Critica Sociale - Anno XXII - n. 16 - 16 agosto 1912

250 CRITICA SOCIALE vasta clientela possibile - quindi di vendere al pubblico. ·Cooperative autonome o federate? - Il quesito non si porrebbe neppure, senza quel " detestabile spirito di particolarismo locale n,.che Vandervelde deplorava nel Belgio, e che, ivi come in Francia e in Jtalia, trattiene la maggior parte delle Coope– rative di consumo in quello stadio arretrato, che è paragonabile all'artigianato nella produzione, e che è, del concetto stesso di cooperazione, la n'e– gazione perfetta. La cooperazione dee proporsi soltanto di " fare del commercio ,p o qualcos'altro e di più? - Senza dubbio. deve essere anzitutto abile e accorta com– merciante; altrimenti, l'etichetta operaia e socia- 1 ista, non la salverà dal disastro tecnico e finan– ziario. Ma, raggiunta la solidità amministrativa, non può avere, unica o principale mira, il profitto. E valga l'esempio dei socialisti belgi, che, impres– sionati dalla grande opera di educazione compiuta dai Sindacati teclesch-i, si sforzano di dare alle loro Cooperative còmpiti nuovi, di farne altrettanti ~tnrnwnti. per ,l'irrobus,tjmento tisico e ,intellt:1~tuale del proletariato, utilizzandone i profitti per isti– tuire dovunque Case del popolo, sale di ginnastica, campi di giuoco, biblioteche,corsi di conferenze,ecc., che formino una aristocrazia di propagandisti, gio– vani, ardenti, illuminati, e facciano, della scienza volgarizzata e diffusa, un'arme di redenzione dei lavoratori ( 1). . Pu6 il personale delle Cooperative sostenere con lo sciopero le sne richieste di miglioramento, come il personale di qualsiasi azienda ,privata? - La questione, grnssa, non è ancora risolta .... in Fran– cia come in Italia, forse perchè ivi il sindacalismo, ave_ndo iii mira il problema dell'organizzazione della produzione dal solo punto di vista del pro– duttore, non da quello dei consumatori, considera le Cooperative cogli i1ientici criterii di lotta <ii classe che autorizzano lo sciopero e il boicottaggio contro le comuni imprese capitalistiche. Non scerne la· differenza sostanziale che pas3a, a questo ri– gnardc,, fra i due organismi. Il problema, largamente analizzato da C. Muts– chler nel Mouvement Socialiste (2), ne in volge un altro anche più vasto: se cioè, per la soluzione del problema sociale, l'interesse dominante debba essere quello del produttore, o quello del consu– matore. Pel Mutschler è fuori di dubbio che " nè le as– sociazioni di produzione autonome, nè il federa- 1 ismo ;;indac~lista, possono formare la base di una organizzazione rlelia produzione, perchè in cbteste forme ciò che domina è l'interesse del solo pro-. duttore; finchè ciò si verifica, fiuchè, cioè, fra pro– duttore e consumatore, fra venditore e com,pra– tore, sussiste antagonismo - e sussisterebbe, per forza di cose, anche a rivoluzione compiuta - l'uno potrà semprè essere sfruttato dall'altro_. Affi– dare quindi ai produttori la cura di organizzare la produzione, significa andare incontro a conflitti .inestricabili ,,. Invece, " ciò che costituisce il segreto e la in– vincibile superiorità delle organizzazioni di consu– matori, nonchè di fronte alle associazioni di pro– duzione, anche in paragone alle granrii azien,lfl e ai cartelli del capitalismo, è che quelle, clispo– nendo degli sbocchi, ossia della gran massa dei consumatori, in qualsiasi conflitto con produttori o coalizioni di produttori, hann0 modo di tenerli (l) ALFONSO OCTORS, nel Pellple, JO novembre 19ll. (2) Fascicoli di aprile, maggio, giugno 1911. in iscacco, organizzando esse la produzione, acqui– stando campi, piantagioni, officine, commettendo forniture· su vasta scala, coalizzandosi coi magaz– zini all'ingrosso di altre regioni e - poichè l'in– teresse del consumo s'identifica con quello delle grandi maggioranze - premendo con esse sui, Go– verni per spingerli contro i lntsts del capitalismo internazionale "' " La potenza dei consumatori - dice il Mutschler - non ha limiti. La questione è unicamente rii organizzazione "' E' da un analogo punto di vista che il nostro Vergnanini può. scrivere, nella Coope1·azione Ita– liana del 6 luglio, che, delle varie forme di coo– perazione," quella che meglio esprime il principio cooperativo e della solidarietà. è la cooperazione di consumo, in quanto essa offre a tutti gli uo– mini una piattaforma sulla quale i loro interessi si fondono in un ·solo: · l'interesse di ottenere la maggior quantità, la migliore qualità di prodotti e le più gradevoli soddisfazioni, al minor prezzo possibile. La cooperazione di produzione e lavoro, rappresentando esclusivamente l'interesse, dei pro– duttori (siano pure lavoratori diretti), porta iu sè latente- lo stesso germe egoistico della speculazione privata:, in quanto essa si propone di ricavare dai suoi prodotti il maggior profitto possibile, non ·a vantaggio di tutti gli uomini, ma solo dei propri– soci ed adepti. Si potrebbe, a questo proposito, parafrasare un vecchio aforisma politico: se la produzione ci dividé, il consumo ci unisce,,. Ora, sebbene il rincaro dei viveri abbia, in qualche modo,, spostato il centro del problema soçiiale dai produttori ai consumatori, il concetto del Mutschler, come del Vergnanini, sembra a noi troppo unila– terale ed esclusivista. (E' il difetto, come è del resto la forza, degli apo·stoli di un principio). In– vero, supporre che il moltiplicarsi delle Coopera– tive di consumo, abilitandole, a poco a poco, a disporre anche dei mezzi di produzione, possa rie– scire all'espropriazione del capitalismo, significa sottovalutare la formidabile e sempre crescente potenza di sfruttamento del capitalismo industriale' e bancario, ben più veloce e vorace del capita– lismo cooperativo. .1• La cooperazione ~ bene scrive il Levy nella Remte Socialiste dei 15 marzo - non impedisce al lavoro di rimanere una merce, la quale, come il consumo e come i mezzi di produzioµe, si tras– forma in valori capitalistici a profitto di coloro che detengono. i capitali e che organizzano la pro– duzione. Con. essa, quindi, non si uccide il mo– stro,,. Ma lo· stesso scrittore riconosce - e anche in ciò consentiamo - che " la cooperazione crea ambienti di attraziL•ne economica, di capitale e (ii credito collettiv,,, sviluppa la legittima fitlucia e la personalità morale dell'operaio, e costituisce una organizzazione attuale, attiva, senza la preoc• cupazione del dividendo, senza il diritto aequi– sito ,,. Può costituire, insomma, un embrione per l'or– ganizzazione del domani - un mezzo di educazione e di addestramento per l'oggi - e, insieme ad altri, un poderoso strumento di trasformazione sociale. Non è poco, e potrebbe bastare per l'incoraggia– mento e l'onore dei cooperatori socialisti. Pure non sembra che basti. E, dacchè la que– stione è riaperta e agitata con tanto fervore, e vor– remmo che ai lettori della Critica stessero tutti dinnanzi i dati essenziali dell'interessante problema, segnaliamo alla loro attenzione il notevole studio di F. Standiger, nella Konsumgenossenscha/Uiche Rundschau (20 maggio 1911), riprodotto dalla Revue Socialiste (15 febbraio u. s.), il cui titolo: L'oi•ga-

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