Critica Sociale - XXII - n.10-11 - 16 mag.-1 giu. 1912
CRITICA SOCIALE 163 proletariato, chi mai potrà far a meno di Marx? chi mai potrà interamente sostituirglisi nel ricercare ed illustrare una legge di sviluppo del capitalismo, la quale, meglio di qualsiasi altra, dia l'impressione che realmente la società, in cui l'attuale classe lavo– ratrice sarà assurta a classe dominante, sarà proprio •il socialismo, sicchè la mèta storica del proletariato coinciderà con la mèta ideale dell'umanità? Purchè sia salva la spina dors·ale di questa dimo– strazione marxistica, Marx può benissimo diventar positivista, perchè ciò giova alla più facile propa– gazione del socialismo.· Così ragionò, implicitamen- . te, il mondo socialista di venti anni· fa. E così il positivismo vinse. Vinse, cioè, il « socialismo scien– tifico », nella sua più iperbolica e vuota espressione: un socialismo esteriorità, un socialismo obbiettività, un socialismo .lembo .di terra, del quale sia stata matematicamente accertata l'esistenza, e verso il quale· le correnti della storia, ·della vita, dell'uni– verso, astronomicamente precisate, sospingano fa– talmente la docile navicella dell'umanità. Tutto ciò è materia di .fede: non può essere « scienza». Ma per il positivismo fu scienza: e scienza pura. Il pro– cesso storico, pre-concettò in ·Marx, raggiunse qui un inverosimile arcadico, celestiale; l'errore di quel– lo fu goffamente ingigantito. Fu l'orgia scientifica dell'utopia. Furono i satur– nali della scienza con la fede, della storia col socia– lismo. Essere «scienza» è l'ideale dell'ideale. E; quando il socialismo fu scienza, il mondo divenne socialista suo malgrado: chi può rifiutare il proprio ascolto alla voce della verità? Eppur.e·, il socialismo non solo si fece scienza, ma volle. anche rispecchiarsi in ogni scienza. Tutte le vie ormai menavano a lui; tutte le scienze lo preannunziavano, lo dimostra– vano. Sorgeva la sociologia; e vi fu chi sentenziò: « la sociologia sarà socialista o non sarà». La storia divenne meccanica applicata. Il materialismo sto– rico, determinismo economico. Il larvato finalismo di quello si trasformò nel fatalismo di questo. Il socialismo, dimostrato dalla scienza, fu un «fatto», prima ancora di ... esserlo. E, come la legge scientifica è o non è, senza possibilità di mezzi termini, di soluzioni provvisorie o anche di sposta– mento di termini e di soluzioni, così il dommatismo fu implicito in questa specie di socialismo, più an– cora che in Marx. La scienza riproduceva l'intolle– ranza della fede. Chi non era col socialismo era .contro il socialismo. Ma bastava essere coq la scien– za, per esser pure col socialismo ... *** Il socialismo positivista fu dunque la .contraffa– zione di Marx da un lato, la contraffazione del socia– lismo dall'altro. Per meglio amarli, pa•rtecipò ad entrambi qualcosa di quel positivismo ch 'era.di mo– da: fece di Marx un ~filosofo dell'evoluzione, fece del socialismo, più di quel che Marx non ne abbia fatto, un che di assolutamente obbiettivo. Còmpito filosofico del positivismo è stato, in ge– nere, di cogliere il mondo nella sua « obbiettività », di fotografarlo nella sua infinita varietà: ·ed è stato còmpito illusorio, perchè privo d'ogni elementare critica della conoscenza. Il positivismo ha ricostruito l'universo attraverso i propri occhi, senza accorgersi che, facendo ciò, esso fondava l'edifiziò scientifico, non già sulla realtà, ma sulla fede nei proprl occhi. La scienza r-ip,osa sulla fede: questo avvertimento esso ha dimenticato di fare; e non soltanto allorchè gli. si presentava dinanzi la «natura>\. ma anche quando si trattava di scorgere le tendenze storiche della società capitalistica e il domani dell'umanità. ' Il positivismo (qui si parla· del positivismo-filo– sofia, e non del positivismo-metodo d'indagine e di ossrrvazione, ée ha il dovere e il diritto di credere a' propri sensi), il positivismo non conosce la cri– tica : chiamò scienza la fede, e .negò al socialismo il sommo bene di conoscersi ed apprezzarsi. Gli disse: « Sappi che tu sarai e che cosa sarai; ma non ti è lecito di sapere se sei e che cosa sei ». Tramutò . il subbiettivismo del presente in fatto storico del futuro; e trasportò in ql!esto il socialismo, ch'era, ed è, tutto in quello. . Fu, in fondo, rispetto al socialismo, un Marx ·esa– gerato, la « caricatura·» di Marx. Il socialismo, che era in noi, ne fu apparentemente spazzato via, e posto fuori, lontano, come segmento di storia, come cristallo di vita. E questa inversione di posto e di valori raggiunse _l'esasperazione. Fummo come sot– tratti a noi stessi. Ma il socialismo che brillava lontano non era che lo specchio della nostra anima, nel quale· noi con– templavamo il frutto più spontaneo deila nostra fede sociale. Fu chiamata realtà l'illusione ottica. Ma questa non cessò di restare illusione. Noi, cioè, non cessammo di credere. Nè cessò il socialismo di esser socialismo. . Il. La forsennata ebbrezza positivistica suscitò dal suo stesso trionfo i germi del proprio dissolvimento. E il socialismo scientifico ne subì le vicende. -c'è qualcosa di più profondo, sotto l'apparente capriccio della moda: ed è il bisogno del controllo, della revisione, della critica. L'uomo n'è sovente preso, e per esso corre, con facilità estrema, da un eccess? all'aJt~o, dall'afferm:3-zione alla negazione, come m un mmterrotto movimento pendolare. Non v'è, di solito, periodo di fede, cui· non segua un periodo di dubbio, non v'è epoca di appagamento intellettuale e di ottimismo, cui non tenga dietro un'epoca di critica aspra e corrodente, non v'è· illu– sione, che non trascini seco una delusione, o peana, che non fornisca la materia ad una palinodia. La– voro di Sisifo, intessuto di corsi e ricorsi, di avan– zate e di ritorni, di audacie e di pentimenti, di en– tusiasmi e d'abbandoni. È sempre lui, l'uomo, che fa· e disfà, che crea e distrugge per creare ancora, che si ravvoltola ne' propri fantasmi e· poi se ne scioglie per invilupparsi in altri, con alterna irre– si~tibile vicenda. L'uomo gira intorno al proprio mistero: così procede, così vive. L'età del positivismo fu, comunque, età di cer– tezza. Il positivismo fornì all'uomo. una visione - benchè esteriore, empirica, sommaria - soddisfa– cente del mondo. E l'Uomo, per un momento, gli fu grato, credendogli. Fu momento di vittoria, di tri– pudio, d'orgoglio. Gehova ruinàva, e Satanà vin– ceva. Vinceva, insomma, trionfava qualcµno, qual– cosa:, ciò era molto. L'eterno fanciullo - l'uomo -– vuol nella lotta il vincitore e il vinto : chè deve pren– der partito, deve seguir qualcùno, deve credere in qualcosa. Le soluzioni transattive non lo soddisfano, lo angustiano; il dubbio lo uccide. Ma era necessario che il positivismo subisse la tormenta della critica. Nessun conto della funzione, del valore e dei limiti della conoscenza, classifica– zioni farraginose ed inadeguate, conclusioni affret– tate, semplicismo schematico contrastante con la complessità della natura, determinismo meccanico, perfino in psicologia, esteriorizzazione e negazione dei valori interni, disconoscimento della libertà uma– na, distruzione del senso del mistero, dissolvimento della religione, della morale ... e chi più ne ha più ne metta. Accanto ai seguaci del neo-criticismo, sor– sero i moralisti di professione, i sentimentali nostal– gici, che rivangarono e ripresentarono problemi di– menticati, mossero accuse ch'eran rancori, accampa– rono diritti già da tempo estinti.· Era la reazione :
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