Critica Sociale - Anno XXIII - n.5-6 - 1-16 marzo 1913

78 CRITICA SOCIALE proprt fianchi l'erede. Ecco ciò che distingufl la rivolu• zione uto_pi~tica dalla rivoluzione " che sarà,,. *** Ma, seppure la violenza non è pei· se stessa un fat- tore rivoluzionario, non per ci_òessa è assolutamente da escludere dalla rivoluzione materialisticamente cou– cepita, sopratutto in quanto sarà la borghesia stessa a provocarla, e perchè, se essa nulla crea, può concorrere ad abbattere le estreme trincee difensive del passato. Ma violenza non è potenza. Quanto maggiore sarà la potenza del proletariato, tanto men() la rivoluzione avrà bisogno della vio'lenza. I socialisti infatti, se parlano di Rivoluzione sociale, soggiungono sempre quest'alternativa: o coi mezzi vio– lenti, o coi mezzi pacifici e legali; insomma, con tu.tti i mezzi; perchè, se non sentono il rispetto della lega– lità borghese, che è violenza legalizzata, sentono for– tissimo il rispetto deila vita umana. È perciò che la conceidone storica socialista della violenza fa loro un dovere di non predicare la violenza, che se anche sarà un giorno provocata dagli avversai\ è giusto che ad essi ne spetti la intera responsabilità. Anche in casi estremi, la violenza, càra ai meno co– scienti, l'azione terrorista, che tenta giustificarsi con ragioni politiche e morali; è opera di individui o gruppi isolati, ma non trova favore pres~o le masse organiz– zate, che sanno di avere per sè una forza ben più for– midabile, il loi·o diritto superiore, il numero, l'organiz– zazione, l'educazione, la necessità storica, l'avvenire sicuro. La grandezza del còmpito ingrandisce la coscienza del prÒletariato; il bruto arretra, l'u·omo ;ii avanza. È la legge di tutte le rivoluzioni, e le forme delle rivolu– zioni evolvono anch'esse. "Vi hanno filosofi sociali, come Giorgio Sorel, spirito per altro assai curioso, che adottano il punto di vista delle classi dominanti e cercano anch'essi di trascinare il proletariato alla violenza, della quale predicano il , culto, come di una rigeneratrice di energia, di una fonte feconda di rinnovamento di vita. Errore gros– solano e vero delitto contro il proletariato. Noi non padroneggeremo la violenza borghese se non col ren– dere la violenza odiosa e disprezzabile, svelandone il carattere antisociale e reazionario. Poichè soltanto la reazione non può tripnfare se non colla vi~lenza; il progresso può e deve imporsi colla propria utilità so– ciale. Noi non domineremo la violenza organizzata degli avversari altrimenti che disarmandola i·ièusando di . , impiegarla contro noi stessi, come avvenne in quasi tutte le rivoluzioni vittoriose ,,. Il proletariato, agendo nella linea che segna la marcia generale delle rivoluzioni, lavora a diminufre la vio– lenza e ad aumentare la coscienza. * ** Come avverrà dunque la rivoluzione proletaria? Nulla può affermarsi di certo; salvo questo: -che essa in _nu~la_ asso~iglierà alle rivoluzioni del passato, dap-· poiche e la prima volta nella storia che noi procediamo verso lotte riyoluzionarie,, impegnate in forme demo– cratiche, con organizzazioni fondate sulle libertà demo– c~ati_che,.contro forze prima non mai viste. Oggi non più 1 soh Governi resistono al proletariato come ai tempi d~ll'~ss~lutismo, che impèdiva lo svil~ppo degli antagomsm~ di classe. Oggidì, oltre e più che i Governi le ~ass~ ri:oluzi?narie hanno di fronte le potenti ·or~ gamzzaziom degh sfruttatori, cui _la maggioranza dei . piccoli borghesi, dei contadini e gran parte· degli in, tellettuali fa da contrafforte. La futura rivoluzione - salvo forse in Russia - avrà piuttosto il carattere d1 lotta di una parte della na– zione contro l'altra, e in questo - ma· in questo sol– ta"nto - richiamerà piuttoHto le lotte de\la Riforma che non della Rivoluzione francese; sarà una lunga, e non necessariamente sanguinosa, guerra civile. Lo stesso mi– litarismo cadrà infranto non da una rivolta di popolo in trionfo, ma dal venirgli meno la fedeltà <lei soldàti. Nè, più che alla violenza armata, dovrà la società attuale il suo crollo ad una crisi finanziaria, daèchè, oggi, i Governi sono i vassalli e i protetti del capitale, e hanno troppe buone ragioni per impedirne il fallimento. Così la logica e i fatti ne conducono a una stessa c.onclusione-: la Rivoluzione sociale non trionferà che mercè il con-senso e l'azione della maggioranza: imp~e– scindibile perciò l'organizzazione del proletariato in tutte le forme: sindacale, cooperativa, educativa, po-, litica. Il Sindacato è scuola di 'solidarietà, quindi di socia– lismo; l'operaio vi apprende ciò che lo lega alla sua classe e ciò che lo sepa1·a dalla classe ·nemica, vi iril.– para a conoscere le su.e forze - la solidarietà· ed il numero _:_ e la sua debolezza - la pr.opria dipendenza dagli strumenti di produzione - confiscati da altri in suo danno; vi impara a riflettere, e a comprendere la necessità di allargare la sua lotta fino all'attacco contro il potere politico della classe dominante - poichè vede gli strumenti di questo potere -:- esercito, polizia, ma– gistratura, Parlamento - sempre in arme contro di lui. La cooperazione, per assu'rdo che sia l'attendere da essa l'espropriazione anche parziale del capitalismo, ha tuttavia, come il Sindacato, un· valore socialista, a patto, ben s'int~nde, che non la si lasci 'diventare, come il Sindacato, nelle mani degli avversari, strumento di conciliazione fra le classi e quindi di conservazione. _ L'azione politica del proletariato " materializza • il grado di sviluppo sociale e politico che esso ha rag– giunto, gli consente di prendere ·il suo posto, di ·mani– festare la sua forza nel centro della vita politica; non per ottenere favori o portafogli, ma per conoscerne l'azione e i congegni e utilizzarli nel proprio -inte·ress-e di classe. Ma principalmente ha di mira la ·copquista del potere politico. In qual modo? Nel~'attuale s?eietà due fatti campeggi_ano: le grandi orgamzzazioni capitaliste e padronaH, sotto forma di trusts, e la sempre incombente minaccia della gnel'ra e~ropea. I trusts sollevano contro di sè,· col proleta– riato, buona parte delle classi medie, e con la estrema concentrazione. della produzione ·e della pròprietà, pre– parano alla vittoria della ribellione formidabile le condizioni materiali del regime collettivista. E, se la follìa degli armamenti ogni giorno crescenti e le cu– pidigie delle classi dominanti provoc)1eranno una con– flagrazione, il disastro sarà tale che, a un dato' .mo– mento, solo il partito che avrà sempre combattuto la guerra potrà raccogliersi intorno la maggioranza esaspe– rata e con essa spazzar via, alla fine, gli artefici e i respons_abili ~ella rovina. Queste eventualità, pur non essendo che ipotesi, conviene aver presenti nello stato· attuale dell'Europa. , In ogni caso, il proletariato non vince1·à se non a tre condizioni: _1°~voluzione economica e politica ~oltò avanzata. Cap1tal~sµi.o sviluppato 'al suo .più alto grado. La de– mocrazia un fatto compiuto.

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