Critica Sociale - Anno XXII - n. 6 - 16 marzo 1912
CRITICASOCIALE 89 MEllADRIA E·BRA[DAUIATO · tn R MA61ffl VI. I mezzi dimiglioramento e diemancipazione ( Continuazione) per i braccianti. ladisoccupazione debraccianti elalimitazione della superficie coltivata daimezzadri. Siamo stati così condotti a parlare di un altro fra i mezzi di cui i braccianti possono servirsi nella loro lotta, prevalentemente diretta contro la disoccupa– zione. Poeo oramai dobbiamo aggiungere alle osser– vaz ioni fatte p iù sopra. I hraccian.ti in realtà si servono già di tale arme. Sol tanto, nella pratica, essa incontra molte difficoltà, per la resistenza dei mezzadri. I quali, in parte a causa del loro desiderio- di accrescere le proprie en– trate e della loro poca attitudine a misurare la pro– pria fatica, in parte anche a causa ùella imperfé– zione delle loro conoscenze agrarie, desiderano di aumentare la superficie a ·loro disposizione, all'in– fuori di ogni criterio di proporzioi;ialità co,lla forza di lavoro delle singole famiglie coloniche. E questo un errore, che può essere corretto, sia con una civile pressione dell'organizzazione dei braccianti, da coor– dinarsi a quella dei mezzadri attraverso uno scambio di reciproche concessioni e di reciproci aiuti, indi– rizzati a fini superiori, non solo di categoria, ma di classe; sia con un aumento della coltura generale, e specialmente della coltura tecnica, dei coloni. Si spiega anche, almeno parzialmente, colla resi– stenza dei mezzadri in tale senso, se i braccianti, seguendo la legge del minimo sforzo, si sono rivolti da prima là dove quella resistenza era minore, ed hanno quindi cominciato col domandare l'abolizione o la riduzione dello scambio delle opere. Perchè poi i braccianti raggiungano su questa via risultati utili, occorre che essi non cadano in un errore opposto a quello caratteristico dei mezzadri; e cioè che, per ritagliarsi una superficie troppo va– s'ta, non pretendano che le famiglie coloniche si ri– ducano sopra poderi, in rapporto ai quali la rispet– tiva forza di lavoro sia, anziché insufficiente, esu– berante. In alcune polemiche svoltesi- a tale proposito, ho constatato che, da parte dei difensori dei braccianti, si sostennero unità culturali, la cui ristrettezza avrebbe potuto adattarsi soltanto a coltivazioni ec– cezionalmente specializzate ed intensive, come, ad esem,p_io,qu,eUa.negli or,ti, ma non• ceFto al tipo nor– male di· a.gricoltura prevalente sulle 'terre meno irri– gue. Per ogni dato sistema agrario e in relazione ad ·ogni dato stadio delle conoscenze scientifico– te<,niche, esiste un certo rapporto tra la forza di lavoro della famiglia colonica e l'estensione del po– dere, rapporto il quale dà· il risultato massimo ed è quindi il più economico. A tale rapporto-tipo devono mirar.e i braccianti ed i mezzadri nella sistemazione dei loro interessi. Concludendo, sembra che, per la scarsezza dei Fisultati, sia poco pratico, e, per la cattiva educa– zione, di cui deve considerarsi ad un tempo effetto e causa, sia pericoloso, che i braccianti mirino alla abolizione dello scambio delle opere, là dove que– st'ultimo avvenga soltanto nei varì" momenti, in cui la ·stagionalità e l'urgenza di certi lavori lo impone. Pare.: invece fondato concludere che, là dove lo scambio delle opere eia troppo frequente e dipenda perciò da una normale insufficienza delle braccia • della .famiglia colonica rispetto alla ampiezza del podere, i braccianti debbano mirare ad ottenere una occupazione, non· già limitandosi a fornire, "in sosti– tuzione di quello che ,Prima si scambiavano i coloni, un lavoro salariato, e quindi saltuario e disinteres– sato al prodotto; ma creandosi, sulla parte di terra resa libera dal restituito equilibrio tra superficie coltivata e potenzialità della famiglia colonica, un lavoro interessato· al prodotto e continuativo. Anche nel caso di cui ci occupiamo, dunque, quei braccianti, che potranno collocarsi sui terreni resi in tal modo disponibili, non potranno trovare un la– voro continuativn, se non a patto di perdere le ca– ratteristiche stesse della loro categoria, e di passare ad una categoria d'ordine superiore. 0iò conferma le considerazioni generali già svolte nel Capitolo III. ladisoccupazione debraccianti e lasistemazione dei terreni d recente bonifica. Poichè, in Romagna, i terreni di recente bonifica si trovano soltanto nel Basso Ravennate, il mezzo di cui stiamo per parlare è esclusivo a questa zona. Come abbiamo accennato in una nota sul principio del presente studio, i terreni di recente bonifica del Ba·ssò Ravennate occupano I 9.841 ettari, apparten– gono a grandi proprietad, e presentano condizioni agricole assolutamente diverse da quelle, che carat– terizzano tutto il resto della Romagna. La più gran parte del terreno, quasi i tre quinti, è a foraggio, principalmente ad erba medica. Il prodotto della coltura dei foraggi, all'infuori di quello necessario all'alimentazione del bestiame da lavoro, viene espor– tato dalla provincia. 11 resto è a risaia, a barbabie– tola, a cereali, e a poche altre colture minori. Nel– l'intera superficie, mancano case coloniche, stalle pel bestiame ed arborature. Il taglio dei fieni, nella parte coltivata a foraggi, viene eseguito a cottimo dai braccianti. La risaia è per lo più condotta a mezzadria; sebbene in varie risaie si riscontrino contratti di affittanze collettive - con Cooperative di braccianti. Infine, le altre culture, in parte si eseguiscono con braccianti pagatì a gior– nata, per conto esclusivo del proprietario o del fi-t– tavolo, e i,n parte con braccianti interessati al pro– dotto mediante contratto di terzeria. La terzeria dà luogo ai seguenti rapporti: il lavoro col bestiame bovino (compresi i trasporti) e i due terzi delle spese per sementi, concimi, salari di trebbiatura, di– ritti di macchina ed assicurazione. sono a carico del proprietario o del fittavolo; il lavoro ed un terzo delle spese sopra indicate sono a carico del terziario; il prodotto, infine, si divide in ragione di due terzi per il proprietario e di un terzo per il bracciante. Evidentemente, la coltura, che si esercita. sui ter- . reni di recente bonifica, ha tutti i caratteri di una vera e propria coltura di transizione. Essa si basa sullo sfruttamento della fertilità naturale, vale a dire è in gran parte ancora estensiva; e si è resa finora possibile, così per la straordinaria produttività <!_i un terreno che pel momento non aveva bisogno di concimi, come per gli alti prezzi che i foraggi hanno avuti sino a due anni or sono. Senonchè, man mano che la fertilità naturale va diminuendo e che si riducono - circostanza quest'ultima che si è già verificata in modo molto sensibile - i prezzi del foraggio, diverrà necessario passare ad una coltiva– zione più intensiva e trasformare direttamente il foraggio in bestiame. . Il problema si è già imposto agli studiosi; ai pro– prietari e fittavoli interessati. E si è poi dimostrato ancora più urgente, per il fatto che le recenti agi– tazioni dei braccianti ravennati hanno provato come il contratto di terzeria sia anch'esso - a simiglianza del sistema agrarìo cui si riferisce - un contratto di transizione: tale· da non interessare al prodotto, in misura sufficiente, il lavoratore, ed incapace quindi
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