Critica Sociale - Anno XXII - n. 16 - 16 agosto 1912

CRITICA SOCIALE 247 du.e alla lista radicale-socialista, perchè la sua me– dia per il terzo Seggio è· di 12.666 (38.000: 3), men– tre la media della lista socialista per un. Seggio è di 12.100. Quindi il resultato complessivo dà tre Seggi alla lista radicale-socialista; uno alla progre·ssista-libe– rale; nessuno alla socialista; e cioè i 38.000 ·elettori radicali-socialisti hanno avuto tre Seggi, in ragione di uno ogni 12.666 voti, mentre i liberali progrns– sisti hanno avuto un seggio per 49.900 voti: ossia i radicali-socialisti hanno ottenuto una rappresentan– za poco meno che quadrupla dei liberali-progres– sisti! Questo dunque il funzionamento, questi i possi– bili effetti del testo di legge votato dalla Camera ·francese; e, poichè esso è stato approvato da una maggioranza decisamente proporzionalista, dopo più di tre anni di lotta accanitamente sostenuta in no– me della R. P., bisognerà pure spiegare per quali circostanze politiche e per quali vicende parlamen- tari ciò sia potuto .avvenire. · .· E ~ale spiegazione ci proponiamo appunto di _çlqre -V1{. sèguito di questo no~tro studio. •, · · Grno BANDINI. ILNAZIONALISMO ALL'ASSALTO DIUNA TERRIBILE ER DITÀ (Per lasuccessione alla cattadra ~elCarducci) La Vacanza, dea indigete nazionale, fa tacer le contese che, dopo la morte del Pascoli, turbarono la maestà degli studi nell'Ateneo di Bologna. Ma non è da dubi– tare che, col tornar dell'autunno, la gazzarra degli stu– denti e dei loro adulatori e mezzani - specie d'affitta– camere e -caffettieri del giornalismo e della letteratura, sempre indulgenti alla "gioventù studiosa,, - ripren– derà, chioccia e molesta, intoi·ho alla cattedra che fu del Carducci. Quali coincid'enze sapienti e che gioconde vendette ha la vita! Proprjo nel tempo in cui-i critici-topi più si sbizzarrivano a contare i peli della cri~iera al Leone prostrato dalla morte, la cattedra, ond'egli parlò per quarant'anni, rimaneva vuota un'altra volta; e la diffi– _coltà di coprirla metteva in luce la grando~za di lui, mostrava il deserto ch'egli ha lasciato sparendo. Può dirsi invero che la sua eredità ha ucciso due uomini in dieci anni. Severino Ferrari piegò sotto il terribile incarco. Giovanni Pa~co!i vide impallidi~e nel- , j ' I • l'a,spro cimento un-poco della sua fama. La.verità parmi sia- il primo omaggio dovuto ai grandi, sopra-ttutto a coloro ·che non han bisogno di adulatrici menzogne per essere in allo e durare. Il Pascoli, squisito e ~pesso grande (sul serio) poeta, umanjsta e filologo eminentis– simo, non fu certo pari, que,le insegnante, al suo nome d'artista. ' Una timidità quasi trasognata e impacci~ta, una esi– tanza stanca, un po' b~ancolante e oscura fino a parere (senz'essere) preziosa, un bamboleggiare a quando a quando, ch'è poi anche il principale difetto dell'arte sua, toglievano al suo insegnamento quella forza sicura, _quel~asuggestione avvivante, quella efficacia irradiante, le quali, come sono i più necessari pregi del maestro, ·cosi eccellevano altisPime in quel principe dei maestri che fu il Carducci. · E del Carducci' può dirsi, appunto dal confronto, e dàlla cresciuta difficoltà di sostituirlo oggi ch'è morto anche il Pascoli, come della quercia: c~e, ·poi ch'è ab- battuta, si vede quant'era grande, e quanto ristoro di ombre spandeva! · In verità, il Carducci fn quello che fu, per la rara complessità della sua figura, per le molte doti ch'egli riuniva, che formavano un patrimonio magnifico, orga– nico, ed ora sono di-sperse, come una eredità malamente divisa, questa all'uno, quella all'altro, s,enza che alcuno possa vantarsi, non dico di possederla tutta quanta, ma di averne, in misura parziale, tutti i vari elementi. V'era in lui l'uomo e l'artista,'an~itutto, fusi insieme: l'unità della coscienza letteraria e morale, ond'era il medesimo, intimamente, nel libro e sulla cattedra, ben– chè sapesse con tanta onestà di disciplina essere il maestro, e solo il maes.tro, nella scuol_a. E, sì lettera-. riamente, sì didatticamente, era poeta, scrittore, critico, polemista, insegnante, con tanta compenetrazione e con tanta armonia; le facoltà native e le acquisite, il genio, l'ingegno, la coltura, la erudizione, il magistero dida– scalico e la virtù comunicativa, erano così contempe– rate ed equilibrate; sostanza e forma, fine e mezzi della sua .attività erano, cosi omogenei, .da cot1t;ituire vera– mente una insigne eccezione,. per la felice coincidenza di varie doti rarissime a trovarsi insieme. Tuttociò poi, animato da ·un càlore di fede, da un·a virile energia di tutto il suo essere, morale e fisico; e completato da un concetto altissimo de' suoi doveri verso la scuola, de' suoi doveri (voglio dire) comuni, quotidiani, umili, del– l'obbligo materiale ch'egli, Carducci prof. Giosuè, ordi– I.lario di letteratura italiana alla Università di Bologna, aveva, come qualsiasi altro più oscuro collega dell'An– nuario, di far lezione, e di far tutte le sue lezioni. Egli era un originale fatto così. Ed era per tutto questo - anche per l'ultima parte - che la sua scuola era scuola di italiano, scuola di poesia e di filologia, ma sc.uola anche di onestà, di semplicità, cti sanità, di lavoro, di dovere. .:* , Oggi -si tratta, un"altra volta, di sostituirlo: e il pro- blema è davvero nazionale, perchè pone l'Italia a far l'esame de' suoi migliori, e l'esame di coscienza di sè, delle· sue tendenze, de' suoi ideali letterari e morali. Sulla cattedra di Bologna - si dice - deve salire ~n poeta, per continuare la tradizione del Carducci. Un poeta? Uno che scriva versi e stampi volumi di rime? Per tale titolo soltanto, sarebbe, secondo la tra– dizione Carducciana -:- alla quale ipocritamente si di– chiara di voler fare omaggio - indegnissimo. Il poeta di professione era, per lui, un individuo inutile e dan– p.oso, ~oprattutto _poi sulla cattedra,' ove· più m~le'fico è il cattivo esempio. Che cosa insegnerebbe ai giovani? A far versi? Mestiere infame, e (d'altra parte) che non s'insegna! Ma ammesso pure che in Italia vi sia oggi un poeta d'ampio volo e d'animo nobile - un "poeta,, insomma, e non un verseggiatore o un musico o un esteta o un istrione - qual criterio sarebbe quello di prenderlo, per ciò solo, e pòrlo su una cattedra di letteratura ita– lianit? A far che? A leggere agli alunni le sue poesie o a declamare quelle ~egli altri - per l'appunto come il volgo ben vestito si figurava che facessero il Car– ducci ed il Pascoli, quando ne ingombrava in folla là scuola, inducendo nel primo ira e nel secondo sgomento indicibili? Ora è degnissimo di nota, perchè armonizza perfet. tamente con tutta la ubbriacatura di Spagnolismo che l'avventura coloniaie ha diffuso in Italia; è degnissimo "\

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