Critica Sociale - Anno XXII - n. 8 - 16 aprile 1912

124 CRITICA SOCIALE lettura dell'articolo, che trova naturalmente più di un addentellato nella classica opera sull'evoluzione creatrice. ·Delle recenti conferenze di Londra ha dato un largo riassunto il Times; di questo materiale ci serviamo pel nostro sunto schematico. * ** Il Berg.son cominciò il suo dire affermando che tanto la filosofia inglese, quanto la filosofia francese, hanno il pregio inestimabile della chiarezza e che ambedue traggono le loro origini dalla vita, e nella vita devono rientrare, dopo essere passate attraverso la scuola. I problemi della filosofia devono interessare ognuno. I recenti indirizzi speculativi, in America, fo Inghilterra, in Francia, tendono appunto a portare la filosofia allo studio di quei problemi vitali, che si presentano din– nanzi alla mente non dei soli specialisti, ma di ogni uomo mediocremente colto. Nel corso delle sue confe– renze, l'oratore affronterà il problema dell'anima, esa– minerà le caratteristiche della nostra coscienza, deter– minerà come deve es~ere rappresentata l'azione della psiche sulle cose in generale. Difficoltà da eliminai·e. - Anzitutto, occorre sgom– brare il terreno dalle difficoltà artificiali, che si son venute raggruppando attorno alla questione. Que~te difficoltà sono di due specie: quelle fatte in nome della scienza e che dalla scienza sembrano derivare, e quelle che originano direttamente dalla filosofia. Le difficoltà deHa prima ~pecie possono formularsi nei seguenti termini: " il problema dell'anima è Rol– bnto un caso particolare di un problema più generale, cioè di quello della materia. In ogni caso, è insepara– bile da quest'ultimo. Noi infatti troviamo gli stati di coscienza uniti agli stati del corpo, più particolarmente a certe modificazioni-della materia cerebrale. Fintanto– chè noi non conosceremo l'essenza di queste modifica– zioni, non saremo in grado di conoscere ciò che Hta dietro alla vita cosciente •· Questa obiezione poggia unicameute sulla nozione che la coscienza nou abbia indipendenza propria, che il contenuto di un fatto di coscienza debba essere inte– ramente cercato in un corrispondente stato cerebrale - l'uno essendo l'equivalente o la traslazione dell'altro. Senonchè, sebbene siano ancora oggi fisiologi e filosofi, pei quali il cervello secerne il pensiero come il fegato la bile; e v'è chi afferma che, se un potente micro– scopio ci permettesse di osservare attaverso un cranio il movimento di molecole, atomi, elettroni, noi potrem– mo percepire ancl;ie i pensieri, i desiderii, le volizioni corrispondenti; tuttavia questa teoria del parallelismo psico-fisico (come suol chiamarsi) poggia su basi ~pe– rimentali assolutamente insufficenti ed è stata accettata senza discussione da:lla moderna fisiologia. In reRltà, è un'ipotesi che deriva dai grandi ~istemi metafisici di due secoli fa. Dopo Galileo e Keplero, gli uomini hanno pensato che ogui _cosa potesse ridursi al calcolo. L'u– niverso venne considerato come un'enonno macchina, e sembrò che ogni movimento dovesse potersi calcolare da' suoi antecedenti, allo ste3so modo dei fenomeni astronomici. Venne amme~so che tutto sia capace di determinazione, nel mondo psichico come in quello fi. sico, quello non essendo che un riflesso di .questo. . Questa veduta fu accolta dalla scienza per la sua convenienza e comc,dità; ma la filosofia deve mostrare che essa non resiste alla critica. La _relazione tra H fisico e lo psichico non è negata. Esiste. È una relazione di equivalenza, di parallelismo? No, risponde recisamente il Rergson. Difficoltà filosofiche. - Passando alle difficoltà che vengono direttamente dalla filosofia, l'ovatore, coeren-, temente alle conclusioni de' suoi libri precedenti, ad– dita nella percezione la sorgente di ogni conoscenza; La percezione è molto più ricca che non si creda. Essa contiene assai cose, cui noi non facciamo attenzione perchè non ci servono a scopi pratici. Questa parte, perciò, della nostra percezione rimane confusa. Più pre– cisamente, delle nostre percezioni, noi non riteniamo se non ciò che entra nei concetti, ossia nelle classifi– cazioni, state fatte - una volta per tutte - in vista. della nostra azione sulla materia. I concetti hanno una. funzione_ eminentemente utilitaria. La conoscenza per. mezzo dei concetti trascura buona parte del contenuto della percezione. Per penetrare nell'essenza dell'anima, che è un mo– vimento, non unR cosa ripartibile in tanti scomparti– menti, noi dobbiamo mettere da parte i concetti, le classi, le categpili.e mentali, che servono magnificamente, per la conoscenza del mondo esterno, ma che non sono adatte alla comprensione di quello interno. Per com– prendere il mondo della coscienza, noi non dobbiamo_ classifica1•lo o categorizzarlo, sì bene porre noi stessi direttamente faccia a faccia colla realtà concreta. L(J,natura-della vita inte1·n_a. - Quando cerchiamo di applicare questo metodo alla vita interiore, ci tro– viamo di fronte a una grande difficoltà, poichè cotesta vita è fluidità, mobilità, perpetuo cambiamento; e, per paradossale che ciò possa sembrare, noi non siamo fatti per percepire, in se stessi, il cambiamento e il mo– vimento. Un grande scrittore francese, il Larochefoucauld, disse che due cose noi non possiamo fissare: il sole e la morte. Poteva aggiungerne altre dne: il movimento e il cambiamento. Un movimento che realmente si muove, un mutament.o che realmente si cambia, non poqsiamo fissarli senza rimanere abbagliati. Noi conosciamo che ogni cosa cambia, l'affermiamo e lo ripetiamo; me. sono mere parole. De.i più remoti tempi che ricordi la storia. della filosofia, dal X secolo e.vanti Cristo a. Hegel, i. filosofi non han mai rifinito di dire che" tutto cambia,,; ma, nonchè trarre tutte le conseguenze possibili de.Iprin– cipio, essi, all'atto pratico, hanno sempre agito come chi, al fondo delle cose, supponga. l'invariabilità e la. immutabilità. Le più grandi difficoltà della filosofia. sorsero dal dimenticare che il cambiamento e. il movi.– me~to sono realmente e universal~ente el3istentl. Convien distinguere l'essenza dell'anima, che è fluidità perenne, da certe nostre abitudini mentali (concet.ti ), che ci servono ad agire, ma che, dal lato speculativo, viziano tutte le nostre percezioni interne e esterne. È questa la AUprema contraddizione della. conoscenza: che, mentre l'essenza dello spirito è continuo movimento, . i concetti impostici per agire, le abitudini mentali con– tratte, tendono e. fissare· ciò che è mobile e cangiabile, a consolidare ciò che è fluido. Per penetrare nell'intimo della nostra psiche, noi dobbiamo, con un atto d'intui– zione, togliere l'apparente contraddizione, e, ponendoci nel centro della stessa fluidità perenne, comprendere come la nostra coscienza non sia una successione di stati, una sequenza di prima e di poi, separati l'uno dall'altro; ma somigli piuttosto a una melodia. con tinua e indivisibile, la quale non, sarebbe, senza. quella data correlazione di note. Questa inscindibilità del :flusso della vita interna., dal principio alla fine, que-

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