Critica Sociale - XXII - n. 21-22 - 1-16 novembre 1912

334 CRITICA SOCIALE non sono altro nell'anima loro? Quanti rispettabili messeri non trescano, con essa? Non forse è giustap– punto nel seno stesso della famiglia monogamica, e accantÒ ad essa, all'ombra e per effetto, di e.ssa, che la troveremo più sovente e più fatalmente? E non forse_ ciò che pure presenta di più triste l,a vita delle ama– trici mercenarie o profession.ali è dovuto, per la mas– sima parte, al disprezzo convenzionale -ed ipocrita, alla persecuzione vile ed idiota che J.e-circonda e le· insegue? E. perehè, vicev-ersa, qualificheremo « pro-stituzione D - sia pure in senso largo, come avverte il Mandolfo - l'abbandono reciproco dell'uomo e della donna, ugualmente liberi, che la simpatia - •se anche non eterna - che il bisogno fisioJogico, che il desideri'o s,ano e sincero d'amore, che, fosse pure, il capriccio, attrae ed avvince, senza insidie, senza trad-imenti, ,sen– z,a vergogna o menzogna? Forsechè nel piacere ses– suale oondiviso non traluce pur sempre - per chiun– que non sia bruto - qualche lampo di affetto, di te– -nerezza, di riconoscenza, di bontà, qualche raggio, sia pure lieve e fugace, di amor-e e di poesia - qualche cosa insomma di più umano e sano e, vorremmo dire, sociale, che non nella pitocca, arcigna, innaturale, cal– colata astinenza, nel zitellonaggio voluto? Tutti questi interrogativi non pretendono ad essere una forma larvata di affermazione. Non è la propa– ganda dei « facili amori» (non ve n'è davvero biso– gno!) il fine delle nostre parole. Convinti che ogni mo– rale è il riflesso di uno stato economico; e che, finchè duri il contrasto delle classi, che è proprio della so– ci-età capitalistica, non esista ·alcuna soluzione piena e sincera dei conOitti e delle difficoltà che genera il rap– porto fra i sessi, noi non crediamo che a nessuna « mo– rale dell'amore» - nè l'altrui, nè la nostra - possa assegnarsi un valore definitivo. Solo non sappiamo spiegarci il d'onde e il perchè di questo nuovo furore o fervore savonarolesco, che germoglia in tanti nostri giovani, contro il « dolce peccato » - quando in essi la fonte ascetica è disseccata, che in altri uomini ,e in altri tempi lo giustificò. Una sola spiegazione ci si affacci.a. Gli è che l'a– more non si esaurisce nell'amore. Gli è che l'amore procrea. E - soggiunge il nostro Mandolfo - « deve procreare ». -Mail discorso fu g·ià troppo lungo; e - per questa volta - si può interrompere qui. ILLE EGO. A un prossimo Numero: CONTRO IL PRETESO DOVERE DEL « MULTIPLICAMINJ ». M[llADRIA [ BftA[[IANJArn I R~MA6HA VII. taquBstionB dBIIB macchinz trBbbiatrici. (Contln11az,011t) Ilproblema nonpoteva enire isoluto tilmente senon colla cooperazione mista, cioè frapiù categorie. Abbiamo visto che, se, mediante la cooperazione della loro sola categoria, i me:.1zadri av- ssero rag– giunto il monopolio della proprietà e della gestione delle macchine, i braccianti non potevano non aJ.lar– marsi, per il fatto che i mezzadri stessi una volta di più si sarebbero eretti contro di loro come datori di lavoro, e per giunta in una operazione alla quale non avrebbero portato alcun concorso di sforzo fisico. Abbiamo d'altra part!) visto che, se, mediante la coo·perazion_e della loro sola categoria, i braccianti avessero alla loro volta conquistato il medesimo monopolio, i mezzadri avrebbero corsi gravi pericoli relativ11mente alla continuità ed al prezzo di un ser– vizio fra i più indispensabili p~r l'ottenimento di uno fra i prodotti costituenti il loro stesso salario in natura. In fondo, il conflitto, scatente fra le due categorie da una soluzione del problema, basata sulla coope– razione esclusiva dell'una o dell'altra, non era se non una conseguenza ed una nuova manifestazione della profonda diversità di condizioni e del parziale antagonismo di interessi in cui vh'ono entrambe. Una volta dunque che la cooperazione di una sola categoria dava luogo necessariamente ad un dissidio insanabile, non c'era che un mezzo per superare la questione evitando le ostilità: risolverla con una cooperazione non di categoria, ma fra categorie, cioè mista. TiJnasimile soluzione non fu veduta dalle parti con– tendenti, sopratutto perchè non era voluta. Ognuna delle due parti desiderava la guena, perchè sperava vincere. Gli odii personali e le tlpeculazioni dei par– ·titi non potevano tollerare che prevalessero la voce del buon senso e la suggestione delle esperienze e degli indirizzi prevalenti nelle regioni più pro– gredite. Il criterio di ricorrere alla cooperazione mista per evitare i pericoli dei monopolii di categoria non era già un criterio eccezionale, da applicarsi in via ec– cezionale, e per improvvisazione empirica, al solo caso che ci interessa. Ben al contrario, esso costi– tuisce il naturale e pi-ù largo sbocco della coopera– zione di classe. In un primo momento, quando mancano vaste or– ganizzazioni coordinatrici, ed esistono soltanto nuclei isolati, non è possibile altra cooperazione che di ca– tegoria. Essa, del resto, rappresenta già un notevole progresso di fronte alla precedente concorrenza fra i singoli individui della stessa categoria. Ma poi, mano mano che aumenta il numero delle categorie le quali fanno 111loro propria cooperazio°'e; mano mano che i rapporti sempre più numerosi, che ven– gono a stabilirsi fra queste categorie così organiz– zate, dimostrano i crescenti pericoli che per ciascuna di esse rappresenta il monopolio, da: parte delle altre, df!lla proprietà e dell'esercizio di determinati strumenti ed attività economiche, diventa necestlario passare daJ)a primitiva forma della cooperazione di sola categoria, alla forma più complessa della coo– perazione fra categorie Il che si ottiene attribuendo la proprietà dei mezzi di produzione o di scambio, ed affidandone la gestione, ad organismi sempre più vasti, in cui sh,tno rappresentati gli interessi di tutte le categorie, od almeno di quelle più esposte agli inconvenienti da evitarsi. La tendenza a costituire Consorzii di Cooperative, ad attribuire la proprietà dei varii strumenti e delle varie aziende alle Coo– perati ve di consumo, èome quelle che raccolgono il massimo numero di interessati; queste ed altre sono manifestazioni del fenomeno generale al quale ac– cenniamo. Se v'era un caso in cui tale criterio d'ordine ge– n rale· dovesse venire specialmente applicato, era proprio il caso delle macchine tre.bbiatrici. Ciò per– chè il loro monopolio in mano di •una sola delle due categorie avrebbe recati inconvenienti, i quali, se non sarebbero stati, in fondo, di natura diversa da quelli insiti in qualsiasi altro monopolio di cate– goria, sarebbero però risultati più intensi, sia per il pree_sistente conflitto fra mezzadri e· braccianti' (conflitto che, dipendendo dal fatto che i primi sono

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