Critica Sociale - XXII - n.10-11 - 16 mag.-1 giu. 1912

170 CRITICA SOCIALE scirono a vincere contro la tesi dei braccianti cosi– d4=ltti" rossi »· Se non si accetta la ipotesi sempli– cista che i proprietari ed i mezzadri cosidetti " gialli ,, abbiano agito in quel dato modo perchè erano di fede rispettivamente conservatrice o repubblicana, e se non si creda sul serio che i mezzadri ....,.cioè la categoria più apolitica che si possa immaginare - si siano comportati come tutti sanno per ragioni di par– tito, anzichè per profonde ragioni di materiale inte– resse; si deve riconoscere che tutta la precedente e concomitante situazione economica,. dei proprietar', dei mezzadri e dei braccianti non può non avere grandemente influito sulla impostazione e sulla so– luzione del problema. Se, per esempio, i braccianti non avessero avuta da tempo l'idea ingenua ed as– surda di " abolire " la mezzadria, e di ridurre.a brac– cianti i mezzadri, nè questi ultimi avrebbero forse esplicata, contro le domande dei primi in materia di trebbiatrici, la nota resistenza, nè, inversamente, i primi vi avrebbero tanto insistito. D'altronde, se anche l'assunto dei braccianti fosse stato conforme ai principi astratti della cooperazione, restava sempre a decidersi se esso era praticamente opportuno. A,. vevano i braccianti la forza pe1: imporre la loro volontà? In caso favorevole, sarebhero i risultati stati tali da compensare lo sforzo? Evidentemente, una risposta a tali quesiti non poteva e non può es– sere data, se non prendendo iu esame tutto l'am– biente economico-agrario in cui l'azione doveva svolgersi. Dunque il lato cooperativistico e il lato teénico– agrario della questione delle trebbiatrici sono inse– parabili l'uno dall'altro. Considerare soltanto il primo significa porsi in una via senza uscita. I socialisti e gli organizzatori dei braccianti hanno posto male il problema delle trebbiatrici per molte • ragioni. Ma una delle principali fu appunto questa: che essi o non hanno valutato, o hanno valutato assai male, il secondo de' suoi due aspetti. La gravità di tale errore si riallaccia del resto alla impreparazione ed ai pregiudizi che abbiamo veduto essere loro proprì nelle materie agrarie. La questione ed i proprietarii. Come a suo tempo notammo, i socialisti e gli or– ganizzatori dei salariati hanno da principio conside– rata la questione quale un rapporto fra soli brac– cianti e soli mezzadri: cioè fra due categorie della sola classe lavoratrice. Non hanno affatto pensato che anche la classe dei proprietarì della terra potesse avervi un interesse, e portarvi la propria influenza nell'uno o nell'altro senso. . Naturalmente, quando i proprietari hanno incomin– ciato ad intervenire, era impossibile non accorger– sene. Ma il non ·aver preventivato a tempo la loro linea di condotta costituiva ormai, nella lotta già impegnata fra mezzadri e braccianti, una enorme causa di debolezza. Per esercitare la loro funzione, le trebbiatrici de– vono essere introdotte nei singoli poderi in cui si trova il grano che è necessario " battere »· Sebbene la responsabilità della trebbiatura spetti, per legge e per consuetudine, al mezzadro, sorge dunque la questione se il proprietario non possa limitare la libertà del mezzadro stesso nella scelta della mac– china, ed in molti altri atti della complessa opera– zione, servendosi così del suo diritto generico di proprietà, come, e specialmente, del fatto tecnico concreto che la trebbiatrice deve entrare material– mente nel suo podere, cioè attraversare determinati passaggi, e penetrare in un determinato terreno cinto e protetto da determinate siepi. Dal punto di vista sociale si manifesta una grande ed essenziale differenza tra le macchine industriali e le macchine per uso agrario. Se un gruppo di lavoratori, ad esempio, acquista alcuni strumenti per lavorare i cappelli cooperati– vamente, nessuno può loro impedire - quando ab– biano trovato il terreno su cui impiantarsi - di lavorare per i clienti che troveranno. Non sono i cooperatori che devono andare a lavorare nelle case e sulle terre dei clienti, ma sono i clienti che de– vono recarsi a commettere il lavoro nella sede dei cooperatori. La legge non consente ad un proprie– tario di un dato podere il diritto di vietare al proprio colono di rivolgersi, come consumatore e fuori del podere stesso, all'opera di chi meglio gli piaccia. E, se anche il proprietario volesse introdurre un abuso in tal senso, il semplice fatto che la libertà del co– lono si espliche rebbe fuori del podere gli toglie– rebbe il mer.zo materiale per farlo prevalere. L'inve rso avv iene per le macchine agrarie. Perchè operino, bisogna portarle su ogni determinato po– dere. Dunque, un gruppo di lavoratori che voglia gestire cooperativamente una data macchina agri– cola, dovendo recarsi direttamente su ogni dato podere, deve fare i conti non soltanto con il colono che volesse chiamarlo, ma anche col proprietario. Invero, il proprietario, trattandosi di una macchina che ileve entrare nel suo podere ed operare sopra un prodotto che in parte gli appartiene, può far pesare la sua volontà, sia perchè la legge, cogli ar– ticoli che regolano la mezzadria, gli consente certi diritti, sia perchè le condizioni materiali, che ab– biamo visto essere la premessa del lavoro della mac– china agricola, gli facilitano grandemente i mezzi con cui far rispettare i diritti 'medesimi. Egli non può vietare al proprio colono di servirsi, come con– sumatore e fuori del fondo, presso chi crede; ma, per le inverse ragioni, può · facilmente ostacolare o addirittura impedire il colono di servirsi di una data macchina agricola, una volta che essa deve entrare nel suo fondo. A questa circostanza se ne aggiunge indissoluhil• mente un'altra. Nel caso delle macchine industriali, il colono è quasi sempre consumatore del loro prodotto o del loro servizio in un modo indipendente dal padrone. Si tratti di cappelli, di forbici, di cuoi o d'altro, il mezzadro può rivolgersi ai gruppi cooperativistici che li ricavano, in quanto di quella merce o di quelle merci si serve in modo autonomo per l'uso proprio e della propria famiglia. Egli acquista qµelle merci . o si procura quei servizi erogando la parte dei pro– dotti agricoli in natura che ha già diviso col pa– dro{!e: in quanto quindi si è già. svincolato da lui. Nel caso invece delle macchine agricole, il colono è un consumatore del loro servizio in quanto esse trasformano un prodotto in natura non ancora spar• tito fra lui ed il padrone. Egli, dunque, è ancora legato al padrone, perchè deve trasformare un pro– dotto su cui anche il proprietario ha dei diritti, come interessato alla azienda. Riassumendo, nel caso delle macchine industriali, un colono, essendo consumatore del loro servizio solo per proprio conto, e fuori del fondo padronale, può benissimo rivolgersi a chi crede. Nel caso invece di macchine agricole, il colono, essendo consumatore del loro servizio insi~me col proprietario, e sul fondo di quest'ultimo, non ha più la medesima libertà. Nel primo caso, l'ac_cordo fra il bracciante ed il colono può essere sufficiente; nel secondo caso, ha un va– lore giuridico ed economico scarso o nullo, quando non ~ia sanzionato anche dalla volontà del proprie– tario del fondo. . Quando, dunque, sulla base di queste condizioni di fatto, e servendosi di determinate interpretazioni giuridiche, i proprietari intervennero nel conflitto

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