Critica Sociale - Anno XXIII - n. 8 - 16 aprile 1913

CRITICA SOCIA.LE 116 più immaturi a uno schiello socialismo, quindi so– pratutto fra la scarnita e famelica borghesia ciel Mezzogiorno, _ritardando e spezzando l'unità nazio– nale. del movimento, rincrudendo l'antagonismo fra Nord e Sud ... in nome del socialismo internazionale! Tutto questo era chiaro per cQiunque non difet– tasse del più elementare senso politico e ponesse l'interesse obiettivo della propria causa di partito· al disopra dei rancori, dei puntigli, delle rivalità cli fra– zione e di fazione. Ma cotesto senso 'politico non era ancora sviluppato, ne·ppure nella modesta misura u ciò necessaria, nel Partito socialista italiano - certo perchè questo, nella sua grande maggioranza, non ha e non fa una politica; i bisogni, le aspirazioni, le affermazioni, le etichette, le tendenze non sono ancora una ·politica, sebbene ne offrano la materia gre'zza. Nel discorso di Reggio, noi non ci stancam– mo di ripetere e di illustrare questo assai semplice pensiero: in un partito, in cui l'azione primeggiasse sulla elern<1-disputa, preliminare ed aprioristica, cir– ca il mocio col quale atteggiare l'azione, di espul– siori probabilrq.ente non si .parlerebbe mai, o sareb– bero incidenti. insignificanti .di polizia intedia,.e '1ò– ca1e del Partito; perchè i dissidii, sempre possibili, provvidi talvolta, verrebbero vi? via eliminati e pron– tamente risolti nell'azione e dall'azione medesima; l'errore o l'aberrazione accidentale cli un uomo, di alcuni uomini, fossero pure i più cospicui, verreb– bero, senza indugio, constatati, infrenati, riparati, sconfessati o corretti dalle rispettive Sezioni; tutt'al più se ne occuperebbe in una sua qualsiasi adunanza la Direzione del Partito; ben difficilmente assume– rebbero tale importanza e avrebbero tale strascico, da polarizzare· intorno è contro di sè tutto e .per lungo · tempo il Partito; da formare il tema principale, 11 subietto unico, il motivo dominante e assorbente, di un Congresso nazionale, di più Congressi successivi. Là dove veramente si .opera, e si opera socialistica– mente, e chi opera non sono gli individui, ma è la massa, e gli individui con la massa, la quale natural– mente prevale e s'impone al capriccio dei singoli, le espulsioni a mala pena si concepiscono, perchè il proletariato non può espellere se stes 9o, perchè non si espelle il proletariato dal socialismo. Soltanto dove e fin quando il proletariato è estraneo alla vita del Partito, e il Partito, nella sua massa, è estraneo alla propria azione, quindi a se medesimo; ivi ed allora è possibile che i Congressi acqujstino apparenza di un tribunale, anzi di un teatro o di un Circo, in cui la platea e il palcoscenico, l'arena e i gradini circo– stanti, nulla hanno cli comune, e una folla tumultua– ria di spettatori .giudica un manipolo cli allori o cli giostratori; ma il pollice verso cli quella folla quale autorità riveste, quali.,.garanzie offre allora di cli. 7 ., scernimento? Il Partito, che accusa i suoi ra_pp 1 re– $entanti, quelli ch'esso ha scelti, che ha levati· in alto, dietro i quali s'è messo, e che ha seguìti bene o male, e non ha saputi infrenare, accusa in primo luogo, implicitamente, se stesso ... Ma erano parole al deserto. Tant'è che, allorquan– do, sul conchiuclere, noi facemmo appello, eia un lato, alla moderazione di quella maggioranza varie– gata e molteplice, che, infatuata del proprio « atto cti forza» - essa lo stimava tale - si apprestava 'al linciaggio; e invocammo, dall:altro lato, dai desi– gnati all'ostracismo, un impeto ancor possibile di fraterna umiltà, un atto di ossequio a quella <lisci- ' plina, che non è meccanica e passiva sudditanza e rinnegazione, ma abnegazione consapevole, meditata ed eroica - e sarebbe stata la loro e la nostra sal- ' vazione -; tutti sentivano, sentivamo noi primi, che l'appello e l'invocazione cadevano nel vuoto; che il richiamo alla più grande grandezza di Giovanni Jau– rès, rimpicciolentesi a disegno per l'unificazione del socialismo francese,· aHa più grande grandezza di Garibaldi, immolantesi, collo storico «.obbedisco», alla concordia e all'unità della patria, erano dell'epo– pea smarrita nell'operetta. Mancavano al nobile ge– sto - da una parte come dall'altra - le stature mo– rali degli uomini. L'elezione di Budrio porge la evidente riprorn, la conferma tangibile, del fondamento della tesi, in– vano da noi propugnata, che non piacque agli uo– mini, che non piacque agli Dei. Giammai forse fu spettacolo più triste, più scorante, più esasperante, nella storia breve del socialismo italiano. Per l'am– biente, per le tradizioni, per le persone che scen– devano in lizza, per le cagioni, per i modi ,per le conseguenze. Budrio, Molinella, Medicina, Castelguelfo, Caste– naso, Minerbio - ·1e Bezzecche, le i\1entanc del mo– vimento proletario italiano; la provincia rossa, la distesa pingue e tormentata, dove, da forse un ven– tennio, si combattono le più ardue e memorabili bat– taglie economiche della nostra plebe rurale contro il mo.qopolio incjvile ciel latifondo; dove, quando squrna la diana, è tutta una gente che si· leva, e la bandiera socialista - fino a ieri una sola bandiera ~tuttala raccoglie; dove non l'età, non il sesso, non l'opinione separano i gruppi, divergono gli animi, ma son mille e trenta volle mille, ma son tutti{ tutti fino all'ultimo, gli uomini e le donne, i vecchi, i fan– ciulli, quei del campo e quei della bottega, un pen– siero, un cuore, una fede, un entusiasmo, un m·otto d'ordine, e la diserzione si ignora. 1 egli anni del terrore e dello schiavismo, quando padronato e Go– verno erano un despota solo, e il glorioso esercito italiano, ai servizii del capitalismo più pavidamente feroce, minacciava nelle nostre campagne le prove e le prodezze dei futuri Sciara-Sciat tripolini, erano le donne di quei borghi, 1e superbe risaiole, le falcia– trici magnifiche di quelle· terre, erano tutte le donne di Molinella, le madri coi bimbi in collo, le fanciulle . radiose, succinte, in capelli, o coi vividi grandi faz– zoletti svolazzanti sulle belle teste dorate, che si spar– gevano pei campi, vigilavano gli accessi, gremivano gli sbocchi delle strade, affrontavano ridenti i drap– pelli, afferravano le briglie dei cavalli lanciati alla corsa, ~i ammucchiavano distese sui ponti a preclu– derne il varco. Chi ha veduto quegli innumeri. eser– citi di garibaldini della gleba, addensati sui prati e nelle piazze, immobili nel solleone, acclamanti al– l'oratore socialista che Janciava, come semente dal ventilabro, la parola vivificante della solidarietà bat– tagliera, in nome della giustizia, della libertà, del– l'eguaglianza, del diritto, del -socialismo - e ha ve– chµo, e ha misurato la capacità di sacrificio, la gara generosa di olocausto, la tenacia invincibile di quei forzati della marra, inflammati di ideale; quegli ha veduto, ha misurato, ha sentito, al grado più alto, nella espressione più fervida, la mirabile virtù della stirpe generata dai solchi italiani. Ha veduto, come in -una anticipazione della storia, la inanità della compressione violenta, lo scorno della blandizie e dell'insidia. chiesastica; ha presentito, ha sentito l'av– venire sicuro, la redenzione immancabile della gente del lavoro. Or è qui, in ambiente siffatto, che doveva la prima volta ripercuotersi il dissidio di Reggio; qui la « be– ga » politica tradursi in dissidio economico, in dram– ma, in disastro. Le indulgeme tripoline e le velleità colonialiste di Guido Podrecca, deputato socialista del Collegio, avevano, assai prima del Congresso di Reggio, provocata la sconfessione aperta e recisa dei Circoli e delle Leghe. Ma lo spirito dei lavoratori non sa inquisizione nè intolleranza, e, nel Congresso collegiale delle Leghe e dei Circoli, il 29 otto– bre 1911, affermandosi all'unanimità il dissenso in-

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