Critica Sociale - Anno XXII - n. 9 - 1 maggio 1912
CRlTlCA SOCiALB 135 • sbocca nel sogno, ma, come s'alimenta di sè, così in sè ha il proprio letto e la propria foce. « Gli espropriatori saranno espropriati .... La pre– istoria del genere umano avrà termine ..-. La società del lavoro riscattato sarà la società della giusti– zia ... » La fascinante voce di Marx, che ha_parlato parole di scienza, si spegne in un impensato ac– cento di fede. È come un lampeggiamento rivela– tore nell'apparente opacità del marxismo. Il socialismo viveva dunque oltre la storia, al di là delle cose : viveva nello spirito del suo teo– rico. Tentando di «dimostrare» il socialismo, non s'è accorto Marx di aver tentato precisamente la «dimostrazione» della propria anima, di aver ten– tato l'impossibile. Egli ha invece voluto e creduto di dimostrare che la storia d'oggi si continuerà in una storia ch'è, di per sè, un ideale etico. La dif– ficoltà del tentativo consaputo era quanto l'altra del sostanziale tentativo ignorato. Nè Marx ha potuto « dimostrare » che il• risultato meccanico della sto– ria è il socialismo, nè ha potuto dare una qualsiasi base di fatti a~ proprio ideale comunistico._ Questa 9~~9,nda,, .iµipr,e§!:1 · 't.gli. ;~il . S,P,rez~ant!:)plen,te rjpu1iata siccome utopistica; e s è mvece atten'utQ alla pnma. Ma non ha scorto che l'una palpitava nell'al_tra; e' che l'utopia, distrutta come prodotto· fantastico, egli ricostituiva come prodotto storico. Marx è così lo « scienziato dell'utopia»; l'ultimo degli utopisti. E allora? L'ideale, attraverso la scienza, ha riprodotto l'i– deale. Marx, malgrado se stesso, ha affermato il socialismo, come fede, come sentimento, come ideale etico. Marx socialista ha inconsaputamente confutato Marx filosofo ed economista, e, quanto più questi vinceva, più lo dichiarava vinto. In Marx, il socialismo ha trionfato di Marx. · Il socialismo è in noi: e fuori di noi è la realtà che noi dobbiamo modificare. Come ideale etico di giustizia sociale, il socialismo ha una vita au– tonoma, e una tradizione «utopistica», che Marx non ha potuto distruggere. In questo ideale etico, il proletariato, al pari delle classi che lo precede– rono, s'è come scavato il proprio nido: se n'è fatta una specie d'involucro spirituale, '_diatmosfera sen– timentale, in cui meglio si eccita alla battaglia, e meglio persegue la propria vittoria. La vittoria sarà ciò che sarà. Non importa: lo stesso Marx non se n'è preoccupato. Importa solo che un ideale etico presieda al movimento, che una fede. sia in funzione della pratica. Fede, non nell'al di 'là storico, come il 'so_cialismo marxisticu insegna, , ma fede in se stessi: e 'nella << giustizia » dellrl pro"pria azione 'e della propria lotta. n proletariato deve credere (lo crede ancora?) che un grande fatto morale si pro– d_uce dalla ~ua opera, che un equilibrio spezzato si ncompone m suo nome e per sua volontà, e che col suo trionfo la giustizia vivrà sulla terra. Questa fede è il socialismo. Neppure sappiamo, e non c'importa di sapere, il modo preciso, in cui essa agirà sulla storia: l'interessante è che la classe lavoratrice ne sia imbevuta e la utilizzi per la sua migliore _ ascensione. Il proletariato non è che un punto di applicazione dell'ideale socialista, p·sico– logicamente, e non già metafisicamente, inteso. Marx l'ha scoperto, ed ha mostrato con quanta ve– rosimiglianza quell'ideale possa venire -concepito e con quanta approssimazione interpretato dalla classe. dei lavoratori. · È qui la funzione socialista di Marx : ·nella as– sunzione "del proletariato a soggetto e portatore di giustizia sociale. Ciò resta nell'ambito d,ella psi– cologia; ma la storia può anche rappresentare la parodia. Perchè la storia è altra cosa, e pare ab– bia il c6mpito preferito di smentire le illusioni, di ridurre a proporzioni comuni, «volgari», gli squar– ci di realtà intravvisti nei sogni. Dalla storia il socialismo attende la propria trasfigurazione. Marx ha errato, vedendo nel socialismo un ideale che la storia potrà darci, ed affidando alla filosofia e alla scienza l'ufficio appunto di prevederlo e « dimostrarlo ». Ha tenuta in soverchio conto la propria opera, e ha scambiato il fatto psicologico con un fatto di storia. Ha tentato di prendere il socialismo nelle maglie della - sua dimostrazione. Ma il socialismo gli è sfuggito. . · E la_sua opera non avrebbe un nome, non sarebbe socialista, se intessuta di socialismo non fosse la sua anima. TuLuo CoLuccr. MEllADHIA E BHA[[IAHIArn 1HH~MA6rtA VI.. I mszzi di migliDPilmBnto Edi BfflilRCiPilZiDDB pur i bnccianti. ( Continuazione) ladisottupazione dei braccianti e l'emigrazione. Abl)iamo parlato finora prevalentemente di tutti i mezzi che, all'infuori d_ell'emigrazione, possono per– mettere ai braccianti di eliminare, o, quanto· 'meno, di attenuare i danni della disoccupazione. Abbiamo però visto che tutti questi mezzi, per quanto impor– tanti, raggiungono presto - in ogni determinato momento - il limite, oltre il quale non possono più ottenere un effetto utile. Abbiamo d'altronde dimo– strato in un' precedente capitolo che i braccianti, non solo soffrono in tutta la Romagna di una di~oc– cupazione stagionale caratteristicamente dannosa, ma · in certe zone costituiscono parzialmente una vera e .propria sovrapopolazione, in quanto un numero no– tevole di essi non può trovarvi un lavoro continua– tivo e sufficiente neppure nei mesi più favorevoli. Per questo duplice ordine di consideraz~oni, risulta senz'altro evidente che il problema della disoccupa– zione del bracciantato romagnolo non -potrà mai -- specialmente là dove è più grave - venir risolto in maniera razionale e definitiva, sinchè tra i mezzi _ per ovviarvi non si adotterà, insieme agli altri di cui abbiamo finora parlato, anche quello della emi– grazione. Jr.fatti, l'emigrazione non incontra i limiti che gli altri mezzi toccano così rapidamente. Esistono anche per essa dei limiti; ma posti ad una distanza così enorme, da potersi pratìcamente considerare come in.finita. · Nel caso rispettivamente di una emigrazione in– terna o di una emigrazione all'estero, il mercato del lavoro nazionale, e a maggior ragione il meFcato del lavoro internazionale, costituiscono una estensione e presentano una capacità di assorbimento in.finita– mente superiori a quelle di un piccolo mercato come il romagnolo. Cosicchè, per quelle stesse ragioni per le quali è assurdo pensare che il mercato romagnolo possa oggi assorbire completamente e per un numero sufficiente di mesi (1) il bracciantato locale; sarebbe per converso altrettanto ed ancor più assurdo rite– nere che il mercato nazionale, e a maggior ragione il mercato internazionale, possano trovare la benchè ( 1 ) Per " numero sufficiente di mesi " Intendiamo un numero tale, che Il salarlo annuo corrispondente possa· bastare alla famiglia di un braoolante romagnolo, dato Il suo attuale tenore di vita.
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