Critica Sociale - XXII - n.10-11 - 16 mag.-1 giu. 1912

CRITICA SOCIALE 165 --------------------~- 11 sindacalis~o non conosce, non vuol conoscere causalità, rrè quindi leggi; nè ammette perciò _'.. come l'ammetteva, Marx - un necessario processo del capita~ismo. La na~ura e ~a.storia sono per esso come up immane ed mesaunbile prodursi di « co- 1~ine:iamenti assoluti», di centri energetici o germi v1tah, che senza posa: erompono, a iniziare cicli di novelle esistenze, cioè novelle serie di cangiamenti infiniti. La volontà - sì individuale che collettiva - è il cominciamento assoluto per eccellenza, è I la più libera, la più creatrice delie forze, la quale s'inserisc~ fra le preesis!ent~, 3: dare nuovi impulsi, · a de!ermmare nuove direz10m, a produrre nuovi· .effetti. Il mondo è una continuità fatta di disconti– nuità. Ora il proletariato può, appunto, mediante la sua volontà, operare nella storia un cominciamento as– solu~o,. ci_oè_creare consaputa!Ilent~ condizi~ni, rap– porti, 1stituti, ·del tutto nuovi e rispondenti al suo essere soçiale ed alla rappresenta~ione che di que– sto esso s1 fa. La volontà sua acqmsta cosi una fun– zione rivoluzionaria di prim'ordine. Tutto si può: purchè si voglia, purchè si voglia volere. Il socia– lismo diventa un problema di capacità e di forza cli ~olere: ~' que_l ch'è più, un problema attuale, e d1 attuale soluz10ne, sol ·che la volontà sia desta e Rronta. Darle vita, sviluppo, ardimento è il còm– pito d'oggi. Bisogna che il proletariato voglia. In qual modo si compie il prodigio? . . . Il mito è il sublime motore della volontà : in esso son tutte le nostre speranze, perchè in esso è l'av– venire. Il mito è la fantastica e verace proiezione, del. senti~ento, del ?esideri?, della psicòlogia col– lettiva; è 11castello ideale rifulgente delle più vive aspirazioni e de' migliori sogni d'una vasta uma– nità. Al suo fuoco l'uomo accende l'anima e l'azio– ne; nutrito della sua luce, egli osa e vince. Lo scio– pero generale è appunto il mito racchiudente in sè 1~".isione del S?cialismo : cioè, un organismo d'ima– gm1, capace d1 evocare, con la forza dell'istinto, tutti i· sentimenti che corrispondono alle diverse ir.tanifestazioni della guerra impegnata dal proleta– riato contro la società moderna. Per mezzo suo noi d_un9ue otteniamo la compiuta intuizione del so– cialismo; e, da ciò, lo sprone a volere. Il mito è tutto in questa funzione pratica. Può accadere che niente, di· ciò che contiene, si effettui; ma ciò non importa. Il suo scopo è raggiunto, allorché s'è dis– frenata l'azione, e s'è indirizzata in un certo senso. Il mito non è fatto per riprodursi nella realtà: ma per gene-rare, dominare, guidare l'azione. Esiste una eterogenesi dei fini, per cui c'è divergenza tra fini d?ti e fi~i effettuati. L'uomo, che vuole il mito, rag– gmnge m realtà una inèta, che n'è una contraffa– zione. Ma, per P<?ter_raggiungere quella mèta, egli dev_e~ver vç,luto 11m1_to.Per poter raggiungere un soc1ahsmo, Il proletariato deve aver voluto il soèia– lismo. · . Il sin~acali~mo è antidemocratico: Si potrebbe du· megho eh è contro la degeneraz10ne democra– tica, o, fo_rs'anche, contro la d~~ocrazia in quanto degeneraz10ne. Questo suo spmto fa parte della sua filosofia. Egli_l'ha acuito sino al punto da con– centrare quasi tutti i suoi sforzi nella lotta contro la democrazia. Da antidoto, ha· minacciato, di di– ve_n1:3rne l'ai:i,titesi, e di confondersi coi propri ne– m1c1. Ma, smo a quando tale roinaccia non è ap– parsa in tutto il suo pericolo, l'anima socialista s'è vedut_ain esso rappresentata con sufficiente ampiez– za e fedeltà. Era certo una nuov.a e pericolosa filosofia, di cui essa faceva la cdnoscenza e si offriva all'amplesso. Marx, in parte riabilitato, Ìn parte travolto palpi-·. tava ancora. Ma, nella coscienza teorica deÌ socia~ lismo, quantum mutatus ab Ìllo! * ** Il sindacalismo ha portato, nella vècchia conce– z~one socialistica, qualcosa di nuovo, d'inusitato, di dissolvente: l'indagine psicologica. Qualche cosa, . dunque, che Marx aveva profondamente ignorata, e _sulla quale nessuno s'era mai, dopo di lui, fer– mato, intento com'era a studiare il « socialismo ob– biettivo », ossia il· divenire automatico della società ideale. Rispetto al socialismo tradizionale, il nuovo punto di vista è essenzialmente rivoluzionario. Il socialismo dì Marx fu, in fondo, un intellettua– lismo economico. Il positivismo lo esasperò ineffa– bilmente. La reazione, già latente negli spiriti, non tardò. Sincronamente àl trionfo. fildsofico dell'anti– intellettualismo, del pragmatismo, del volontarismo, trionfò, nel socialismo, il sindaçalismo. È questo che, facendo del socialismo un mito, ossia risolven– ci<?lo in un fatto di 'fede ed. in problema cli volonlà, elimina per sempre. la necessità ed il pericolo della scienza e della storia, che Marx aveva fuse ed espresse in una necessaria legge di sviluppo ciel capita~ismo. Riconosciuta,,su'!)erflua -=- se non fial– lace - tale legge, riconosciuto il campo psicologico quale campo proprio di vita e cli sviluppo del so– cialismo, questo è posto al riparo eia tutte le sugge– stioni dell'economia, dagli assalti della statistica, dalle insidie· della dialettica. Il socialismo è fede, e come tale rion muore, non può morire. Il sinda– calismo ha detto questo. Ha affermato 1~ vitalità del socialismo. Ma il socialismo non è solo fede, non si esaurisce nel mito. C'è ·un mito, e c'è il prodotto della vo– lontà infiammata da esso; c'è un mito, e c'è il suo deposito, il suo precipitato, umile, trasfigurato, ir– riconoscibile. Il sindacalismo separa, dunque, ciò che Marx, nel suo potente atto di fede, aveva cosi graniticamente unito: il socialismo e la storìa, l'aspi– razione dell'anima e il movimento della realtà. Sorel · ci dice che la storia resta storia, e che il socialismo non- è un fine, come in Marx, ma un mezzo che potenzia e dirige l'azione; che, fuori le coscienze ed oltre l'azione, non esiste più: è il nulla. ·E allora, volere il fine non si può, se non volendo il mezzo, cioè lo strumentò della volontà. Occorre quindi volere, per poter volere. Il circolo vizioso è evidente; e il tentativo è vano, Il mito è essenzial– mente spontaneo: è sublime creazione dell'inconscio. Nasce con la fede, e dalla fede è vissuto. La « vo– lontà d_i credere» è formola inutile, talvolta 'ipo– crita, spesso nociva: .come formala di moda, può e~se'. J:i1;1~na, tutt'al più, per qualche docile psicolo– g1à md1v1duale.... Il sindacalismo si esaurisce cosi nel teorizzare la necessità di un conato almeno infruttuoso. Troppo bene esso ha fatta l'anatomia del socialismo, rile– vandone il contenuto psicologico, in contrapposto al preteso contenuto obbiettivo e meccanico attribui– togli per l'innanzi. Ma ha avuto paura di aver trop– po conosciuto il socialismo; e, per assicurarselo, quando tutto ruinava, è ricorso al rimedio eroico della volontà sovvertitrice, accesa dal lampo di ma– gnesio del mito. Sublime sogno, che sembra uno sforzo supremo. Dinanzi ad esso, cosi titanico, così disperato, cosi fulmineo nella sua effettuazione, impallidisce anche la visione catastrofica di Marx - complessa, cal– ma, sicura. Marx attendeva il socialismo dalle cose e dagli uomini; il sindacalismo attende, dagli uo– mini soltanto, quel che non è più socialismo ... Una grande metamorfosi s'è compiuta: il punto di vista marxistico è stato decisamente superato, ed il socialismo è divenuto - pel proletariato - pro– blema esclusivo di forza e di volontà : forza di ne– gaz10ne e di costruzione; volontà, non di raggiun-

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