Critica Sociale - XXIII - n. 9-10 - 1 -16 maggio 1913

CRITICA SOCIALE 157 la produzione avrà luogo, c1oe m che modo i produt– tori vivranno durante- l'esercizio della loro professione. E' in questo ramo del governo dell'industria, e in questo solo, che i produttori, organizzati come produttori, haI!no titolo ad esercitare un'influenza considerevole e, anzi, predominante, se agiscono collettivamente e d'ac– cordo. Ciò che importa è di scoprire il modo in cui questa influenza possa esercitarsi, mantenendo, nello stesso tempo, il diritto di scelta dei consumatori e la decisione della comunità presa nel suo complesso circa .i mezzi di produzione d_aimpiegarsi. Negli ultimi capitoletti del loro studio, i Webb, rite– nendo che il sindacalismo non sia attuabile, delineano la forma di organizzazione che a loro semhra la sola che possa metter fine, in pratica, alla servitù degra– dante alla quale è soggetto l'operaio nel regime capi– talistico attuale. • I vVebb pensano che, data l'estrema complessità di una società vasta e densamente popolata, una simile organizzazione·-<lemocratica è difficile d a costruire. Bi– sogna accettare il fatto éhe- la natll.ra umana presenta 9ue aspetti: la facoltà di prodùr1'è e·•quella di consu– mare. Per emancipare i lavoratori dalla loro dipendenza 'dagli attuali possesHori dei mezzi di produzione, bisogna, grado grado, ritrarre questi strumenti dal dominio della proprietà privata e investirne la ·comunità. organizzata nella forma di 'iin vasto· Stato cooperativo.· Ma, perchè quPsto Stato cooperativo, còmunque costituito, non di– ve11ti la "più terribile tirannia,, sull'individuo, o.;corre evitare, il più possi:bile, l'accentramento,. sia dei poteri, sia delle competenze, Ria delle funzioni, dandone quanto più si possa alle organizzazioni locali, alle quali pos– siamo sottrarci, se vogliamo, e che, del resto,· non sa– ranno tutte simili ! Inoltre, siccome gli interessi nostri di consumatori hanno per noi altrettanta, se non maggiore, importanza di quelli propri alle ore di lavoro dei nostri anni pro– duttivi, bisogna che ci assicuriamo la nostra libertà per questa parte della nostra vita, come per l'altra, e non slamo completamente soggetti alla volontà della Jl!aggioranza degli elettori nei diversi rami della mac– chi'na amministrativa, siano- essi raggruppati per indu- · stria, in organizzazioni di produttori, o, per località, in Municipi. Qui troviamo il campo d'azione aperto spe– cialmente alla Società· cooperativa democraticamente costituita, cioè alla libera a~sociazione dei consumatori, che si organizzano per procurarsi direttamente articoli speciali, che i poteri pubblici o le corporazioni di pro– duttori si rifiutano di fornire loro, o di fornirli nella forma richiesta. · Però, i Webb pensano che non dovrà esser concesso, sin all'Amministrazione dei servizi pubblici, nazionare o municipale, sia alla libera Cooperativa, di esercitare su'lla vita professionale degli operai il potere discre– zionale che appartiene oggi al capitalis-ta privato. Qua– lunque sia l'organismo sociale che disporrà degli stru– menti di produzione, sia esso lo Stato, il Comune, la Cooperativa, esso si vedrà costretto a trattare i lavora– tori sul piede di stretta uguaglianza, come degli asso– ciati all'impresa; e dovrà, conseguentemente, nella de– termi.riaiione di tutte le• condizioni del lav9ro, consul– tarsi e ..accordarsi col Sindacato pro.fessionale, che abbraccerà tutti gli' operai dell'industria in questione e avrà una minuzìosà divisione di poteri tra. i Comitati federali o nazionali e i Comitati distrettuali o anche di stabilimento, tutti legalmente chiamati a intervenire nella fissazione delle còndizioni nelle quali il produttore dovrà passare le ~ue ore di lavoro, le quali, è da spe– rare, earanno una frazione sempre più ristrettà della sua vita'. · In questo modo noi arriveremo, il più vicino che è possibile nelle grandi' industrie fondamentali, all'abo– lizione del salariato, nella misura compatibile collo st11to attu ale del ·mondo; Nei servizi: e nelle industrie esercita.te' sù grande scala, non è possibile abolire il sal ariato, se non nel senso· di ,sostituire all'attuale si– steml;l, in cui il salario è determinato dalla concorrenza dei lavoratori tra loro, un ·regime in cui la rimunera– zione dl)l lavoro sarà fissata dai pubblici poteri e fon– data sul principio che è indispensabile assicurare al produttore un tenor di vita, necessario al suo pieno sviluppo. Tale aboli'zione del salariato è perfettamente effettuabile, come 'lo provano gli esperimenti dette Regie pubbliche e dei "Comitati di salario,,. Ma, anche- cosi, il lavoratore non otterrà il prodotto integrale del suo lavoro; sarà pagato, anzi,. senza riguardo al suo pro– dotto,· e dovrà sempre lavorare sotto gli ordini di altri. Questa sembra ai Webb una necessità permanente per ogni industria nazionale su larga.scala. · Malgrado ciò, resterà, ·però, 8empre un dominio ri– servato al produttore, individuale - contadino, arti– giano, artista, profeta, agitatore profes~ionale - foori della sfera dei· poteri pubblici collettivisti e dei Sin– dacati operai. Quei produttori isolati potranno, nella società futura, ancor più che in regime capitalista, dar vita a laboratori cooperativi, forse anche la Sezione locale del Siudacato ne fonderà direttamente; e lo Stato socialista che si prepara faciliterà, colla e~tensione ra– pida dei servizi pubblici, quelle esperienze, nelle quali maturano forme nuove di vita, e che sola la produzione ~ndiyiduale e cooperativa permette. "Perchè - concludono i Webb - la differenza es– senziale, tra lo Stato capitalista attuale e lo Stato di domani, non sta tanto nel lavoro fatto da queRta o quella categoria di lavoratori, siano essi· direttori di stabilim·ento, dottori, minatori, meccanici; perchè tanto gli noi che gli altri saranno sempre fra noi; nè nelle condizioni del loro impiego, che possono essere gran– demente umanizzate. anche in regime capitalista; ben si nella dis,ponibilità di quella larga parte del prodotto t·otale, che è economicamente della Jrntura della rendita, o (per usare la classica fraHe di Marx) che è plusva– lore. ~ "Per ragioni, che non dobbiamo qui esporre, è as– solutamente impossibile, al momento che ai cerca di istituire la maggiore eguaglianza dei redditi, distri– buire· quella parte del prodotto sotto forma di addi– zione ai salari settimanali. Attualmente, essa servP, per la massima parte, a mantenere i ricchi oziosi, e a per, mettere ai capi dell'industria e ai loro impiegati supe– riori un tenor di vita assolutamente sproporzionato. In uno Stato ideale, dopo aver provveduto alle vedove e agli orfani, agli ammalati e ai vecchi, quella parte del reddito sarà destinata, crediamo, a migliaia di oggetti di pubblica utilità. Noi speriamo che, nell'intere~se dell11,razza, una larga parte sarà impiegata ad assicu– rare alle madri, durante la. gravidanza, condizioni rii vita convenienti e a foruire alle nuove generazioni una cultura fisica e ·una educazione generale e tecnica, atte a dare ad ogni fanciullo la possibilità del massimo sviluppo intellettuale e artistico. "Ma, il. parte questi bisogni elementari, noi pos~iamo prevedere che una parte considerevole e sempre cre– scente delle spese pubbliche sarà destinata a tutte quelle opport1mità per una vita più larga e più piena, c~e possono essere meglio utilizzate in comùne, e di · cui i nostri parchi e le nostre biblioteche non sono che eRempi rudimentali. E', sopratutto, nello sviluppo degli anni improduttivi e delle ore non produttive negli stessi anni lavorativi, che il lavoratore salariato e anche il piccolo borghese sono oggi, senza ragione, condan– nati ad una coridizione servile, dalla quale la società nuova dovrà emanciparli. Non è tanto nelle ore di la– voro, che soffrono presentemente l'operaio o l'operaia, ,o il piccolo impiegato o il bottegaio; ma è princiral– mente nelle limitazioni che la loro attuale condizione disagiata pone all'impiego delle loro ore di libertà. "Qualunque sia il sistema sociale esistente, noi dob– biamo tutti lavorare; perchè, senza lavoro, non c'è vita possibile. Lavorando, noi siamo, nece~sariamente, co– .stretti a servire; non c'è alcun mezzo per sfuggire a questa legge; e del resto, uoi possiamo, volendol", tro– vare, in questo servizio della collettività, la nostra • perfetta libertà. Però, all'infuori e al disopra del tri– buto di lavoro che noi dobbiamo pagare al mondo - tributo che può essere aUeviato da una più equa di– stribuzione dei carichi e addolcito dal sentimento che non è più gravato dalla imposta prelevata dagli oziosi e dai parassiti - gli uomini. avranno nello Stato so– cialista futuro, al quale noi aspiriamo, tutta la loro vita da vivere; e, per la prima volta nella storia, essi la vivranno, per quanto sta in loro, nella più completa libertà che sia possibile in una società civile ". L'interessantissimo studio dei "\Vebb contiene, uelln sua edizione inglese, una scelta bibliografia sul sinda– calismo. Trascurando i no1is~imi lavori francesi e ita– liani ricorderemo quelli inglesi. La fonte pi.ù importante per lo studio del sindaca-

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