Critica Sociale - XXII - n. 21-22 - 1-16 novembre 1912

CRITICA SOCIALE 331 l'Olimpo e• ad altre infinite ,congeneri -simboleggiò per l'appunto l'inariità e la sc.emenz.a.delle sognate ri– bellioni dell'umana alterigia alle leggi ~terne dell'es– sere. La spontaneità, e per conseguenza l'amoralità, della massima p,arte degli abti, ,e degli atti più impor- , tanti, della vita - naturalia non sunt turpia, come senteinzia.vano i saggi bisnonni - è la •condizione impr~scindibile dello .sviluppo fisi·ologicq·, della forza, della salute, dell'equilibrio interiore, senza le quali i;:ose non può esiste-re nè altezza di pensiero, nè de– ,licatezza di sentimento, nè ,altruismo di condotta, e l'uomo non potrebbe che rie•scire di peso a se stesso e ai propri simili. Il n'y a rien de moins philosophi– que que de vouloir philosophique toute sa vie, scri– veva qualcuno che se ne intendeva un pochino, e non era. davvero un dannato materialista - Blaise Pascal,. SB non andiamo eITati. Infelice quella stirpe, che pre– tendesse sostituire i.I pensie,ro all'istinto, il miope cal– ,c,oJ,o tentennante e razio·cinante alle imperiose e si– cure suggestioni del bisogno, e de.J piacere nell'eleg– ger•e' le grandi direttiv,e. dell'ésistenza; sciagurata quella progenie, che venisse concepita sotto il fiacco e deprimente influsso di un calcolo morale, .anzkhè nello slancio incoercibile della vo.Juttà. Quanto più schietto e _ irragionevole, tanto più « puro ll. l'* E veniamo al... « vero amore ll dell'amico Mondolfo. Che cos'è, qual'è, il « v,ero amore», e da quali còntras- segni lo si riconosce e 'distingue? ' È un vezzo, è quasi una mani.a, dei filosofi di pro– fessione questo culto del singolare (adottiamo l'ag– gettivo nel significato grammaticale), questo feticismo del p.ovo,;. Ma il p.ovo,;,ma il singoiar•e, è puro arti– ficio, quando si ragiona di un gruppo di f.enomeni, oppure, che è lo stesso, di un fenomeno che ha mille espre•ssioni, comunque d .si ingegni di condensarlo e comprimerlo nella cosidetta « astrazione ll. P,er noi, che, non siamo filo.sofi professionali, ,esistono amori ed ,amori: diremmo che l'amore è di quei vocaboli, dei quali il numero plurale è solo legittimo. Ve n'è infatti cento forme, oento qualità, oento gradi; e non uno che somigli all'altro, e non uno che abbia diritto di presumersi, come tipo, come marca, migliore e su– periore, risp~tto agli a.Jtri o ad un altro. E ,lo stesso amore si rinnova, ·si trasmuta di continuo, non è mai . del tutto il medesimo, pur nella stessa e fra le stesse persone. È per questa mutabilità e molteplicità, è per questa eterna gi,ovinezza, che l'amore ha inebriato· le genera– zioni; ,che ha creato il mondo, che ,lo domina, che lo distrugg•e, che lo rinnova, che lo riproduce. Ah! le classincazioni, le coagulazioni e petrificazioni della scuola! L'amor fisico o sensuale - ,l'amore platonico o spirituale - ,e l'amor .... tadell!), di Bologna, come conclud·eva quel einico di pessimo gusto! Ma son tutti « fisici » e « sensuali », anzichè no, gli amori intesi è praticati sul serio (vorremmo un po' vedere!) •ein mille modi e con mille dosature e venature ed .intrecci di– versi. Dov'è !'«-alto ll, d-0v'è il «basso» in materia d'a– more? Ah: sì! V'è l'imbeci!J.e che si rovina o la carne ·o lo spirito o... il portamonete di•etro una sgualdrinella volgarissima (se.ambiate i sèssi, fa 1o stesso!), e v'è l'amatore g•eneroso e ,sagace, ehe dell'amore, di un amore,· o di più .amori successivi, fa una forza, una gioia, una fonte di creazioni o di azioni' sublimi, per la sua vita, per due vite, per dieci vite. Ma la mora- lità dell'une e la immoralità dell'altro non dipendono dal più o meno di « materiale » o di « morale » che sia in quell'amore ed in questo; ma dall'essere l'un amante un imbeci!J.e, che imbecillizza tutto eiò che se'nte e che, tooca e ehe fa, e l'altro un valentuomo, dal euore saldo e dalla mente nutrita, che nobilita ed eleva ,anehe le cose più volgari che si concede o alle quali si_ concede. Le cose e, vorremmo aggiungere, .ai;iche le persone. Si' dànno amori elevatissimi, ritem– pranti, ,suscitatori, non solo a dispetto od in ragione di una forte e vibrante sensualità, nella quale possono nascondersi le radi-ci di tenerezze ineffabili, di una infinita e ·sempre rinasoente poesia; ma altrest (a pro– posito delJ.a famosa « fusione » delle leggendarie «ani– me gemelle»!) a dispetto o in ragione della più grande dissomiglianw e- d,el m.aggior•e dislivello intellettuale o• morale dei due che formano la coppia. Perocchè anche dell'amore è come dei libri, della musica e dei quadri, nei quali ciascuno legge, ,scerne od intende a seco·rida ed a misura di eiò che ha - oppure non ha - nei sensi e nel cervello; e chi ha molto ha ma– gari per due, e può cantare col poeta di Rolla: Qu'ìmporte le ff,acon pourvu qu'on ait l'ivresse? Liberiamoci dunque dall'archetipo, abbandoniamo la pl'etesa fo.lle e spavalda· di possedere la ricetta del «vero», dell'« unico» ,amore, dell'amore modello, so– praffino, brevettato, approvato dalla Facoltà. Laseiamo queste fisime e queste illusioni alle pallide ed_ucande e .ai poetucoli da Strenna di Natale. Consentiamo bona– riamente ehe, ogni ~more è «vero » a suo. modo e che, anche per -l'amore, come per tutte J.e cose di questo basso mondo, la distinzione più sicura, la sola irrecu– sabile, è tra l'amore che c'è •e ... quello che non c'è, os– sia che si finge, che si ostenta, magari a se stessi. V'è un subis·so d'altre differenze, che tutti conosciamo; per l'indole, per la durata, per l'intensità, pe•r gli effetti ehe l'amore produee, per i sacrifi.ci che costa, le gioi-e che somministra, le delusioni che procaccia ... C'è bisogno di starne a sciorinare !',esemplificazione? Ma tutto ciò ha ben poco da fare con determinati archetipi o idea– lità preconcette, eol pensiero, col proposito, colla vo– lontà meditata degli uomini. Dipende, molto più, dalle . contingenz•e della vita, dalla •salute, dal vigore, dal valore morale di coloro che si amano, dal fortuito combaciare od urtarsi delle loro più intime tendenze, da un complesso di coefficienti e di congiunture che sfuggono ad ogni piano ben congegnato, ad ,ogni anti– cipata e precisa classificazione. 1Ma,per l'amico Mondolf-0- e per i teorizzatori della sua scuola - v'è un earattere saliente, pel quale il « vero amore » si riconosce, o dal quale è reso possi– bile; un caratter,e pel quale soltanto la pa:ssione amo– rosa può elevarsi a un significato morale, superiore ed « umano »: - è la « purezza » immacolata, la « pu– rezza» non tanto dell'amore, ma dell'amante o degli amanti. E non soltanto « morale» questa «purezza» vuol essere,. La parola, per quanto un tantino rugia– dosa e più assai indeterminata, p,otrebbe tuttavia ae– •cettarsi, come sinonimo approssimativo di ingenuità, di sensibilità alta e delicata, di dirittura morale; co– me, termine antitetico alla consuetudine del vizio, del– l'abuso, della ·doppiezw e così via. In verità, c'è tutta una letteratura - quella che si è ,convenuto di chia– mare «romantica» - ehe protesta eontro siffatte li– mitazioni e diminuzioni dell'amore. Per un pezzo, nei romanzi e sul teatro, fu una delle più spiccate carat– teristiehe del « vero amore », quella non solo di alli-

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