Critica Sociale - XXIII - n. 9-10 - 1 -16 maggio 1913

CRITICA SOCIALE 151 da. Io accolsi il mandato con entusiasmo, non mi sono risparmiato; calunnie e contumelie non mi hanno fatto trascurare il m:io dover-e; e quindi oggi adempio ad un còmp·ito ingrato perchè (e qui si rivolgeva al di– rettore generate) conosco il vostro gran cuore, ,ed ho per Voi riverenza filiale; ma conosco l!-nche il mio do– vere <linanzi a Voi ed ai miei compagni ,che in me hanno fede. Dovevo a tutti una parola sincera di ve– rità, perchè cui spetta possa ordinare: basta! e ven– gano i f,atti a dimostrare che l'istituto della Rappre– sentanza non è un pfoona&mo ». Queste erano le parole di questo de.Jinquente ... SACCHI. Allora! . TURATI. Così parlava allora e così parla oggi; anzi . oggi con un p-o' meno di vivacità ... · PRESIDENTE. Procuri di concludere, on. Turati. TURATI. On. Presidente, sono disposto a conclu– dere anche subito, purchè non si contesti la esattezza delle mi•e asserzioni; di cui, ripeto, ho qui i doou– menti. La seconda convocazione. - Nuova delusione. La gran massa ferroviaria si, ritira sull'Aventino. Viene la seconda conv-ocazione, 4 febbraio 1913; in ventidue mesi la •seconda! Di nuovo tutte J.e -speranze sono tradite; di nuovo nessuno degli argomenti che .interessano <ilpersonale, e sui quali si era promesso di cortsultare i rappre– sentanti, vien messo· all'ordine del giorno; peggio•, il progetto •sugli orfani e sulle buçme u&ciite,su cui do– vevano dare il loro parere, era già stato presentato alla Camera, per cui ,la convocazione aveva proprio l'aria d'una burla che si faoes.&eai fervovieri; non si chiamavano a dare il loro parere s,ul progetto di leg– ge, ma sul Regolamento che avrebbe dovuto &eguirlo, e quando il prog,etto di legge è -stato bensì presentato alla Camera; ma non è. stato discusso, e non si sa an– cora Cihe forma assumerà. Si dice già infatti che di– v-ersemodificazioni siano state concordate: quindi non sappiamo come sarà la legge. E la Rappresentanza, ·che. doveva essere consultata prima di pres~ntarlo, e non lo fu, veniva ora consultata su un Regolamento ad un prog-etto, del· quale -si ignorava la for,ma de– finitiva. Tutto questo è una farsa: noi siamo fuori dei- con– fini, non di,co della serietà, ma anche fuori dei' con– fini della ,commedia: si,àmo proprio nella pochade pura e -semplice. E -ciò rivela il deliberato propos'ito - perdonatemi la frase volgare - di pig,liare in giro rappresentati e rappresentanti. Questi, salvo i rappresentanti di po– •chissime categorie superiori, tredici in tutto, manda– tarii di forse tre ò quattro mila àlti funzionari - e quindi la loro astensione è troppo facile a capirsi - sentono di doversi assolutamente ribeHare, di non po– tere più a lungo assumere complicità con questi si– stemi. E si astengono dall'intervenire, mandando rina rispettosa, ma energica protesta. Protesta che io ho qui, che i giornali hanno pubblicata, e ohe ella co– nosce, on. ministro. Ha la firma di ventotto o trenta rappresentaqti, vale a dire la firma di 130.000 ferro– vieri. E dice le identiche cose, con forma forse più vivace, per cui oggi Pecoraro e Vanni, due di questi rappresentanti, vengono incriminati... L'on. Presidente mi avvertiva di non tirare troppo in lungo, ma, perchè non mi si sospetti di as&erzioni gratuite, io dovrei pure fare alla Camera il confronto fra la protesta- dei rappresentanti di 32 categorie, os- sia di quasi tutta la massa ferroviaria, pr-0testa che nessuno pensò costituisse offesa alla disciplina, e la lettera successiva che forma. tema della mia interpel– lanza ..: PRESIDENTE. È farticolo 82 del regolamento, ono– revole Turati, che mi impone l'obbligo di richiamare gli oratori a non dilungarsi oltre la questione. TURATI. E si riferiscono proprio alla questione i due documenti di cui parlo. Entro anzi, proprio ora, nel vivo ,cuore della quèstione. La protesta presentata dalla grande maggior.anza, e cioè da trentadue dei rappresentanti, alla Direz•ione g,e-nerale, -eche fu resa pubblica, di-ce, ripeto, le stesse cose, in forma più vivace, che furono scritte· partì,co– larmente, in seguito, dai due rappresentanti Vanni e Pecoraro. Debbo ripeterle ,ancora? Sempre le stesse rimostran– ze, fatte, s•i,capisce, più vivaci dalla constatata inanità delle proteste precedenti. In sostanza è la difesa della legge, che la protesta esprime: il rammarico per co– testa continua, voluta, inescusabile bancarotta a cui si condanna la Rappresentanza. I firmatarii rammen– tano ad una. ad una le promesse e gli impegni man– cati, e rias-sumono i motiv-i per cui si astengono, per la propria dignità, con l'animo pieno di amarezza, per l,a inutilità dell'opera loro, ma con la coscienza di av-er compiuto interamente il loro dovere. Nonostante la contumacia di 130 mila ferrov-ieri e con la presenza soltanto di qualche categoria privile– giata, il convegno si tiene ugualmente; gli interessi di 150 mila ferrovieri sono discussi ~oi rappresentant•i di tre o quattro mila. Così ridotto il « Parlamentino », scioglierlo sarebbe stato molto più serio. S·cioglierlo e non più riconvocarlo. Almen-0 non si agg,iungevano al danno le beff,e, alla delusione il sarcasmo. · Il terzo disinganno. - Nuove -rimostranze. Il deferimento di Vanni e Pecoraro al Consiglio di disciplina! Invee-e nuova convocazione al ·30 marzo: sempre su .argomenti del minore interesse; ed allo-ra Vanni e. P.ecoraro-, per conto di tutti, mandano la nota lettera al .direttore generale, nella quale, a spiegare la nuova astensione propria e dei compagni, in forma rispet– tosa ma vivace - non p-iù vivace che negli altri do– cumenti cui ho accennato prima, ma certamente non nello stile di un umilissimo fraticello, ma di gente che si sente -lesa, e che protesta - •si ripetono per la en– nesima volta le rimostranze delle proteste precedenti, dei discors·i, de'1le interviste pubblicate nei g-iornali. Si aggiung-e bensì una nuova rimostranza, per le cose non vere fatte dire ~I ministro nella discussione del bilancio, a proposito delle mancate od inconclu– denti convocazioni. (E eh-e fossero non -vere, sta il calendario a pro-vario). Ma non s-i imputa, anzi si esclude ogni mala fede. E ciò, da parte loro, dimo– stra ... una buona fede fenomenale! Noi preferiamo, essi di-cono, di credere tutti in buona fede; ma noi siamo' messi in una condizione impossibile: siamo chiamati a decidere su cose di pochissima importanza, e non possiamo esplicare il nostro mandato di pacificazione, pel quale si,amo en– trati qui dentro. Non possiamo neppure riferire ai nostri mandanti quali siano le ragioni dei deplorati ritardi, perchè la Direzione generale non si degna di spiegarcE)le. E, dopo i soliti richiami alla questione degli orari, delle pensioni e così v-ia, citano le parole

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