e anche in linea generale a suo tempo. TURATI. Vi s-0no forse venti progetti simili che, voi-endo, si potrebbero presto eseguire. SA!CCHI. Ma non son-0 maturi. Sono cose clie si dieono, ma non corrispondono a realtà. Nella discussione del disegno di legge sul ·bacino · del Tirso, io ho esposto ai deputati di una parte della Sardegna, i quali parlavano di un progetto per il Co– ghinas, -che non era maturo, ma che, non appena sarà completata l'istruttoria, si provvederà anche per quel– lo. ( Conversazioni - I nteT'ruzioni). TURATI. Finchè c'entrano i conso-rzi delle provin– cie e dei -proprietari, le cose non maturano mai. To– gliamoli di mezzo, per non avere più l'illusione di aver creato un congegno p-ratieo ed efficace, che poi non approda e non può far nulla. SACCHI. Hanno fatto molto! TURATI. Oggi -poi con la crisi del denaro! TEDESCO. Se lo sconto è stato ridotto in questi giorni al 5 e mezzo per cento! PRESIDENTE. Ma insomma· la smettano con questi dialoghi! (Bravo!). TURATI. Vuol dire che anche il tassu del 5 e me-zzo è proibitivo pei Consorzi. La riforma burocratica. Questione di indirizzo e di volontà. Dite piuttosto che non è soltanto questione di fondi. Mancano, o sono deficienti, gli organismi tecnici e am– ministrativi dello Stato. Quante volte non udii l'amico Sacchi dire, da quel banco, che il Genio civile ha bi– sogno di essere riformato ed ampliato? Ma finora fu– rono parole! Ed ecco la questione connettersi col tema di quella tale riforma burocratica, che è anch'.essa uno dei pro– blemi maggiori della politica contemporanea. '.È naturale che ci vogliano uomini adatti e pagati a dovere, e specializzati, e non tramutati di continuo per ragioni di carriera dall'uno all'altro Ufficio, di guisa che nessuna competenza può formarsi che sia veramente superiore. ·Ma l'esempio della legge pel Tirso e pei fiumi Si– lani· io lo eitavo anche per questo: ohe essa dimostra come sia possibile, eon genialità di vedute e ·ardi-
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