Critica Sociale - XXIII - n. 9-10 - 1 -16 maggio 1913
156 CRITICA SOCIALE ticolare forma di "azione diretta " propugnata dai sin– daca listi. C'è un tradunionismo cattivo, come ce n'è uno buono. La tattica sindacalista, che propugna l'asten• sione da ogni azione parlamentare e politica, e ripudia il metodo del contratto collettivo e dell'intervento le– gislativo, per raccomandare soltanto il " sabotaggio ,, e lo sciopero generale, non può produrre i risultati che se 11eattendono. Piuttosto, oltrechè indurre i lavoratori al disprezzo sistematico dei loro doveri di cittadini, oltrechè produrre una profonda degradazione del carat– tere degli operai che si lasciassero trascinare al " sabo– taggio ,, , oltrechè minacciare collo sciopero generale miserie e sofferenze agli stessi operai, questi metodi propugoati dai sindacalisti porterebbero a misure re– pressive, che finirebbero per strozzare le libertà sin• dacali. Ma i sindacalisti ritengono che i fini giustificano i mezzi. Occorre, dunque, criticarne i fini. Anzitutto, os– servano i Webb, la società sindacalista sarebbe impo– tente a coudurre a termine il còmpito essenziale che da essa attendono i suoi partigiani; essa non potrebbe " abolire il salariato ,, , sia nel senso dei teorici: sinda– calisti, sia in quello dell'operaio ordinario. Partendo dall'esempio del mioatore e del ferroviere, i Webb ri– levar,.o come tanto l'uno quanto l'altro, individualmente presi, si troveranno, nel loro lavoro; soggetti ad ordini ricevuti dall'alto, esattamente come oggi. Se non si vo– gliouo creare dei· monopoli a favore di date categorie a danno delle altre, " il ferroviere o il minatore isolato, in regime sindacalista, sarà altrettanto lontano quanto ora dall'ottenere l'intero prodotto del ~uo lavoro, o dal regolare da sè i dettagli della sna vita di hvoro. Dovrà obbedire ad ordini, e vivere di assegni settimanali uni– formi, come .ora. E questi ordini e assegni settimanali non saranno determinati in ultima istanza dagli uomini della sua stessa industria, o· dal Consiglio nazionale del suo Sindacato. Saranno determinati da un'Assem– blea· generale, che probabilmente siederà a Westmin– ster; costituita di rappresentanti di .ogni specie di in– dustria; e, nece~sariamente, avente i suoi Comitati e Sottocomitati, i suoi capi di dipartimento e altri fun– zionari, e tutto il macchinismo complicato richiesto per il governo di nna grande comunità ,,. Nè è da dimenticare che il lavoro, fatto. da questo Cou,iglio generale i,indacalista o da questa Assemblea, eletta dai mestieri, che sostituirà l'attuale Camera dei Comuni, sarà cento volte più complicato, vario e deli– cato di quello che ora incombe al tanto diffamato "Parlamento degli incompetenti,, di Westminster. Al– l'attuale politica dei vari dicasteri sarà aggiunta quella relativa al lavoro e alla produzione: tirocinio, salari, prezzi, perfezionamenti tecnici, quantità della produ– zione dei singoli Sindacati nazionali, ecc. "L'ideale del sindacalista fervente, quando esso cerca di fissarlo sulla carta, lo porta inevitabilmente, non già al!' "al,:>olizione del sistema del salariato ,, , nè ali' emancipazione inte– grale del 19:voratore sbarazzato da ogni tutela .estrin– seca; -bensì ad uno Stato nazionale sapientemente orga– nizzato, nel quale il lavoratore sarà soggétto, non solo al Comitato centrale del. suo S,ndacato, ma auche ad un Parlamento nazionale onnipotente, composto, per la maggior parte, di uomini aventi occupazioni diverse. Questo Parlamento fisserebbe, nei suoi Comitati e Sot· tocomitati di vario genere, .che sarebbero infallibilmente sottratti alla pubblicità, 'l'amm ou.tare de l suo salario settimanale, la -durata della sua gi orun.ta di lavoro, e tutte le condizio~i del suo lavoro quo tidiauo. Per far cio, questo Parlamento avrebbe al suo servizio un per– sonale considerevole di 8tatistici e di funzionari, distri– buiti in tutto il pae~e, che riceverebbero un'educazione diversa da quella del lavoratore manuale, e che pre– senterebbe inevitabilmente il carattere e le quaJità comun~mente dette " borghesi ,, e " burocratiche ,,. E' un curioso paradosso il fatto che, mentre, secondo-noi, la proposta organizzazione si:ndacalista partecipa inevi– t~bilmente ?ei. d_ifetti di " autoritarismo ,, e " burocra– tismo ,, attnbu1ti a:llo Stato presente, o di quelli che possono caratterizzare un dato futuro Stato collettivista sembra a noi che essa abbia inconvenienti e difficolt~ suoi propri, dai quali è, o può essere esente·una .società basata sulle circoscrizioni territoriali ,,. . . Inoltre, il sindacalismo, trasformando il Sindacato in un organo direttore dell'industria, lo squalitica neCleS• sariamente come Sindacato. Si renderebbero, perciò, necessari dei nuovi Sindacati, che rappresenterebbero Sezioni particolari di lavoratori e che si servirebbero dei metodi del ~ontratto collettivo (e anche, occasio– nalmente, della vecchia .arma dello sciopero!), contro il Cc,mitato centrale del Sindacato nazionale, diventato il successore degli attuali capi dell'industria. I Webb, dopo aver rilevato che, anche coll'elimina– zione dei non produttori, gli elettori del Consiglio o del!' Assemblea _generale sindacalista non saranno più competenti degli attuali per tutte le que3tioni che non ri– guardino strettamente il loro mestiere, rimproverano al sindacalismo il suo esclusivismo, che pare voglia o eli– minare e tagliar fuori quegli elementi eccezionalmente preziosi della vita collettiva, che sono i lavoratori in– di-viduali - tutta la classe degli iuventori, degli artisti, dei pensatori, degli scrittori, degli eccentrici d'ogni ris_ma -:-, o irreggimentarli i11 grandi :Unioni nazionali. E una obbiezione anche più fondamentale conti·,, il sindacalismo sembra ai Webb questa: che, costituendo la società futura cou ,delle associazioni di produttori i .cui interessi materiali saranuo sempre iri conflitto, essi dànno per principio alla vita sociale la rivalità, l'anta-' gonismo e persino l'invidia e l'odio ·degli uni contro gli altri, anzichè fare appello alla solidarietà rlegli inter~ssi, allo spirito di reciproco aiuto e di devo– zione al .bene com,nne. Col sindacalismo assist·amo ad una strana resurrezione del vecchio materialismo degli economisti ortodossi;· ad U:nacurÌo.sà riabilitazione della vecchia concezione che la produzione della ric– chezza è la sola cosa d egna di considerazione. Eppure, p·er quanto . importan.te possa essere la produzione ma• ~eriale, essa non è il solo interesse, A nemmeno il più profondo e il più vitale della collettività .. E' uno stato sociale, che fosse fondato esclusivamente sulla produ– zione deHe ricchezze, che esclud esse, deliberatamente, tutti· gli aspetti della vita, salvo u.no solo, che non è nè il .più permanente, .nè il più universale, nè il più importante per la collettività,. un simile stato sociale sarebbe altrettanto gretto e difetto-o, quanto può e·~– serlo un regime esclusiva.mente fondato sul possesso delle ricchezze ,,.- . Però - continuano i ì,Vebb - queste obbiezìoni non devono impedirci di riconoscere che i sin.dacalis•i si sforzano di esprimere un Mentimen.to mqlto reale e pro– fondamente sentito da milioni di lavoratori mauuali salaria,ti, eh~ non può e non deve essere ignorato. L'operaio si rifiuta di essere più a lungo nn puro stru– mento di produzione; nulla_ più di un paio di" braccia,,, o di uno· strumento nell'impreda capitalistica. Eg:i ri- . vendica il diritto di ogni uomo: di essere flue a sè e non soltanto un mezzo a un fine altrui. E, con questa idea in testa, egli rifiuta, e con ragione, cii açconten– tarsi di essete perennemente nulla pii! di 'un salariato, che serve sotto gli altrui ordini, seuza. contrpllo alcu,no sulla .s ua stessa vita ,di lavoro. I sin dacalisti:li.anno il merito di farsi interpreti ·,u questo sent imento generale.· della cl.asse operaia. Me, p_ensano i W~bb, quando pretendono di impadronirsi del governo dell'industria,' senza parlare di quello dello . Stato in ge-n,erale, per rimetterlo nelle mani dei lavo-· rll,tori direttamente impiegati nella produzione, nella loro qualità di produttori, essi si fanno un'idea· troppo semplice di ciò che implica la direzione dell' indu~tria. Anche limitandoci a: considerare la condotta di una impresa determinata, bisogna, arizitntto, decidere quale specie di articoli saranno prodotti e in quale quantità; decisiirne che spetta, non già ai produttori come pro– duttori, ma alla intera comunità dei consumatori. · In se.condo luogo, bisogna decidere in qual moda si farà la produzione, quali sono le materie prime ·da im– piegare, i processi tecnici da adottare, il luogo e il mo– mento da scegliersi. Questioni che devono essere risolte, nell'interesee della comunità tutta quanta, da qualche ·autorità superiore alle corporazioni par1icolari dei pro– duttori, sempre prevenute in favore delle materie prime, dei processi di lavoro, dei luoghi o dei momenti ai quali sono abituate. " Se la cosa fosse dipe!ila dai iiro– duttori, uoi saremmo ancora a naviga,re MUi battelli a vela, a viaggiare in diligenza e a portare Rtotfe tessute a mano. Nessun gruppo di produttori .può veder di buon occhio l'abolizione del mestiere nel quàle eSRI ec– cellono e che è loro caro ,,. In terzo luogo, vi è ancora da risolvere la que~tione del tutto diversa, di ,sapere, cioè, in quali condizioni
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