Critica Sociale - Anno XXII - n. 6 - 16 marzo 1912

92 CliltlCA SOClÀLE dallo sciopero I ferrovieri in Italia nel 1905 e nel 1907; e i postelegrafici e i ferrovieri francesi rispet– tivamente nel 1908 e nel 1910? Gli è che gli impiegati - e or~ai non solo es~i, poichè' gli stessi operai vanno sost1_tuendo a\lo. sc10- p\!rO forme più evolute e meno per1co_losed1 d1fe~11, e lo sciopero segue anche fra loro m rag10ne m– versa della fo1~lae della maturità dell'orgamzzazione - ma gli impiegati specialm_ente - per la lo_ro psicologia pjù cauta e riflessiva; per le d1vers1tà profoncle della natura del loro lavoro e del con– tratto di locazione d'opera che hanno - o, megl10, che non hanno -; per la speciale forza e la diffe– rente personalità del padrone da cui dipendono - hanno compreso che lo sciopero non può, _di re– gola, essere per loro. arme efficace. E_sso è s~mpre! o quasi, una batlagha perduta; lo s1 sa prima d1 iniziarla. Ond'è che appena si comprende ch'essi possano, e magari debbano, ricorrervi nel solo caso che - tutte le vie legali essendo precluse - non rimanga loro d_a tentare che q~esf atto di dis_pe~a– zione: danneggiare gravemente il Paese per richia– marlo ali' osservanza degli obblighi che esso. ha in loro confronto. ln tutti gli altri casi, la legge del minimo mezzo addita alle organizzazioni degli impiegati altre vie pìù piane e sicure. Tre padf'Oni in· uno hanno infatti gli agenti dello Stato: il ·Parlamento, la burocrazia, la massa del pubblico. Il primo crea le funzioni, traccia le grandi linee del!' organizzazione, fissa le piante e le ta– belle organiche del personale. L'andamento dei ser– vizi, i rapporti interni, sono diretti e vigilati dalla gerarchia. Infine l'opinione pubblica, le associazioni degli utenti, la stampa, ecc., esercitano un'in– fluenza incessante e talvolta g-randissima. Ora, lo sciopero economico dei funzionari colpi– sce bensì il Potere pubblico e i consumatori - questi sopratutto, fra i quali si trovano spesso gli stessi scioperanti, le loro famiglie, i loro compa– gni - ma non sfiora neppure la. burocrazia, 1~ quale, per la sua formazione stonco-poht1ca ·e 1 suoi egoismi di casta, è, dei tre padroni, il solo o il maggiore colpevole dello sfruttamento e delle vessazioni che angariano il personale. Talchè uno sciopero economico, dato e non con– cesso che riesca, e quand'anco strappasse allo Stato una legge o un provvedimento generale, dovrà pur sempre fare i conti con la burocrazia, che dee fare, essa, il regolamento, e che, con qualcuna delle truffe all'americana nelle quali è maestra, potrà sempre frustrare il beneficio conquistato. Ma l'ipotesi di un successo di tale sciopero è piuttosto - come già notammo - teorica che pra– tica. In novanta casi su cento, esso è condannato a fallire - appunto per la coal1zione ostile dei tre padroni; per la diffusa convinzione, giusta o no poco importa, che lo Stato rappresentativo offra sempre qualche adito •a reclami fondati; per la difficoltà di suscitare una attiva e tenace solidariet4 - sopratutto quando sia in gioco l'interesse di una sola categoria - fra categorie così divise e scaglio– nale ai diversi gradi della gerarchia; per il mag– gior rischio a cui gli agenti dello Stato si espon– gono, potendo perdere, in caso di disfalla, un im– piego stabile e un trattamento di vecchia'ia, che gli operai della industria libera ignorano ancora; e per altrettali ragioni. E allora, dopo. la disfatta, guai ai vinti! Se la protesta fu diretta contro pre– potenze dall'alto, queste aumenteranno di rigore e di· numero. E guai - potremmo dire, nel caso inve– rosimile opposto - anche ai supposti vincitori. Chè, in generale, lo abbiam visto, delle· battaglie anche le più· sacrosante ed eroiche, come quelle del personale di Stato più umile, per conquistarsi qualche briciolo di pane meno avaro, sopratutto sempre si giovarono le alte sfere burocratiche, fa– cendosi, nel bottino, la parte del leone. Taciamo dello sciopero cosidetto di solidarietà, che per gli impiegati è un mito; ben lo seppero i postelegrafici e i ferrovieri francesi. Anche m Ita– lia, quando, nel 1910, fra Sindacato ferrovieri e Federazione postelegrafica, si trattò di transitori accordi, le promesse parlarono di « solidarietà mo– rale» ... e non andarono più in là. E taciamo, a maggior ragione, dello sciopero generale, del quale bene fu detto che è l'equivalente di una rivoluzione, e quindi - e in Italia se ne sa qualcosa - guai se fallisca; e il quale, se può ragionevolmente conce– pirsi come la scossa finale per cogliere il frutto di una evoluzione lungamente maturata, o come un atto intimidatorio diretto a raggiungere, in circo– stanze per molti versi propizie, uno scopo politico immediato, facile, preciso, sempre dovrà volgersi a un fine ben più vasto e passionante le grandi masse, che non possano apparire i reclami e gli interessi economici, per quanto fondati e rispetta– bili, di un ceto, o di una o più categqrie, di agenti dello Stato Ond'è che la penetrazione e la collaborazione si presentano ancora come i mezzi di gran lunga più congrui, onde gli impiegati possano valersi per la propria .efficace difesa. Lo conferma la storia recente del « sindacalismo amministrativo » di Francia, sul quale riteniamo utile indugiarci un tantino (1). . Iniziatasi, or è un vent'anni, l'organizzazione vera– mente di classe degli impiegati francesi, soltanto verso il 1899 assumeva spiccato carattere profes– sionale di difesa corporativa, e trovando benevoli il Parlamento e il Governo si estendeva· rapida– mente: i gruppi locali si legavano in Federazioni; si tentava una prima Confederazione generale. Nel 1905 la coscienza è cresciuta e la forza con essa: non più si presentano « desiderata », ma rivendi– caz,ioni; •nori. s'invoca benevolenza, ma si reclamano diritti; il patronato protettivo· degli uomini politici, chiamali dapprima alle presidenze, viene abbando– nato; trionfa il concetto dèlla piena autonomia. In quell'aprile la Confederazione generale conta 215 mila inscritti. Ed ecco, iJialberata la bandiera del– l'azione diretta, reclamarsi l'estensione ·della legge 1884 sui Sindacati, •e dichiararsi da più Associa– zioni di voler « lavorare per la rivoluzione so- ciale». . L'll aprile 1905 scoppia in Parigi il primo scio– pero degli agenti dello Stato, fra i vuotacassette, i fattorini e i p9rtalettere. Il G~verno, forte del~'ap– poggio della Camera, per tagliar corto ed evitare che il movimento si 'Pf'Opaghi alle provincie, revoca e sostituisce trecento sc10peranti, e utilizza duecen– tocinquanta sottufficiali e caporali per le distribu– zioni ritardate. Il Hl il Sindacato sente perduta la battaglia e invia una delegazione al Presidente del Consiglio, che la respinge. Il 20 lo sciopero è vinto e finito. Subito dopo, a Lione, ha luogo, dal 18 al 24 maggio, uno sciopero ben più singolare : quello degli agenti della forza pubblica. Anche qui mi– naccie e revocazioni, finchè, alla promessa del Mi– nistro di soddisfarli quando avessero ripreso ser– vizio, « i difensori professionali dell'ordme » rien– trano nella legalità, « non volendo - dichiarano - lasciare più a lungo in pericolo gli interessi della popolazione». . . Ma la lotta sindacalista degli agènti dello Stato si acuisce allorchè, nel marzo 1907, si pubblica il progetto di legge ministeriale,, che è ben lungi da (1) GEORGES CAHEN: op, olt.

RkJQdWJsaXNoZXIy