Critica Sociale - XXII - n. 21-22 - 1-16 novembre 1912

CRITICA SOCIALE 335 datori di lavoro dei secondi, non si verifica con tanta vivacità nei rapporti fra altre categorie di la– voratori), sia, rispetto ai mezzadri, per il fatto che questi ultimi - ess~ndo, contrariamente ai salariati agricoli e alle più note categorie di lavoratori in– dustriali, pagati in natura - hanno, nei rapporti colle trebbiatrici, gli specialissimi e vitali interessi di cui abbiamo parlato più sopra. Si potrà obbiettare che, se la cooperazione di ca– tegoria rappresenta iJ primo scalino della evoluzione che porta aJla cooperazion,e mista, era naturale che i braccianti e i mezzadri dovessero desiderare, cia– scuno per proprio conto, di fare intanto il primo passo, e che non si doveva perciò forzare il corso degli avvenimenti con una soluzione la quale, alJo stato delle cose, doveva considerarsi come pre– matura. Ma la risposta è molto facile. Anzitutto, la necessità di percorrere, sempre nel medesimo ordine e colla stessa lentezza, tutte le fasi di un dato sviluppo sociale non è assoluta per coloro che possono trarre lume e vantaggio dalla esperienza di (ò)Ueiprimi, i quali, movendosj, empi– ricamente, furono in realtà i soli costretti a seguire, per la mancanza appunto di precedenti, la via più lunga. Il fatto che una prima voi ta il gas è stato scoperto dopo l'olio, e la luce elettrica dopo il gas, non significa che in seguito molti consumatori non possano passare direttamente d.al gas alla luce elet– trica. Nel nostro caso poi, la necessità di superare le forme primitive era data daJla gravità e dall'urgenza del conflitto che bisognava evitare. Sinchè i fabbri, ad esempio, mirano ad esercitare, colla c.ooperazione della loro sola categoria, la propria industria, e questa è così nettamente separata dalla attività delle altre categorie che queste non pensano di ingerir– sene, allora il bisogno di sottomettere tale industria a foi:me più larghe di cooperazione può non essere immediato. Ma quando il medesimo strumento di lavoro e la stessa forma di attività sono contestati contemporaneamente da due categorie; ·qllesto fatto è per sè stesso la migliore dimostrazjone che solo la forma superiore, cioè la cooperazione mista, può, coordinando e contemperando gli opposti interessi, sanare il dissidio inseparabile, nel caso speciale, dalla forma infel'iore. Come fra poco vedremo, il. criterio della gradualità dello sviluppo avrebbe do- : vuto applicarsi, nel nostro caso, non per mettere in dubbio la . necessità della cooperazione mista, ma soltanto per scegliere di questa, sul momento, piuttosto le forme più semplici, che le più com– ple·sse. Abbiamo esposto il concetto generale cui, a nostro credere, doveva insplrarsi la soluzione del problema., Nella pratica poi, questo criterio generale avrebbe potuto essere suscettihile, secondo le condizioni delle varie zone, di applicazioni più o meno· larghe. Si sa– rebbero potute fare Cooperative miste soltanto fra le categorie più direttamente interessate (mezzadri, macchinisti, fuochisti, paglierini e braccianti), attri- . buendo esclusivamente al loro insieme la proprietà e la gestione delle trebbiatrici (1). Oppure, dove già (') È questa la forma più completa del Upo più semplice di Coo– poratlve miste. Entro tale tl}lo, si possono però concepire forme meno complete e tuttavia utilissime come prtmo avvh1rnento. Per esempto, nene zono della RomRgnn, quall 11 Faentino e l'Imolese, In, cut 1 braccianti sono poco numerosl e poco forti, e in out possono sostituire solo In ,,tccola parte II lavoro del mez,ndrl n• Ila trebbia– tnra1 sarebbe già un notevole progrpsi.o Re le Cooperative miste ttb– braoc>assero per ora. oltre ai mezzndrl, I soli macchinisti, fuochisti e pn.J,CUerlnl.Una tale soluzlonP., Hsstcurando le Jocau camere, del Lavoro che t mezzadri non cercherebbero più di formarsi un perso– nale ctt mR.cchtna disorganizzato; asslcur1rndo I mezzadri cOntro ogni sciopero da parte del personnle dt mttcchlna organizzato •appunto perchè questo sarebbe Interessato alla Cooperativa); olJ,endo al braccianti propriamente detti, per la presenz" di una categoria tan~o amne alla loro, serie garan~e; potrebbe per ora conclllare molti In– teressi. esistessero organismi cooperativi di produzione com– prendenti un maggior numero di categorie di sala– riati e tali inoltrn da consentire facilmente l'ingresso anche ·ai mezzadri, si sarebbe potuto avere una coo– perazione mista più complessa, in quanto la pro– prietà e la gestione delle macchine avrebbe potuto essere assunta direttamente da tali organismi. Infine, dove già esistessero organismi cooperativi di con– sumo., ivi avrebbe potuto aversi una cooperazione mista di grado ancor superiore, perchè a questi me– desimi organismi - per loro stessa natura più larghi che non le Cooperati ve di produzione, interessanti cioè un maggior numero di categorie, e per ogni categoria un maggior numero di individui - avrebbe potuto attribuirsi la proprietà e la gestione deJle trebbiatrici. Si osservi poi che la soluzione da noi proposta presentava un carattere molto più generale che non quella affermata dai braccianti e dai loro organiz– zatori socialisti. Per le ragioni che abbiamo esposte, i braccianti sostenevano che la proprietà e la gestione delle treb– biatrici spettava esclusivamente a loro in quelle zone nelle quali era completamente abolito intorno ad esse lo scambio delle opere da parte dei mez– zadri. Gli stessi argomenti che ·adducevano a so– stegno deJla loro tesi, 1i sforzavano ad ammettere implicitamente che, invece, in quelle zone in cui tale abolizione non si era ottenuta, anche i mezzadri avevano diritto a diventare comproprietarii delle macchine. In base ai loro concetti, dunque, avreb– bero dovuto esservi due soluzioni, secondo che lo scambio deJle opere neJla trebbiatura fosse stata o meno abolita. Invece, la soluzione da noi caldeggiata, anche perchè tiene conto dei legittimi interessi che i mez– zadri hanno rispetto aJle trebbiatrici indipendente– mente dal fatto che lavorino, o meno, intorno ad esse, avrebbe servito tanto nell'un caso, quanto nel– l'altro. L'unica differenza si avrebbe avuta nella ri– partizione degli utili industriali, perchè - come meglio vedremo fra poco, ma come è fin d'ora in– tuitivo - i mezzadri avrebbero partecipato agli utili medesimi se. avessero lavorato anch'essi intorno aJle trebbiatrici, mentre non vi avrebbero partecipato nel caso opposto. Ecco ora - per cominciare dalla forma più sem– plice - come avrebbe potuto funzionare, nelle sue linee più sommarie, il tipo della Cooperativa mista fra le sole tre categorie più direttamente interessate (mezzadri; macchinisti, fuochisti e paglierini; e brac– cianti). Ognuna delle categorie avrebbe dovuto apportare una parte eguale del capitale occorrente per l'ac– quisto delle macchine. Per una macchina, poniamo, da L. 15.000, ciascuna delle tre categorie avrebbe dovuto anticipare L. 5000. Pagate tutte le spese del– l'esercizio - salarii compresi -. sarebbe rimasto un residuo, formato dall'interesse del capitale e dal profitto industriale propriamente detto. L'interesse avrebbe dovuto andare in parti eguali a tutte e tre le quote del capitale. Il profitto industriale, invece, si sarebbe ripartito fra i singoli in proporzione del lavoro realmente prestato intorno alla macchina. I mezzadri così avrebbero partecipato, o meno, agli utili industriali, secondo che avessero lavorato, o meno, intorno aJle macchine; secondo, cioè, che fosse stato abolito, o meno, lo scambio delle opere. Naturalmente, nel bonsiglio di amministrazione di questo Ente cooperativo, avrebbero dovuto trovare un'equa rappresentanza tutte le tre categorie. L'Ente stesso avrebbe poi avuta la proprietà delle mac– chine, e ne avrebbe dovuto anche tenere la gestione: fra i primi atti della quale sarebbe stato quello di de– terminare, in una misura equa per tutti, il prezzo

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