Critica Sociale - XXII - n.10-11 - 16 mag.-1 giu. 1912
1(;4 CRITICA SOCIALE il dubbio, e non già, e non ancora, una fede nuova. Era forse, appena, il ribalbettare d'una fede vec– chia: chè, talvolta, è il passato che muove guerra al presente: e allora l'avvenire è qualcosa che su– pera entrambi. L'ora del socialismo scientifico - che visse nel e del positivismo - era _suonala. La storia della ideologia socialista non è già la storia del senti– men'to elementare onde consiste il socialismo, sem– pre eguale a se· stesso, [inchè c'è; bensì è la storia (ch'è continua metamorfosi) di ciò ch'è coscienza riflessa, aspetto intellettuale, psicologia mondana del socialismo. È cotesta la sua veste di parata, la quale muta col mutar dei tempi. Si chiamò, un gior– no, socialismo « scientifico»; e cadde col positi– vismo. Non che la critica si fosse rovesciata su lei, fa– cendone oggetto preciso dei suoi assalti; gli è che essa fu in e.risi, perchè fu in crisi la filosofia on– d'era intessuta. La psicologia positivistica del so– cialismo - quella delle leggi granitiche e fatalità storico-economiche - si sentì terribilmente scossa, aHorchè fu scosso· il positivismo, intuì l'imminente rovina, e fece, quasi da sè, nel suo intimo, quel– l'opera di revisione che nessuno. s'era mai curato di fare esplicitamente. V'è un'attività, un lavorìo critico, che si compie malgrado ogni contraria vo– lontà, malgrado ogni denegazione, e del quale, a volta a volta, appaiono soltanto, imprevisti e terri– ficanti, i nudi resultati. Quel lavorio, quella scar– nificazione avvengono contro ed a dispetto di noi stessi : noi ci troviamo in presenza d'un fatto com– piuto, che giammai abbiamo provocato: ci troviamo cambiati a nostra insaputa. Un giorno noi affrontammo dentro di noi, con l'inconsapevolezza degli atti indeprecabili, la temuta scienza, sulla quale fondavamo la salda certezza del nostro socialismo, o la sottoponemmo a quella cri-· Lica, cui la rinnovantesi atmosfera intellettuale ci spingeva riluttanti, cui nolenti ci spronava la nostra stessa fede, scoloritasi nel tempo, e avida di nuovi sostegni, di controlli sicuri, di precise, prossime, e sia pure meno promettenti, visioni. Ma la scienza non resistè all'urto, vacillò. Sotto la sua maschera impassibile, sotto le sue rigide costruzioni, rifulse improvvisa la sua anima di fede - ch'era il nostro socialismo. Noi, in noi stessi, ne strappammo l'ac– conciatura, ne scomponemmo il meccanismo, ne scoprimmo il motore. Per la prirria volta, forse. Quel giorno, dunque - nel quale lq. scienza crol– lava - il socialismo si pose in grado di conoscere se stesso. E, smarrito, fu indotto a vedere, da un lato, la propria fede, dall'altro un nudo movimento operaio. Fu un disinganno, amaro assai, per chi quella fede ormai non riscaldava più. E fu una cura affannosa di consolidarla, comunque, anche artifi– ciosamente, per chi di essa comprendeva tutta l'im– portanza suscitatrice. Il mondo socialista si spezzò. Questi ricorsero al «mito»; quelli, in gran parte, lrnttaron via la fede, e vissero alla giornata. .Di questa tragedia intima del socialismo or dun– que vivono due documenti insopprimibili, che son poi ~a più rilevante espressione del pensiero e della pratica dopo :Mnrx: il sindacalismo ed il rifor– mismo. Ignoro se il sindacalismo sia mai stato cosi m– teso : !Ila esso è per me la prova spasmodica dell'im– provviso trovarsi del socialismo dinanzi a se stesso d~lla repentina visione della propria essenza di fede'. P1ù che prova, è la forma medesima del socialismo risolto _innoi stes;i: d! quel socialismo, rispetto al qual.e s na. 1111 po tutti, operato come Kant rispetto a D10. Il sindacalismo s'è fermato ai dati dell'esperienza: alle / orze economiche esistenti; e su queste ha con– tato. Non è andato oltre. Ha annullato tutto il resto: induzioni, previsioni, profezie. Il suo punto di par– tenza - come quello del riformismo - è essenzial– mente realistico: fenomenico. Esso perciò astrae volentieri da quella che Marx chiama la legge di sviluppo della società capitali– stica, e più precisament.e dalle condizioni esterne della nuova formazione sociale : dai due fatti, in ispecie, meccanici e paralleli, della concentra7,ione industriale e della crescente proletarizzazione. Con- . sidera, è vero, un processo di sviluppo; ma è lo sviluppo - ginnastica, esercizio, tirocinio - delle facoltà rivoluzionarie del proletariato: sviluppo, ch'è poi una creazione ex-novo, slancio vitale - secondo la terminologia bergsoniana - della nuova formazione sociale, rappresentata dal Sindacato. Il sindacalismo riconosce - per bocca di Sorel - che il « proletariato » è, in fondo, un dato della teo- • ria, e che, in realtà, esso è frammentario, vario, agitato e dissipato da movimenti d'interna concor– renza; e nori s'illude che tutto ci0 possa scomparire, tranne, forse, nei momenti di azione intensa e sov– vertitrice, nei quali più forte si esercita il fascino del mito socialistico. Se qualcuno vuol avere, di questo mito, una fulminea rappresentazione sinte– tica, pensi allo ·sciopero generale. S'è riportato a Marx: ma non in altro che nella indagine del mondo presente, nella dichiarazione dei dissidi che sconvolgono la società borghese, nel– la scomposizione di questa metaforica unità ne' suoi elementi senza tregua combattentisi, nella delucida– zione del processo di formazione del proletariato e dell'insanabile scissione tra l'uomo e i mezzi di produzione. Il modo, onde la società borghese lan– cia il suo ponte verso l'avvenire socialistico, il sin– dacalismo, a differenza· cli Marx, ha tralasciato di considerare; o, meglio, l'ha considerato in una ma– niera, la quale, mentre rende inutile le previsioni e superfluo il meccanismo marxistico preparatorio del supremo « momento rivolmionario », pone il socialismo in una luce del tutto nuova e straordina– riamente interessante. Il sindacalismo rappresenta il socialismo rivestito della corrente filosofia indeterministica : una nuova trasfigurazione filosofica, dunque, del socialismo. Ed una trasfigurazione notevole, in quanto lo dis– solve, nello stesso tempo che pensa di restaljrarlo,. lo rivoluziona, cioè, nel suo carattere tradizionale, nello stesso tempo che afferma di fissarnè l'essenza. L'indeterminismo ha tutta una storia : sia esso semplicemenl~ fisico, col De Saint-Venant, col Cour– not, col Boussinesq, col Delboeuf, col Naville; sia esso volontarismo contingentistico, col Maine de Bi– ran, col Renouvier, sino al James, al Boulroux, al Bergson. Esso s'aggira intorno a due centri d'idee, che costituiscono i suoi intenti più importanti: da un lato, negazione o diminuzione del principio di causalità, del concetto di legge, affermazione della libertà dell'atto volitivo, episodio culminante della contingenza esistente in natura, in altri termini, af– fermazione della supremazia dell'elemento qualita– tivo, libero, variabile, sulla quantità, sulla fissità, sulla legge; dall'altro lato, esaltazione dell'ordine pratico d1 fronte all'ordine teorico, della volontà e della moralità di fronte alla ragione e alla scienza, in altri termini, riconoscimento e giustificazione del valore pratico di ciò ch'è prodotto ideologico e in– sieme materia di fede. Da ciò il sindacalismo ha tratto i cardini della propria dottrina : la volontà rivoluzionaria e il mito dell_o_sciopero generale e, a. maggior ragione, del soc1ahsmo. Il resto, e specialmente l'aggressione alla democrazia, è contorno, benchè necessario.
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