Critica Sociale - XXII - n. 21-22 - 1-16 novembre 1912

328 CRITICA SOCIALE legislazione, unitaria non seppe,ro smantellare l'anal– fabetismo, la miseria, la criminalità, la camorra, nè · att,enuare la disperata emigrazione di masse affamate; - che la presunzio·ne di schiudere uno, sbo,oco colo– niale ai prodotti della nostra industria ,e alla nostra emigr.azione, ·se mai potesse ,essere isincera, non. dimo– str,er,ebbe che la nostra assoluta incapacità a far i conti su,Ue dita, data la notoria, irredu,cibile airidità e inospitalità de,! paese conquistato o da conqui.stare. Che. in tutti q,uesti discorsi sia del vero•-continuava il VillaTi - nessuno spirito impa,rziale vorrà negarlo. Solo' non bisogna dimenticare - ,ecco tutto ciò che oppone lo scrittore illustre a quell'innegabile vero - che, il mondo- non l'abbiamo fatto noi e che esso non ubbidisce alla logica ed alla ragione-. E allora, passando a ri-cercare Ie cause che - a malgrado di quel vero innegabile - resero possibile e qua·si popolare la singolare avventura, Pasquale Vii– lari scrive testualmente così: « Nel 1859 l'Italia si formò con l'aiuto dell'esercito franoese. Questo fatto ebbe le sue gravi conseguenze perch\è, lasciava •credere che, almeno allora, con le sole nostre forz,e, non saremmo stati capaci di libe– rarci. Le guerre nazionali, che s•eguirono poi, non ostante il valore del so-ldato italiano, non ostante i -prodigi operati da Garibaldi e l'aureola che ciTcondò la sua figura, non. riuscirono· fortunate. Pareva che a noi mancasse sopratutto la forza necessaria a for– mare, ad organizzar-e l'esercito e la marina militare. Custoza, Lissa, Adua non riuscivano a cance-llarsi dalla nostra memoria, pesa'l'ano come una oappa di piombo sul no-stro spirito. Il paese non aveva abb(!.– stanza fiducia in se stesso, ,e sentiva che gli al!tri non avevano abbastanza fiducia in lui. Si parlava sempre · di questa nuova, grande nazione che era sorta: ma nessuno mostrava di temerla. La diplomazia faceva e disfaceva la carta g,eografica dell'Europa, senza pun– to -occuparsi dell'lt,alia, ,che rimaneva sempre sacri– fkata. La Francia, che ,era padrona dell'Algeria, che combatteva nel l\,forocco, andava a Tunisi, che era quasi una colonia italiana, a tre passi dalla Si,cìlia, senza occuparsi del danno che ci recava, dell'opposi– zione che potevamo fare. « L'Inghilterra, padrona di Gibilterra e di Malta, andava in Egitto; .l'Austria ,era padrona d,ella Dalma– zia. Co•sì -correvamo il rischio di essere soffocati nel nostr,o proprio mare. E s'andò formando- la convin– zione pro.fonda, che l'Italia non sarebbe mai stata riconosciuta di fatto, più ·che a paroie, grande na– zione, ,se prima non dava prova della sua forw. reale· in una guerra fortunata. Pareva che qqesta fosse divenuta per no-i questi-one di essere o non essere. « E questa fu la ragione del grande -entusiasmo, un entusiasmo .ohe· f.eoeme·r.aviglia a noi stessi, ,ecc., ecc. ». 'Tutto questo• - dovendo riassumer-e in. pochi tratti - noi ·sintetizz,ammo ana buona neUe parole, che il Corriere ci add,ebita come esempio manifesto di fal_so concettuale: - « si,amo andati in Africa, perchè, .sec– cati di averle sempre· prese, volevamo mostrar-e di· sa- perle dar,e ii: · L'imparziale ·e scrupolo-so · Corriere sintetizw., in– vece, così: « il brano spi-ega l'entusiasmo di tutto il popolo italiano col nostro passato militare ii. Volendo ,con -ciò significare ,ch'esso · di,ce tutt'altra cosa da' quella << travestita ii da noi. Ocarina so-la per ocarina sola - di grazia ~ qual'è la più fedele, onesta e sinoera? ... Si aggiunga che, anche nelle parti, neUe quali il Villari s'ingegna di sco-vare qualche ipotetka futura giustificazione all'impresa, balza l'lgli occhi, a dispetto dei caritatevoli vfli, i.I suo profondo scetticismo sulla -capacità ,colonizzatri-ce della nostra Amministrazione bn,ro·crati-ca e accentratrice; mentre conf.essa e dijno– stra che,, a,nche ·laddove ·1a colonizzazione si trovò nelle miglio,ri condizi,oni ,e usò i metodi più accorti e sapi-enti, potè dare tutt'al più qualche risultato eco– nomi,co ai dominatori, ma nessuno intellettuale e mo– rale, <la,ochèl'affratellamento di popoH diversi ·di razza e divisi dalla tradizione religiosa fece banoarotta do– vunque e, in sostanza, il preteso incivilimento delle razze inferiori si risolv,e, e non può non risolversi, che con la distruzione e la. morte. Per riescire a una conclusione non del tutto scon– fortante, circa l'impr-esa di Libia, in rapporto alla gr,ande opera dell'incivilimento mondiale, lo scrittore dev•e prescindere· semplicemente ... dall'impr-esa di Li– bia. Valga ancora qu-esto semplice brano, pr,esso aJla fine, e si rkordino· le ammissioni, taicite. ed espres,se, che abbiamo già men'zionate, circa l'innegabile vero deUe oritiche fatte dagli avversari i· del]'.impresa: « L'Italia arriva assai tardi, quando tutta l'Africa è stata già occupata dalle ·altre nazioni. A noi non restano che le ultime bri-ciole, la sola Libia. E ci rimprov-erano di essere andati colle ,a,rmi a conqui– stare una terra che dicono inf,econda, senza ricchezze naturali, incapace di accogli-ere la nostra emigrazione, Senza fermarci a discutere se e fin dove tàli asser– zioni siano vere e provate; osserve•remo piuttosto- che, se il campo d'azione che a noi rimane libero è assai ristretto, l'impresa cui siamo ,chiamati a oooperare, il probl,ema che si deve risolvere -sono giganteschi, han~o una grande impqr.tanza per !',avvenire <lell'u– mamtà ». Cotesto scarto improvviso daUa questione, se fosse di un dur,mad.o-re o di un demagogo, desterebbe il sor– riso ,e il -sarcasmo·. In uomo <li cosi alto valore, che nessun sosp-etto può ferire di artifi-cio, di opportu– nismo o di viltà, esso - _lo confessiamo - ha qual– cosa che profondamente .commuove. · Ma le « apolo– gie ii - •ci inganni,amo forse? - non 'si intessono e non si ragionano così. .. Uopo -ciò, lo stesso Claudio Treves - il quale, nel– l'Avanti! (27 ottobr-e), osserv-ato come, nell'articolo in discussione, f.osse << requisitoria ii tutto ciò che è chia– r-o, positivo, certo, tangibile, e potesse interpretars~ come << apologia » ,ciò che è incerto,, aereo, inafferra– bile·, trascend,ent-e, prop"oneva che si desse la parola all'Autore per l'interpretazione più autenti-ca del suo discusso pensiero - non cr,ediamo •che insisterà nella sua ,c,onclusione. Lo stoo-ico, •che <;J.etestail pettego,lezzo, n~n ripren– derà la parola pè·r pronunoiare l'oracolo. Ciò che aveva <la direi' nella onesta sua coscienza di pensa– tore, ,egli ha detto con la consueta giovanile limpi– d,ezza; non è lecito attribuirgli reticenze od oscurità da chiarire o da correggere-. Il va.lor-edegli argomenti, ,ch'egli ha schierati in obiettivo contrasto, è questione di ,a~prezzamento; spetta al lettore. Il giudizio supremo, inappellabile, 1Spetterà poi alla storia - ,e lo udranno i nepo-ti dei nepoti. Fosse çli ,condanna p·er noi, pel nostro pessimismo! f. t. ,, ILMONDO NON L' .Almi.AMO r .A rro NOI. " Con questo titolo, allo stesso proposito, ma as– sur_gendo a considerazioni più generali ed astratte, scrivev~ Angelo Crespi in un giornale 'di Lugano (1): Un articolo dell'illustre storico e pensatore italiano Pasquale Vili-ari, pubblicato sul Corriere della Sera di gi.orni sono e recante il titolo « Dopo la guerra», h,a avu·to una strana fortuna; dall'on. Filippo Turati, (1) eo,·,·i«re Ttclnese, so ottob,e. ·

RkJQdWJsaXNoZXIy