Critica Sociale - Anno XXII - n. 6 - 16 marzo 1912

CRITICA SOCIALE 93 soddisfarne le aspirazioni sindacali. Clémenceau, presidente dei Ministri, attaccato vivacemente, po– lemizza bensl coi suoi contraddittori ... ma frattanto li revoca dall'impiego -- il che non serve precisa– mente all~ « pacificazione degli a\limi ». Nel Congresso del giugno 1907, l'Associazione dei postali proclama la propria trasformazione in Sindacato e aderisce al sindacalismo rivoluzionario. I rapporti assidui e cordiali col Ministero sono rotti e dal 13 al 23 marzo 1908 abbiamo il primo grande sciopero postale-telegrafico, le cui vicende sono certamente ricordate. Il ·23, ottenute dal Mi– nistro promesse abbastanza lusinghiere, si vota a grande maggioranza la ripresa del lavoro. Ma il 24 un manifesto avendo proclamato che il personale non riconoscerà più il Sottosegretario alle Poste, Simyan, come proprio capo, il Governo minaccia nuove punizioni, onde il 6 maggio ripresa della lotta; è invocato invano dalla Confederazione ge– nerale del lavoro lo sciopero di solidarietà del pro– letariato francese; lo sciopero langue; il 21 si con- fessa vinto.. . Questi gravi e' ripetuti rovesci determinano, nel 1909,-un mutamento di rotta sindacale. I riformisti ripre'ndono il disopra nelle organizzazioni. Si rico– stituisce la Confederazion'e degli impiegati, che si prefigge « l'adattamento necessario delle nostre isti– tuzioni monarchiche alla società moderna», da ot– tenersi con mezzi legali fuori dalle lotte dei partiti. Lo sciopero dei ferrovieri, scoppiato nella prima quindicina dell'ottobre 1910, .e chiusosi anch'esso, come tutti gli altri, con la sconfitta, dà il colpo di gra~ia all'agonizzante sindacalismo rivoluzionario. Il cui sperimento però non fu vano, perchè, se da un lato apprese agli interessati l'inanità dei metodi violenti, dall'altro - con le convulsioni che generò - dovrebbe aver dimostrato ai Governi la neces– sità di organizzare un congegno che, sostituendo il diritto di sciopero, permetta di equilibrare pacifica– mente i diritti e i doveri dei lavoratori dello Stato. « Bisogna C?nvincersi - scrive J. Janneney, già relatore alla Camera fra'ncese per Io Statuto dei fun– zionari - che, in dati momenti, gli scioperi sono movimenti inevitabi,Ji, costitutivi del regime econo– mico: scoppiano perchè .e quando interessi essen– ziali sono gravemente Jesi. Al pari degli accidenti sul lavoro, essi frusb-ai;io - per fortuna sempre meno - le previsioni e soonfiggono la prudenza. Sono necessarii fìnchè niun altro mezzo hanno gli operai, per farsi valere, che d'incrociare le braccia. È .!1n.a /~se .fata!e 1.~~la lotta s,u(le_,c_ofl-dizioni di la– voro. Ora, potranno gli impiegati e gli opemi dello Stato, il cui lavoro è tanto analogo a quello delle industrie libere, sottrarsi a questa fatalità, se non si dia loro possibilità di tutelare altrimenti i loro interessi'!». E qui si profila tutta la bontà e la necessità del metodo riformista nel movimento sindacale degli impiegati. Esso non sopprime lo Stato, ma, come scrive il Cahen, vuol penetrarlo del suo spirito nuovo e tras– formarlo. « Lo Stato, cessando d'essere una persona, diyiene la comunità di tutti i cittadini; è la gestione collet– tiva dei servizi pubblici; una organizzazione che ten– de di più in più a eliminare, seguendo la legge me– desima dell'evoluzione, i rapporti di subordinazione personale fra gli uomini, per sostiuirli con una coor– dinazione e uno scambio di ,funzioni equivalenti. «.Lo Stato moderno è un'associaz!one d'individui che si riuniscono nell'interesse comune di sicurezza e di benessere. Lo Stato, potere pubblico, non ap– parisoe più come una persona avente dei diritti; esso non ha più diritti, ma funzioni di po.tere pubblico; non vi sono più personaggi che detengono il potere pubblico, ma soltanto un insieme di funzionari, dei poteri costituiti in-somma, per promuovere e difen– dere i diritti, gli interessi ,e le aspirazioni nazionali. Non bisogna più considerare lo Stato moderno co– me un erede dei dirmi subiettivi di &ovranità, d•i·cui i re furono una volta i titolari. L'espressione « sovra– nità popolare » non ha che un senso ragionevole: è la negazione della subordinazione del popolo a tutte le sovranità personali» _(l). Il potere politico è un fatto necessario, ed esso resterà a lato e al disopra dell' Amministrazione quale un controllo permanente sull'andamento dei s·ervizi che dovranno essere gestiti insieme dalla .burocrazia alta e ba'ssa, dai direttori e dagli esecu– tori concordi e solidali. Conseguentemente anche la gerarchia dovrà mo– dificarsi di sana pianta. Che cosa è essa oggi, si domanda il Leroy? « È la ,subordinazione di certi ag-enti, detti inferiori, ad altri detti superiori, secondo una yrogressione di autorità .... « In alto della seala gerarchica sta il Mi,nistro, 11 qua,Je non è già un amministratore, un tecnico, un •compe!Jente,ma il rappresentante di un pa-rtito poli– tico: egli ha tutti i diritti superiori. Questa concen– trazi!()ne dei poteri permette di dire che la gerarchia è d'ordine e d'emanazione ministeriale, di natura politica e niente affatto tecnica: la gerarchia non è che i,J mezzo d'azione dell'ingerenza politica del par– tito politico che è al Governo, e degli interessi delle classi borghesi e parassitarie che ve lo sosten– gono (2). A tale gerarchia le organizzazioni degli impie– gati, seguenti il metodo riformista, vogliono sosti– tuirne un'altra che sia veramente tecnica e segua « l'ordine delle competenze». Un capo non dovrà esser più un padrone· in– vestito dal Sovrano del diritto di comandare, ma un agente più istruito, più illuminato, più esperimen– tato. La sua funzione non sarà considerata più elevata in dignità, ma soltanto differente, e gli altri agenti non saranno più i suoi sottoposti, ma i suoi collaboratori. Questa la gerarchia avvenire. Alla sua instaurazione gli impiegati giudicati capaci di con– correre, come elettori, alla organizzazione del po– tere pubblico, muovono chiedendo il diritto, come lavoratori, d' intervenire nella organizzazione dei servizi ai quali dànno la loro attività. La vita, l'iniziativa nei pubblici servizi non po– tranno mai sorgere da una regolamentazione auto– ritaria, che deprime ogni individualità, soffoca ogni slancio e vuol essere inesorabilmente- previdente e provvidente. Là ove i mezzi autoritari non hanno alcuna effi– cacia di controllo - gli stessi relatori dei Bilanci lo ammettono - gli impiegati associati, che hanno tutto l'interesse di contrapporsi agli abusi e di sve– larli, vogliQno portare il loro controllo. L'orgànizzazione è la discussione e il contratto: gli impiegati organizzati intendono discutere, attra– verso le loro rappresentanze, gli ordini che indivi– dualmente poi dovranno eseguire; mirano a con- . (I' e (2) Vedi M. LEROY: op. ctt.

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