Critica Sociale - Anno XXIII - n.5-6 - 1-16 marzo 1913
CRITICA SOCIALE 79 I 2° La maggioranza del proletariato cosciente e or- ganizzata, o una élite, sia pure minoranza, ma mino– ranza assai potente, popolare e prudente, capace di trascinare la maggioranza. 3° L'immensa maggior111nza della nazione definiti– •vamente delusa del regime attilale, e perciò fiduciosa in un mutamento. E- in attesa? Un còmpito solo i. rafforzare le nostre organizzazioni, in"te~sificare la propaganda, evitare , q nanto nuoce al reclutamento dei nostri, utilizzare tutte le forme dell'azione, e sopratutto salvaguardare la nostra unità di classe, la nostra sostanza socialista. * ** ' Ecco, fedelmente compendiato, ·e i'n parte trascritto, il pensiero dei socialisti unitari francesi, nella sua espressione marxista, circa la violenza come coefficiente della rivoluzione; pensiero che, a ·titolo di documento, metteva conto di segnalare ora ai socialisti italiani, mentre da taluni si torna a celebrare la violenza - o almeno, a disputarne - come .... negli anni che prece– dettero il Congresso di Genova del 1892. ALESSANDR0 PCHIAVI. ESSENZA EVAlORE D I DIVERSI IMPERIAUSMI La storia di questi ultimi anni sembra contras– segnata da un risveglio di sentimenti imperialistici. E abbracciamo con questa parola tutti quei senti– menti che si fondano sull'istinto del pote1·e e sul cleside1•iocli espansione. In tutti appare oggi come un ardore di estendere, quanto è più possibile, il proprio io nel mondo esteriore. Mentre dalla se– conda metà del secolo XVIII fin ven,o il 1870 con– cezioni umanitarie più o meno fantastiche e para– dossali tentavano sommergere l'io nelle collettività e nelle comunità, eccoci ora a una .riscossa del– l'individualismo in tutti i campi. Alle concezioni altruistiche, che parevano sempre più guadagnare· terreno, del patriottismo, del pacifismo e del rifor- · mismo in varie forme, ·ecco contrapporsi il nazio– nalismo, che è un i!llperialismo di nazione, il pan– slavismo e il pangermanesimo, imperialismi d: razza, il socialismo rivoluzionario e il sindacalismo, che sono imperialismi di cl.asse, e infine quell'imperia– lismo anonimo, che tende a diffondere ovunque la civiltà europea e l'economia capitalistica; ad euro– peizzare il mondo intero. Or chi esamini il valore morale e la pratica attua– bilità di questi vari imperialismi dovrà,, crediamo, consentire che, mentre tutti gli altr.i hanno un fondo egoisticb e particolaristico e un limitat,o campo di estrinsecazione nel ·tempo e nello spazio, soltanto quello che c hiamammo "· imperialismo di. classe-", concretante.si nel socialismo rivoluzionario e nel si ndacalismo, p ossiede un fondo morale e un campo illimitato di applicazione. · A che tende, infatti, l'imperialismo di nazione? Ad estendere i confini del proprio territorio, e la propria lingua, la propria civiltà, i propri costumi, El ciò col pl'etesto bensì di aumentare ovunque il benessere morale, ma in realtà per offrire un più vasto terreno di sfruttamento ai propd concitta– dini~ o meglio alle cupidigie delle dinastie o dei ceti plutocratici ed affaristici del proprio paese. Senonchè, cotesta aspi razion e, la cui povertà mo– rale mal si dissimula sot.to -::in'altisonante fraseo– logia, urta bentosto c ontro la uguale e contraria tendenza delle altre nazioni capita.lirtiche e non 'riesce a superarla se non colla guerra, ossia colla sopraffazione di un imperialismo sull'altro. Analogamente per l'imperialismo di razza. L'Eu– ropa è oggi dilaniata dal panslavismo e dal pan, gerinanesimo, due correnti di sentimenti e d'inte– ressi, clìe si disputano, materialmente o moralmente, il dominio dell'intero continente, minacciano quindi senza posa di travolgere tutta l'Europa in una gigantesca conflagrazione. L'imperialismo che vorrebbe europeizzare il mondo intero non è in fondo che la fusione di tutti gl'imperialismi di razza bianca e di nazione, Quand'anche gli riescisse di federare tutte le na– zioni ~uropee contro il pericolo americano e contro il cosidetto pericolo giallo, non potrebbe tentar di effettuare la pretesa, egoistica e particolaristica, che ne forma l'essenza, di imporre la propria cì– vil tà .a popoli, che per ragioni etniche,'telluriche, religiose, ostinatamente la ricusano, se non collo scatenare la guerra mondiale. Anche all'imperialismo che chiamammo di classe, esplicantesi teoricamente nel socia! ismo marxista e nel sindacalismo e praticamente nel movimento operaio rivoluzionario, gli avversari rimprovere– ranno di trovare il suo limite negli opposti inte– re~si delle altre classi, contro i quali l'egoismo di una classe minaccia la dittatura del proletariato e, in sostanza, la guerra civile. Ma non è che ap– parenza e sofisma. Infatti, socialismo e sindacalismo non lavorano già a surrogare ìl dominio della classe operaia a quello della borghesia, sibbene, conquistando il po– tere politico per distruggerl0 in quanto strumento di sopraffazione e di sfruttamento di classe, mirano ad instaurare quella nuova forma sociale, verso cui la società capi tali sta si.muove naturalmente in virtù delle leggi economiche che presiedono alla sua evoluzione e dei contrasti insanabili che, mentre ne minano l'esistenza, ne elaborano senza posa la naturale palingenesi. Perciò 1 a dispetto od in grazia dell'anima utili– taria cli,e 16 agita, questo - se così può chiamarsi - imperialismo di classe è· il solo <fmperialismo che non trova confini, nè di razza, nè di nazione, nè di i:eligione, nè di classe; che, nonchè preparare e suscitare le guerre, tende, e riescirà, a sequestrarle per sempre dalla storia; che, pertanto, abbracciando, quanto è vasta, l'umanità e mirando a riconciliarla con sè e colla vita, risponde al carattere più alto . e più vasto dell'Etica sociale: al concetto della solidarietà universale fra gli uomini. (At,iJ TOMMASO SORRICCHIO. LA. RIFORMA. DEIPROBIVIRI La Relazione per la Riforma 'probivirale, pre– sentata alla Camera dall'on. Abbiate il 15 volgente mese, ma fino a quest'ora non pubblicata nè di– stribuita ai deputati, ci sembra documento di c0sì alto valore - e per la materia in sè e per l'indi– scussa autorità e competenza del suo redattore, che è anche fra i membri più meritamente apprez– zati del Consiglio superiore del Lavoro - che ci stimeremmo in colpa se non la raccogliessimo in queste colonne, nelle quali la questione delle riso– luzioni arbitrali dei conflitti del lavoro fu già tante volte trattata. E l'Abbiate riassume maestrevol– mente, con la maggior possibile brevità, quasi tutti gli studi precedenti, per giustificare le conclusioni della Commissione e sue. Conclusioni dalle quali noi, in generale, che pure abbiamo sulla coscienza qualche pubplicazione in argomento, non sapremmo disconvenire. Qualche dubbio ci lascia ancora l'istituto dell'appello, che
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