Critica Sociale - Anno XXII - n. 16 - 16 agosto 1912
CnIJ'ICA SOCIALE 255 zione del mondo che presuma derivare lo spirito d·alla natura e pensi che le leggi di questa governino quello. E basterebbe perciò, con l'Hobhouse, col Thomas Hill Green, col Bosanquet. in Inghilterra, con l'Eucken in Germania, col Bergson e col Croce, rispettivamente in · Francia e in Italia, mostrare l'intrinseca contradditto– rietà di questa Weltanschauung, per togliere a tale critica della democrazia ogni fondamento. Ma, senza ingolfarci in discussioni metafisiche, ba– sterà mostrare due cose: primo, che la dett1;1 dottrina · è controvertibile e unilaterale; e, secondo, che, c'om– pletata coi fatti che essa trascura; essa ci permette di· vedere nella democrazia assa.i più che essa non dica di vedervi. Mostrando come io me ne sono redento, spero di riuscfre ad impedire. che altri passi per le stesse angosciose transizioni. Glie la àetta teoria sia controvertibile e quindi uni– laterale, è ovvio a chiu~que pensi che· non v'è regime, per quanto' dispotico ed aristocratico, che non riposi ·sµ di un'.;necessario ·fondamento di democra~·ia.: il con– senso dei governati. Nessun capo, o Consiglio di capi, o classe, o casta, può avere un esercito o un corpo di pretoria~i o un séguito di discepoli e partigiani, se questi tacitamente non s'attendono da esso qualche vantaggio in cambio della loro obbedienza, devozione, ammirazione, ecc.; se non altro, ·questo consenso al loro dominio parrà ad essi 11nmeno peggio di fronte a ogni altro partito che loro si offra. Il che vuol dire che, per essere duci d'uomini, non si può essere mera-' mente se stessi e le proprie ambizioni; occorre ancora saper fare, di se stessi e delle proprie ambizioni, uno stru– mento.d'interessi più o meno universali; per poter coman• dare, occorre saper servire, non solo se stessi, ma co– loro cui si vuol comandare; occorre che il proprio co– mando non paia ad essi mero arbitrio, ma mezzo al conseguimento di fini, che essi riconoscono propri; oc– corre pensare e formulare e rappresentare articolata– mente quel che essi sentono confusamente: occorre esserne, in qualche misura, la coscienza e il cervello, ossia essere non soto se stessi, ma anche toro ; occorre essere servi servorum populi, come, il Papa è servus servorum Dei. E la controvert,ibilità di detta teoria ci porta a ve-· dere che: c'osa le manca. È ben vero che i capaci di governare o di primeggiare, in arte, in letteratura, in · scienza, in cultura, in industria, sono pochi, e che gli incàpaci sono i più, che perciò devono·'rimettersi ai, primi. Ma, anzitutto, ognuno di' noi è incompetente, più o meno, in· ogni arte, ed è capace almeno in' quella ·che esercita; sicchè, poniamo, chi è genio in lettera– tura. può essere asino i.o politica e viceversa. E, in secondo luogo,. sebbene ~ia vero che, ad esempio, io non so fare scarpe, è pur vero che so dire quando le scarpe ordinatemi mi vanno bene o male; in altri ter– mini, gli incapaci a governare sono capacissimi di dire, giudicando dagli effetti che ne provano, se sono bene o male governati; se hanno dai loro governanti ciò che se ne ripromisero nominandoli o tacitamente lascian– doli al timone ; · ossia, se sono bene o mal serviti. É, ad ogni momento, l'intera sor.ietà può essere riguardata come impegnata in una elezione generale, in cui ogni consumatore di beni, ch'ei non sa produrre, ~coglie, conferma o boccia, per così dire, i produttori di valori (economici, 1;1ociali,culturali, estetici, ecc.) corrispon– denti. In questa guisa, è alla sbarra del t~iburiale degli incapaci che i capaci si rivelano; e senza di essa le éliles, da aristocrazie aperte e permanentemente sele– zionate, diverrebbero caste chiuse; la circolazione delle aristocrazie cesserebbe. Inoltre, .anche se la struttura resta sempre la stessa, ' cioè una sintesi di aristocr.azia e di democrazia, ·non è indifferente che il · sangue,· che per essa ci;éola, sia buono o guasto; e i nostri ·critici hanno il torto gran– dissimo di prender.e la democrazia· come fosse anzitutto un congegno e non già, anzitutto, uno spi~ito; essi concentrano la loro attenzione sui meccanismi e trascu– rano le energie motrici.; analizzano il corpo e, C(lm'è naturale e ci disse perfino Mefistofèle nel capolavoro Goethiano, si lasciano sfuggire l'anima. Ora, è ·sempli– cemente ridicolo pensare che i nostri padri si siano rivoltati contro l' ancien régime semplicemente per amore del suffragio universale, di questo o quel modo di votare, di questo ò quel tipo di Parlamento o di scrutinio; il vero si è che ·essi videro in questi mecèa– nismi qualcosa di più atto, che non, i meccanismi del– l'àncien régime, a permettere che la vita sociale si la– sciasse plasmare dallo spirito 'di giustizit: ia 'ciii'diò. crazia fu per essi la negazione di privilegi irragionevoli perchè scompagnati da proporzionali responsabilità. In altre parole, ciò che coloro, che l'amano, ·amano nella ·democrazia, è l'ideale etico, incarnantesi in leggi, isti– tuzioni e costumi, fecondante incessantemente la storia, vero e proprio " sale della terra ,,. • E allora, se la democrazia è, nella sua essenza, l'ideale inorale operante nella storia, noi possiamo facilmente renderci ragione del granchio preso da tanti illustri sociologi. Ad ogni momento, nella storia, l'ideale ger– moglia come la negazione d'un'ingiustizia; in periodi, in· cui il tutto sociale preme oppressivamente sull'au, tonom.ia individuale, es8o assume forma individualistica e, nella sua espressione estrema, diviene atomismo; vede gli alberi singoli e non il bosco; in periodi, in cui questo individualismo mi.naccia di divenir dissol– vente, l'ideale etico opera in senso opposto - sociali– stico, starei per dire -· e contro l'arbitrio individuale afferma le ragioni supreme del tutto sociale, fino a . vedere soltanto il bosco e non gli alberi. *** La deµiocrazia contemporanea ha Jma ideologia, de– rivata dalle correnti intellettuali del secolo XVIII, in reazione contro l'accentramento amministrativo del– l'ancien régime e fiduciosa che il massimo bene di tu~ti sarehbe il risultato automatico della eliminazione •di istituzioni,• cozzanti ·contro ·-l'istint0 'péT cui ogni· rfi– dividuo, lasciato alla propria ragione, cerca il massimo piacere e il minimo dolore; sia essa liberale o socia– lista, le sue form9le fanno appello all'interesse della maggioranza attuate, o almeno all'interesse di classe. E, d'altra parte, questa stessa democrazia trov·a contro di sè il fatto, che la storia della grande industria·, la legis'azione operaia, lo sviluppo dei trusts, le accresciute esigenze igieniche, sanitarie, culturali, ecc., mostrano che, ad ora ad ora, l'interesse di questa o quella classe, di questo o quell'individuo, può trovarsi in antitesi con l'interesse generale e permanente della nazione. Questa non è dunque solo la sommà •di piacere o di vantaggi. misurabili; di qui l'antagonismo tra la for– mula utilitaria e individualistica della democrazia e la sostanza della vita nazionale ccime organica e superin– dividuale. Di qui il problema: come pretendere dall'in– dividuo u.na lealtà assoluta verso la patria, che può .esigere anche la sua vita? Il nazionalismo èrede •di risolverlo pòl fare appello
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