Critica Sociale - Anno XXII - n. 24 - 16 dicembre 1912
376 CRITICASOCIALE I cristiani - ivi inclusi i giudei, e le altre con– fessioni o lignaggi, nei quali il mal seme di Adamo si sbriciolò - il giorno che, assillati da un fuo– cherello interiore, scuotono la reverenza per l'ipse dixit e si chiedono « il perchè » della norma avara ed arcigna e dubitano del suo fondamento; quel giorno è la débacle, non solo di « quella» morale, ma di « tutte » le morali possibili. Hai voglia di ammonirli, di richiamarli alla misura e alla discre– zion,e ! Furono citrulli una volta; ne hanno d'avanzo. L'acqua calda, che li scottò, li fa timidi d'ogni la– vacro. E l'immondezza trionfa. E cotesto, vedi, in nessun campo è così vero e patente, quanto nel campo sessuale: chiedine a quei cari giovinetti, speranze della patria e del sociali– smo, ai quali Mondolfo (che avrà poi la parola per rettificare) raccomanda, di più non potendo, una mezza verginità. Ed è anche ben naturale. Questa è, infatti, cli tutta la morale corrente, la Sezione ri– servata, nella quale, come in chiesa in tempo di funzioni, non si parla che a bassa voce; il Mistero vi aleggia; vigila, ,alla soglia, il Pudore. Le persone coniugate e per bene vi accedono dalla portipina dell'angiporto, nel crepuscolo che attende l'accendi– lampade municipale ... Ebbene:. scardiniamo i cancelli, spalanchiamo le vetrate, e all'inferno la Venerabile Impostura, che' affitta il locale! Questo - e sia pure sbarazzino (da «sbarazzare», al postutto!) ·_ il c6mpito primo. Poi, se mai, il nuovo catechismo: a dettare il quale, per altro - dopo due mil'anni di menzogna che ci ha tutti impestati - temiamo che, oggi come oggi, nessuno sia maturo. « Responsabilità »: ecco la parola. E tu, amico Zibordi, l'hai pronunziata. Ma essa la parola de– v'essere, non una fra tante. Il tuo discorso, già breve, guadagnerà a essere ancora abbreviato. « Responsabilità » : la quale, in nessun altro uma– no negozio, è così sconosciuta, insospettata, assente. Perchè a torto tu scrivi - sgomentato - che « le generazioni, uscite dalla secolare astinenza, figlia della miseria e della paura, debbono superare il periodo della libertà senza fneni ». Le generazioni - dal verbo « generare >>- se non intendi allu– dere a\la teratologia dei monasteri, non conobbero astinenza, fuorchè (seppure!) nelle prediche del sor curato, che valgono tutt'al più per le ore, diurne, nelle quali Domene.ddio ci vede davvero; ed è pro– prio sopratutto ai più miseri ·che si assegnò il fa– migierato « paradiso dei poveri», a pregustazione di quello celeste, e in sostituzione del terrestre, confi– scato eia lor signori. Tutto ebbe, al mondo, una disciplina; ad eccezione di cotesta inezia : la produ– zione degli uomini. Come, se no, la fabbrica, ca-. pitalistica poteva divorarli a centinaia di miliÒi1i? Rieccoci, così, fatto il classico giro dell'oca, al già tre volte annunziato ·« multiplicamini >>. Per il quale - al ciel piacendo -- arrivederci a gennaio( ILLE EGO. Una vittoria deicontadini nelVercellese proclamata inundocumento ufficiale NOTE ED APPUNTI. L'avv. P.aolo Prandi, valoroso direttore dell'Ufficio muni,cipale del Lavoro di Ver,celli, in un opuscola: Dati statistici sui lavoratori delle risaie del Vercel– lese (Stagione di monda 1912), uscito· come ..supple– mento al Bollettino dell'.Uflìcio del Lavoro del Mini– stero di A. I. e C., pubblica a,!cuni dati intere,ssanti, che lumeggiano l'opera de,lla Federazione regionale agricola piemontese. I dati si riferiscono ad oltre 500 tra fondi e ca– sci,ne, <ean un minimo di 40 giornate di superficie (la giornata equivale a Ettari 0,3810) sparsi su 44 Co– muni, e, così praticixmente a tutto il Vercellese, Ri– guardano i lavoratori della monda, immigrati e lo– oali. Lavoratori immigrati. La mano d'opera immigrata va di·tninuendo ogni anno - di-ce,l'Autore - sino a rappresenta.r,e la di/– I erenza tra la mano d'opera locale disponibile e il fabbisogno, sempre superiore a questa, dell'agricol– tura. La decrescenza dell'immigr.azione, dal 1904 ad oggi, -sarebbe di un 15 % all'anno. · La grande maggioranza degli agricolto·ri, sod del– l'Associazione Vercellese, ha pagato i lavoratori più della tariffa da questa fissata; a sua volta, la maggio– ranza dei lavoratori orgamizzati (immigrati) ha accet– tato i patti di quella Associazione, nonostante il con– flitto con la Federazione dei lavoratori della terra. E ,curioso infatti -,- prosegµe l'Autore - il dover no– tare come siano state a,ppunto tutte Ie •squaidl'e del F,errarese, d,el Mod,enese, del Reggfano, ad acootta,re, co,i. disorganizzati montanari genovesi, la tariffa di 27 centesimi all'ora con vitto• e viaggio a lor,o ca,rico; •vi ,sono due èccezi,o·ni so.Je, in una: squadra· deI M-o– dene•s·e e in una Genovese, le quali ebbero ri,spetti– vame,ntr ,cent. 27 oon vitto e viagg-io a carico• del conduttor-e, e cent. · 32 con vitto e v1aggio a proprio ca,rico. Il f.enomeno tito,va p,er noi facile spiegazione ove si rifl.etta che, p,er divergenze insorte tra la Federa– zione nazionale dei lavoratori della terra e .\'Asso– 'ciazione Vercellese deyli agricoltori, .Ja Federazione boicottò le nostre ri,sa1e. Sicchè le squadre organiz– zate che disobbedirono furono quelle in cui prevalse la fame, e la fame fa pur troppo .accettare qualunque patto, anche il più magro. L'orario più comune degli immigrati è quello di IO •ore concesso dalla legge, eccetto per i Can,a,vesani, Vercellesi, BieUesi, Monf:eITi•ni e parte dei Novaresi, -che lo hanno già limitato a. nove e otto ore, le agi– tazioni dei focali avendo, sotto questo aspetto, giovato anche a loro. - Le paghe maggiori sono percepite, ma non di re– go.Ja,dei Ve,rcellesi, Novaresi, Monferrini e Tortonesi. S,eguono in blocco i Piacentini, i quali p,ercepi,s-cono di r.ego.Ja da 30 a, 32 ,centesimi a!Fora, la migliore paga d,i tutti i veri ,e propri immigrati. Nel 1901, que– sti, invece del salario medio giornaliero di L. 3 per 10 ore di lavoro, percepivano in media lire 2,20 per 13 ore di lavoro! Il punto ,ammirativo è dell'Autore, e il fatto dimostra che, quando l'offerta di lwò,z,o è minol'e (IO ore invece di 13 per monda'l'iso), H pr,ezzo cresce in virtù della legge della domanda e dell'of– ferta.· Certo contribuì all'aumento dei salari là riper– cussione dogli aumenti dei salari dei locali, connessi anche questi alla' avvenuta riduzione dell'orario da 9 ad 8 ore. .Lavoratori locali. Dopo lunghe agitazioni, dal 1904 ad oggi, i• lavo.– ratori looali riuscirono ad impone due oa pi,saldi: impi,ego dellt::t'mano d'opera locale con pref.er,enza sul– la cc forestiera>>; e o,rario di •otto or,e. I due princ:ipii furono •sanciti in un a,ccordo tra l'Associazione degli agricoltori verceUesi e la Federa– zione regionale agrièola piemontese (S.ezione di Ve,r– celli) in data 24 maggio• 1911 e duraturo per tre anni, a,ccordo -che fu poi accolto anche da numerosis,simi Comun-id,el Circondario. La paga è sta,bilita in L. 2, 75 i,n media ·al giorno,, per 36 giorni di lavoro, con orario di otto ore, così ripartite: dalle 5,30 alle 15, con ri– poso di mezz'ora per la colazione e <li un'ora pel pranzo. E impegnata moralmente l'Associazione, nel- 1'.assumere mano d'opera, a dar,e kt preferenza ai lavoratori locali adatti alla monda. Questi, per 8 or,e d-ilavoro, vengono così a peroepire L. 0,3437 a.Jl'o,ra. Nel 1904, il lavoratore locale era pagato come s·egue: ore 9 di lavoro, da L. 1,65. a 2,0Q (3708 lavoratori) ,, 9,30 ,, ,, ,, 1,55 ,, 1,80 (2181 ,, ) " 8,30 ,, ,, " 1,60 ,, 1,77 ( 897 n )
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