Critica Sociale - Anno XXII - n. 24 - 16 dicembre 1912
CRITICA SOCIALE 375 Correggiamo, anzi, il nostro -gergo, sempre in– tinto un po' di tradizionale dualismo neligioso e metatìsico: il socialismo non ha; sibbene è una mo– rale; e, poichè le morali ascetiche son morte e pu– trefatte, diciamo più spicci: è la morale. Non che questa lo generi o lo conforti dal di fuori; il socia– lismo ha radici storiche, ,economiche e tecniche, e non ha bisogno d'allro;_ sarebbe come dire che la luce genera il sole, o_che essa lo illustra. Ma, come la: morale non è che senso di socialità più o meno elevato, dine « il socialismo è la morale» è fare una piattissima tautologia. Or, se questo sta nei comuni rapporti econom1c1, perchè cesserebbe di esser vero nelle relazioni .fra i sessi? L'avversionie al parassitismo, attivo o pas– sivo, de1l'uomo sull'uomo, non dilegua sol perchè la vittima abbia altro sesso. Vi hanno sopraffazioni - ben nota Zibordi - peculiari al rapporto ses– suale; vi ha un « alfonsismo » che non piglia i quat– trini, piglia la pe,rsona, · ed è peggio. Per lo più è dell'uomo sulla donna, perchè quello è, di negola, economica.mente il più forte - anche se piglia -i quattrini, stantcchè la « forza econol)lica » non. con– siste nel guadagnarli, ma nell'appropriarseli, e son sempre, a cotesto effetto, ... l'argent des autres; ma non mancano, per contingenze speciali, gli esempi inv-ersi. Le « mogli coi pantaloni» spesseggiano, e li portano, anche prima della jupe-culotte, non meno ~gnamente degli uomini .. Le i< orizzontali» cli alto bordo, che saccheagiano i cicisbei milionarii, sono, in qualche modo, 1e vindici della cleholezza e della servitù millennaria del loro sesso. Esse applicano, rovesciata, la morale capitalistica; è il « parassi– lato » che si fa parassita .. Da tutto ciò non deriva eh.e ogni socialista, per– chè tale, praticherà, e neppune professerà, una mo– rale più alta della media volgare. La coerenza - a parte la difficoltà, spesso la impossibilità, di appli– care principii cui l'ambiente repugna - non è la virtù più diffusa, neppure fra socialisti. Le nostre ribellioni sociali non hanno alcun ob– bligo di essere logiche e complete; per lo più, non si protendono molto in là del confine, .entro il quale '- vincendo - ci recherebbero un p'rofitLo maLe– riale e personale immediato. Qualche volta - anche questo lo Zibordi nota a ragione - le giustizi.e pro– clamate si prendono tutte negli utili; e ci si vanta o ci ~i crede ribelli, perchè - sciolti da vecchi e superali pregiudizii - ci è dato essere ,egoisti 'con meno scrupoli. Analogamente, noi pure, nel corso di questa po– lemica, vropugnammo la sincerità e la guerra. al mistero, nelle faecend.e sessuali, come sopratutto necessarie a poter «, denunziare e, combattere quel comodo cinismo sessuale r cinismo, da l gre co lcyn6s, genitivo· di lcyon, cane: non siamo poi d.ei cani, ave– vamo scritto l, che troppi, fra i masc hi, a mano ga– bellare per modernità spregiudicata di ~ib~ro _pen– siero - e che trova qualche parvenza d1 gmst1fica– zione nella idiota assurdità della morale sessuale universalmente predicata ancor oggi ... e non meno universalmente non praticata» (I). · Ma il socialismo - come pen&iero e come sforzo rii attuazione - apre le vi.e del sentimento e del– l'azione a una pratica sociale, che escluda ogni sfruttamento parassitico dal rapporto sessuale, co– me da ogni altro. E allora dove s1 annida il dissenso, per cui Gio;anni Zibordi - pur ingegnandosi di sa~varci_il ·credito - afferma che, « fra la nostra g1ovamle (ahimè!. ..) spregiudica_tez~a ,e la severità ~isciplina– trice del Mondolfo », mclmerebbe a quest ultima? (t\ Ot·ll'ca Sociale, 1° ottobre, pag. 217. Si direbbe che, in siffatti negozii, a furia di reti– cenze, si è smarrita, come in Babele, la capacità di intend.erci a vicenda. In fatto, chi ben guardi, le due tesi di Ziborcli e Mondolfo fanno a cazzotti. L'uno intende a spiritualizzare la sessualità; l'altro, a modello; ci addita le bestie; e queste, in verità, poichè non teorizzano; ignorano l'antitesi fra pre– c.etto e costume, suprema immoralità -di ogni mo– rale catechistica; ma, infine, egli emula noi, che, modestamente ma fermamente, professammo di non essere cani. L'uno esalta la purezza, l'astinenza, la monogamia più f.eroce; l'altro si 4 rrende agli im– perativi categorici del senso e riabilita, più Cristo del Cristo, le Maddalene anche non pentite; e, pur invocando anch'egli una norma, la quale disciplini ciò che prima riconobbe la meno leorizzabil,e e coer– cibili delle umane attività, si fa a cercarla per tutt'altre vie... La cerca e la addita - qui, crediamo, è il punto, ~ al cli fuori della ·controversia, nella quale inter– v1,ene. Fra Mond?l_fo e_ noi, ~ra, ,;e~amenle, qu~s~one ses.~uale: sp1r1lt~ahtà, astmenza, purezza, o !)lente di tutto questo, ma nei riguardi dell'amore, rii fini proprii dell'amore. Zibordi rasenta la questione, ma non vi penetra. La ·sua norma - egli scrive - si comprenderebbe in poche parole: << dovere, disci– plina sociale, responsabilità verso gli altri, senso cli giustizia e di uguaglianza »; Lult,ecose squisita– mente asessuali. Egli concreta anche più: amare, ma, possibilmente, non procurarsi malattie insana– bili (recipe « La difes::i personale», ecc. ecc.); ama– re, ma ingegnarsi di non procreare mosl.ricciattoli (recipe: .« Manual,e di fisiologia » ccc.); amare, ma sentire, insieme, la responsabilità verso sè, verso gli altri, verso la specie (recipe: jJ b11on senso e il galantomismo .... se t.i riesce). Or non fu questo, per l'appunto, il succo e 1a finalità di Lutto il- nostro discorso? Non forse, po– nendo la ·questione, affermavamo di oppugnare quel– la chie ci parve (la parola spetterà poi a Mondolfo, per contraddire) << morale di seminario», per quanto agghindata i n ghi_n gheri moderni e s1?regiudicali - di oppugnarla 1.mu: amenle perchè ed m quanto essa valica « al di là de lle preoccupazioni, affatto 11ti1i– Larie, dell'igiiene sessuale e della responsabilità verso i nostri simili » (1), sulle quali non può essere d1s– sidiio? - in quanto (proseguivamo), « non già sug– gerita e limitata dalle esigenze dell'igi~ne,_ da~ c~n– si~li della prudenza, dalle preoccùpaz10111dei vm– coli e delle responsabilità, che, in dat.i casi, scatu– riscono. dagli abbandoni dell'am?re,. ma accettata per se stessa, come un dovere m1stcr10so, supremo r.d indiscutibile» (2), obnubila allo sguardo la im– portanza perentoria •di coteste esigenze e_preoccu- pa:?Jionipositive? . Perchè questo, amico Zibordi - e certo non è a te· ch'io presuma insegnarlo - è il proprio di tulle 1e morali, poggianti sul falso, sull'arbitrario, sul: l'anacronistico, aberranti dalle concrete ed .alluah necessità della vita: che la vita se ne vendica colla derisione più spietata, quell'3: che irrid.e <:]ai !atti. E, allora, anche quel tanto d1 mora)e 1 o_sSiadi s~– crificio preordinato e consapevole ai fim della m1- alior convivenza, che può attingersi al precetto e ~Ila persuasione ser~oneggiata .- nella cui ef!ìcacia tu hai qualche magg10r fede d1 me, ed è qm tutto il nostro dissidio - anche quel tanto,• o quiel poco, di morale formulata e formulabile, se ne va giocon– damente a Patrasso. 'Tu scrivi: guardate le bestie. Io soggiungo: guardate i cristiani. E, francamente, mi basta! .(t) c,·ilica SÒclale, 1° ottobre, pag. 297. (2) C,•ltlca Soclare, 1-16 novembre, pag. 882.
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