Critica Sociale - XXII - n.10-11 - 16 mag.-1 giu. 1912
162 CRITICA SOCIALE In ogni caso, ~arx era_ ~ontraffatt?. Si!1tesi d~ determinismo e d mdetermm1smo, egli vemva cosi scomposto, e successivamente utilizzato in_ciascuno de' suoi termini. La sua interezza scompariva. Marx mostrava una sola sua faccia : e il suo socialismo uno solo de' propri aspetti. Comunque, il dominatore restava sempre uno solo, lui solo: Marx. •*• Il socialismo positivista è dunque Marx positi- vista. . . . d Il pensatore di Treviri rasentò il prec1pmo ~- terministico, ma non vi cadde, non poteva_ cadervi. Conobbe anch'egli, è vero, una «necessità»; ma la inquadrò in un ritmo ampio ed audace, , n~l quale la prassi umana restava pur sempre 1ori– ginario movente, fattore ?ltre ~~e fattura. E~be anch'egli, è vero, una compiuta v1:3ion~morfo_log1ca, quasi del tutto esteriore, ~el d1vem~e soc1a~e, e seppe magistralmente comunicarcela, s1cchè ~01 n_on vi cercammo mai l'anima, perchè avemmo 1'1llus10- ne di poterne f3:re ~ meno, perchè ci _pa~vedi non sentirne affatto 11bisogno; ma la esteriorità, la ob– biettività del suo socialismo, ch'è in parte anche frutto delfa sua parola suggestiva, e della sua forza dialettica che facea rivivere, là, nella storia, quelli ' . . . . ch'eran moti del cervello, non s1 acutizza smo a rag- giungere le vette _dell'inverosimi~e,non sopprime teo– ricamente la ragione e la funzione della fede, ma sino a un certo punto la suppone, e ne è comun– que tutta impregnata_, inconfessatamente !mpre– gnata. Tentò anch'egli, è vero, col travestimento filosofico; il travestimento scientifico del socialismo, facendo della storia un processo ritmico, effettuante, nel necessitato giuoco delle forze economiche, i fini etici dell'umanità; ma la storia non è per lui una scienza pressochè esatta, nè il socialismo la mèta accertata ed ineluttabile di tutta l'evoluzione co– smica. I} positivismo invece irrigidì il socialismo. Gr_ande arehivista ciel mondo, impareggiabile « class1ficà– tore » della natura, eroe del «casellario», èsso sot– topose anche il socialismo al suo complicato siste– ma di pesi e misure. Suprema fatica: inserire il socialismo nel « naturale>> corso degli eventi, porlo anzi al termine dell'evoluzione, quasi espressione ultima delle cose, quasi frutto sublime della fer– mentazione dei millenni. Dal!'etere cosmico al so– cialismo: ecco la ineffabile visione. Suggestiva dav– vero, se la reallà non le avesse rifiutato il proprio appoggio e Marx il proprio nome. E idealistica in– sieme, d'un idealismo vuoto e romantico, se il suo interno meccanismo non fosse stato brutalmente automatico, deterministico, fatalistico : ciò che ren– deva l'uomo spettatore, anzichè attore, delle sue gesta, della sua storia, della sua umanità, oggetto, anzichè soggetto, della sua fortunatamente progres– siva evoluzione. Era così staccato l'uomo dall'uomo, e infranta la geniale sintesi di Marx, contemperante, nella .praxis, l'uomo col mondo esterno, il soggetto con l'oggetto. Dalla storia opera dell'uomo si pas– sava all'uomo opera della storia; e dall'uomo vi– vente la propria storia all'uomo vissuto dalla storia. L'ambiente - contrò il quale Marx, nella III Glossa su Feuerbach, scagliò i propri sbirri - sostituiva la praxis : cosicchè ,era obbiettivamente « determi– nata » ogni trasformazione sociale,- all'infuori di ogni uman~ attività, e, non meno che ogni altra metamorfosi naturale, sottoposta a leggi necessarie, ad un' civ&yx:11 misteriosa quanto indeprecabile. . Il positivismo guardò la storia con l'occhio del naturalista; e il socialismo chiamò Darwin in pro– prio aiuto. Si discusse se il darwinismo conducèsse al socialismo: Haeckel. Virchow ed altri campioni sostennero la gara: e la questione potrebbe dirsi ancora aperta. In un modo o nell'altro, il monismo materialistico imponeva continuità di processi ed unità di leggi. Darwin e Marx dovevano, anche se non potevano, allearsi; e, come Spencer non potea mancare, gli fu intimato di convertirsi al socialismo. La lotta di classe diventava cosi lotta per l'esistenza, la dialettica hegeliana il principio dell'evoluzione; e il socialismo rassodava la sua « scientifica » cer– tezza, e in sè inoppugnabilmente raccoglieva e sug– gellava i fini storici ed i supremi fini etici dell'uma– nità. L'indagine storica era stata appena sfiorata dal positivismo, tutto immerso nello studio del mondo pre-umano. I due tipi spenceriani di società, il tipo militare e il tipo industriale, dovevano essere necessariamente sopraffatti dalle teoriche di Marx: e il socialismo positivista fu marxista nelle linee esteriori della concezione economica e storica. Ma, poichè non intese Marx, o non volle intenderlo, - e credè e fece credere ad un Marx positivista, gli riescì più facile di alterare, di esagerare sino al– l'iperbole quel tanto di Marx, che può aver l'aria di e~sere, o di avviarsi ad essere, meccanicista e determinista. Questo socialismo fu convinto ed or– goglioso di avere proseguita e condotta a compi– mento l'op'era scientifica del maestro, di averla compresa e superata. E, nella semplicità della pro– pria convinzione e del proprio orgoglio, si diffuse rapidamente e s'impose alle menti, le quali par– vero cosi acquetarsi neJl'indisturbato possesso di una sintesi quanto mai « scientifica » dell'universo, di un superbo panorama, raccogliente in sè tutte le cose, dall'alfa all'omega, dalla prima radice al– i' ultimo fastigio. Il socialismo positivista è la forma nella quale fu facilmente e comunemente inteso il marxismo. Spencer fu - psicologicamente - la chiave di Marx. Ciò sembra inverosimile a chi conosca Marx e il suo mondo: ma è vero. È vero ancora oggi; anzi, forse, oggi più che mai, poichè solo oggi dà pieni frutti di attività e di pensiero quella ge– nerazione che crebbe nel positivismo e si raffigurò Marx e il socialismo attraverso le teorie positi– vistiche. Come d'ogni filosofia, esiste del positi– vismo una psicologia, la quale, meglio di qualsiasi elaborazione dottrinale, vale da sola a riplasmare inconsapevolmente ogni estraneo corpo d'idee che venga in suo contatto, e quindi a riporlo in circo– lazione, in una linea di falsa « obbiettività », circon– fuso di riflessi subbiettivi,. quando non sostanzial– mente trasform~to. In quella psicologia Marx subì l'immersione e• la metamorfosi; di essa fu quindi strana proiezione automorfìca. Pochi s'accorsero del trasfigurante lavacro; ma tutti, compiendolo, dimo– strarono di sentire ch'esso era necessario, bene o male, alla diffusione del socialismo. Chi mai avreb– be infatti Qsato, allorchè Hegel era davvero, e in malo mod0, relegato in soffitta, sentire e far sentire Marx, e il socialismo di Marx, in immediato rap– porto con la destestata filosofia hegeliana? Il socialismo bisognava salvare e porre quindi in accordo con lo spirito dei tempi. Il socialismo era stato anche di Marx, ma non era Marx, non era questa o quella filosofia, ma era una filosofia che superava tutte le altre, era idealismo etico, era sen– timento, era stato d'animo. Come già di Hegel, at– traverso Marx, cosi del positivismQ, attraverso i nuovi teorici, e~li potea ben vivere, battendo vitto– rioso la sua ala mstancabile. E di esso, SOjO di esso, senza l'ombra e il ricordo di Marx, avrebbe vissuto, se non avesse persistito a porsi come problema sto– rico e pienamente risolubile dalla storia. Ma, se il socialismo de·v·essere appunto l'opera ((storica» del ,I
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