Critica Sociale - Anno XXIII - n.5-6 - 1-16 marzo 1913
70 CRITICA SOCIALE LA NOSTRAPOLITICA (Discorso di CLAUDIO TREVES, 14marzo, allaCamera deiDeputati) P1·esidente.- '- Proseguendo nella discussione del bi– lancio dell'interno, ha facoltà di parlare· l' on. Treves. Dal Pal'lamento al Paese. 1'1·eves. - La Camera è stata a lungo indecisa di fronte ai bilanci, se dovesse puramente approvarli in via amministrativa, o impegnare su di essi l'ordinaria discussione politica. · Il motivo della indecisione era palese. Essa si radica nella condizione presente della nostra vita parlamen– tare; nel senso, che molti· hanno, di una minorata au • torità dell'Assemblea nazionale. Il relatore, on. Aprile, nella sua calda e suggestiva Relazione, ha messo chiaramente la questione e, in nome della morte vicina, ci ha Taccomandato la mo– destia; ci ha raccomandato di non pretendere, morituri, di legare la grave eredità degli indirizzi politici alla Camera che sta per venire in nome di un diritto più alto. In realtà, si poteva adottare una via, adottare l'a'.tra. · La Camera ha adottato la via di mezzo, che non sempre è la via della virtù. Certo, in questo momento, la Camera è sottò una specie di velo di ambascia; di un fastidjo, che ne impastoia, in certo qnal modo, lo spirito. La maggioranza, forse; non è sicura di se stessa. Fuori, è già piena la ridda dei nomi, assai più che il conflitto delle idee: qui dentro, le idee, che hanno ul– timamente preso maggior forza di espressione, sono quelle che si sono manifestate, .rompendo l'indecisione a eui accennavo testè, sopra il bilancio della marina. Qui_le tendenze vivaci dell'imperialismo, del militari– smo ad oltranza, trovarono voci autorevoli a espri– merle. Il grido più efficace, più suggestivo, che sia stato portato in quest'Aula, è stato quello: "Navi, navi, navi! ,,. Ma fuori, è un altro il grido che occupa e per– corre le piazze; è il grido: "Pane e lavoro! ,,. (lnte1·- 1·uzioni). Crisi di lavoro. -·Noi attraversiamo, o signori, una crisi di lavoro che h . ' ' pere e voi non mi accusiate di facile, troppo facile re- torica, io vi descriverò brevemente nell'arida, ma, cre– detelo, suggestiva prosa del Bollettino dell'Ufficio del .Lavoro. Secondo i dati trasmessi all'Ufficio del lavoro, la nota saliente n·e1 mercato del lavoro è espessa dalla stasi che ancora caratterizza pare·cchie industrie. Una delle industrie che offre minor margine di occupazione è l'industria muraria, la cui situazione si presenta uguale così nel Nord come nel Sud, come nell'Italia centrale. Ad essa tiene dietro l'industria delle fornaci. Diffusa pure la mancanza di lavoro per i braccianti che in talune .regioni, ·come Lombardia, Emilia, Roma~aa Ve– neto, è quasi generale. Del resto il documento è a ;ostra portata, ed è inutile che io vi tedii leggendolo c·omple- tamente. ' Vi potrei richiamare altri dati, segnatamente un so– lenne ordine del giorno dell'Organizzazione nazionale delle Cooperative italiane, la quale lamenta che in ' questo_ mo~ento, per le difficoltà economiche, per lo spento credito, la Cooperazione, in Italia, muore. .Il contrasto non potrebbe essere più vivace, più im– ponente, fra le espressioni, che qui nell'assemblea si sono formulate per i vasti sogni di gloria militare, e le realtà dolorose e crudeli che ci offre il Paese. Le titubanze del Governo. Il Governo, tra la Camera e il Paese, tra la sua mag– giOJ,anza e i richiami che gli vengono dal di fuori, dalle piazze dove si dolora, dai prefetti che supplic'ano al Governo istruzioni sul come comportarsi, in questo difficile momento, per trovare lavoro ai disoccupati (e, quando non provvedono i prefetti, gl'interessati corrono a Roma e cercano appoggio presso il Governo); il Go– verno, fra. gli uni e gli altri, .pare a me che abbia il sentimento di questo, profondo dissidio e cerchi di te– nere una via di mezzo, • Ieri l'on. Giolitti non ebbe un successo parlamentare (mi permetta modestamente che io me ne feliciti con lui), perchè, di fro,nte alla maggioranza, osò ricordare certi canoni di politica, che altra volta erano luqghi comuni della politica, democratica, ma che oggi sono quasi dei paradossi, sono qu.asi dei blasfemi antinazio– nalisti; cioè a dire, ohe le navi, che gli armamenti vanno commisurati alla potenza contributiva ed econo– mica del Paese. ( Commenti). Si sorride? Ripeto: ques_to, alcuni anni fa, era un principio accettato dalla parte democratica e aveva una·· certa voga nell'opinione pubbJica. Oggi, nel prevalere delle tendenze nazionaliste, o,otali espressioni, oserei <lire di semplice buon senso, qanno uno strano sapore hervei~ta. (Commenti). Me lo perdopi l'on 1 Giolitti. (Si ride). · Non solo: ma l'on. Giolitti ricot:dava altresì oh~ è assai più facile lanciare la bomba di un grande progetto im– provviso di armamenti navali, anzichè, col sen~o della re– sponsabilità, adeguarlo 80pra i bilanci ordinari, che già . stridono per il carico grave che si è venuto accumu– lando. E spiegava - e mi .!;larve con molta giustizia di con– cetto - che, a provvedere con tale prudenza, c'era anche il vantaggio di poter accogliere, via via, i pro– gressi della tecnica navale, appropriandoseli, senza còr– rere il risch;o di d·over rinnovare ab imis fundamentis, ogni due anni, il nostro armamento. Una doccia, fredda, in sostanza, sopra certi bollori che sono di moda, e che hanno preso ·tale una espan– ~ioae, che quasi soli noialtri reprobi socialisti osiamo c,ontrastarvi. I socialisti e le conseguenze della guerra. Per quel che è da noi, noi vi contra~tiamo ora, come abbiamo saputo contrastare ai necessari prolegomeni. Per noi Perì·ore, lo sapete, è stato nel precedente. Tutto il resto è conseguenza logica, conseguenza necessaria. Quando noi ci siamo messi attraverso l'impresa di Libia, fu perchè ne intuivamo l'intenso carico finanziario e militare; e perchè prevedevamo che da essa sarebbe sorta tale gara internazionali', che avrebbe portato il nostro paese a dei carichi militari spr_oporzionati alle sue forze. Avevamo preveduto che la necessità di una politica c?e era di conqui_sta, mentre si diceva di difesa, avrebbe necessariamente portato a necessità di una autentica ben maggiore difesa. Fincltè eravamo in guerra, ci si poteva con~olare, aspettando la pace, che recasse la fine del grave conto finanziario della guerra libìca; ma oggi, che la ·pace
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