Critica Sociale - Anno XXII - n. 6 - 16 marzo 1912

CR[TICA SOQIALE 91 sia » precisamente in ragione cli1:etta della debo– 'lezza politica dei lavoratori. E tale esp_erienza sproria vieppiù gli impiegati per l'erta faticosa delle loro rivendicazioni. L 'organizzazio.ne professionale - fatto un unico fasc io delle loro u nità sparse, timide, umili - dette già_ ad essi I~ forza di contrapporsi - sia pure senza soverclua efficacia - agli sperperi, alle ma– lefatte, alle prepotenze della burocrazia. Ridonò loro, come classe, la libertà, la dignità, la fierezza, quei caraVteri insomma di cittadini e di lavoratori che nei singoli la.. gerarchia aveva i1l'esorabil~ mente schiacciati. Attraverso la organizzazione essi poterono pre– sentare i loro « desiderata » e ciò, qualche anno fa, parve ·già gran cosa anche se le richieste vennero re.spinte. Prima che le organizzazioni fossero, sa– rebbe stato pazzesco il solo pensare di potere in-. cl~vidualmenl~ a~_can~pare diritti e reclamare g\usti– z1e. Ma oggi c10 prn non basi.a e ben a ragione. Spinti. da un. più maturo sviluppo_ sindacale gli im– p1egat1 vogliono qualcosa cli più concludente e positivo : il diritto cioè di trattare çlei loro · interessi su una base contratluàle, in u11rapporto di parità, con le flmministrazioni da cui dipendono. L'esporre dei «desiderata» è men che nulla, se questi possono venire respinti «d'autorità», senza discussione. G:l~impiega_ti organizzati _vogliono di– scutere e stab1hre, con I poteri da cm chpendono, i patti e le condizioni del loro lavoro, direttamente, mediante le loro rappresentanze. E contestano ai fossili dell'autoritarismo che ciò significhi « l'anarchia amministrativa», la clispari– zione dell'ordine e della disciplina: se così fosse, significherebbe che l'ordine è incompatibile con la libertà e che il progresso sociale è una fiaba. · L'impiegalo come singolo - essi afferm;rno - rimane al suo posto nella scala gerarchica al par di prima e più disciplinato di prima, poichè, con la sua libertà, cresce la sua responsabilità. Ma gli impiegati come massa - poichè anche nelle aziende industri.ali dello Stato costituiscono la forza di lavoro, e nel pro-cesso della produzione rappresentano un elemento per lo meno altrettanto indispensabile quanto la direzione - reclamano il diritto cli parità, il rapporto di uguaglianza nelle trattazioni e una garanzia seria d'arbitrato in caso di disaccordo. Tale pretesa, che non si può più combattere con le insulsaggini ciel diritto divino, nè con i cavilli curialeschi del diritto pubblico, ha un'importanza enorme, una portala veramente rivoluzionaria come forza di demolizione dell'attuale organizzazione ge– rarchica dello Stato, e di ricostruzione dello Stato nuovo, che non, è più e soltanto· il birro, il soldàlo e l' esattore, sibbene l' assuntore e il gestore di tutti i più importanti se_rvizìpubblici a soddisfazione dei_ bisogni e a salvaguardia degli interessi gene– rali del Paese. Ma come potranno gli impiegati aver ragione di Lutte le forze non indifferenti cli reazione e di conser– vazione, che vogliono sbarrare loro il cammino? Ecco una domanda di importanza pratica asso– luta, che esige una risposta netta e precisa, oggi che, con le istituite rappresentanze dei ferrovieri, ci troviamo all'aprirsi, nel movimento sindacale de– gli impiegati, del periodo in cui si inizia la tutela di– retta degli interessi da parte degli· interessati. Ed ecco la ragione essenziale che ci mosse a ·scrivere, sgomentati dal tafferuglio delle idee più bislacche che tùrbinano nel campo ferroviario. A questo svolto della azione sindacale degli im– piegati, due sole vie :ii parano _lo_rodim~nzi per "iungere alla difesa chretta degh rnteress1 econo– ~1ici, tecnici e morali delle categorie: o lo scio- pero, oppure l'inte_sa, l'accorcio, la collabor11zione, attr_averso opport~ne ra~presentanze, circondate da sene garanzie d1 funz10namento. Dalle corna di questo dilemma non si scappa: o si va verso il· sin– dacalismo rivoluzionario, o verso il sinclaealismo riformista. Avévai10 esatta visiòne di ciò i dirigenti la « Unio– ne Nazionale Impiegati fer_roviarl », quando stam– paronò sul loro Bolletli110 - con un non celato serisò cli contento -- che « prest.o l'istituto delle _rappresentaiùe morirà d'inedia e di impotenza Ì>? .E a_llora che cosa .c~n~igli'eranno essi agli orga– •nuzwt11? L'incubazione. dello sciopero no ~ vogl_iamo spe– rare -; la collabornzione, neppure, perchè la re– spingono cori la scusa troppo ipocondriaca che, così come l'hanno avuta, all'inizio, è ·poca cosa: e allora? Vorranno forse aonsigliare, come parrebbe, ai compag!1i organizzali, la rotazioni: . coriiinua, sulla loro ignoranza, sulla loro impreparazione - ete'rne, se non incominceranno mai a far 'qualcosa - alla maniera cli quei cani che girano furiosa– mente su se stessi per azzanriaési la coda.. che hanno mozza'!"' . ' ·•· . ' . VI. Sindatalismo r voluzionario sindacalismo rito_rmista 1 Sciopero o c llaborazione ? A bbiamo eletto che, al punto in cui i ferròvieri sono sta.ti me;;si - con l'art. 12 della legge Sac– chi - no n possono che prendere sul serio o· 1a– sciare le rappresentanze·: infilare cioè la via ev'olu– zionistica per la penetrazione e la trasformazione delle pubbliche Amministrazioni, o la via del •sin– dacalismo rivoluzionàrio. Possiamo anzi affermare che non c'è che la' pri– ma via, poiché quella del sindacalismo rivoluziona– rio, per gli impiegati, non ha assolutamente sfondo: essa è sbarrata dal disastro inevitabile. E non lo diciamo per preconcetto partigiano : è nella fatalità delle cose, come riconoscono tuìti i più autorevoli scrittori francesi che si occuparono del movimento corporativo 'dei funzionari, compresi· quelli della· più bell'acqua sindacalista, coi quali, ciel resto, si possono avere a comune molte védute. Infatti, quale è il fine supremo ciel· sindacalismo rivoluzionario? La soppressione dello Stato e la gestione coo– perativa dei servizì pubblici ad opera del personale organizzato. . Mezzo diretto e immediato per giungervi lo scio– pero_: ~c\o,p~r~, e.~opo!lljç9, ,_sciop~ro,,,~i_~otjd~T_ietà e sc10pero generale. ·Qtund1, quale .phma · e pre– giudiziale conquista, le organiZ7.azioni degli impie– gati dovrebbero strappare ·al potere politico il ·di– ·rilto cli sciopero, così come lo ebbero i lavoratori delle industrie libere. Ora qi.iesta bazzecola vuol dire là negazione dello 6tat.o: è evidente cl)e esso non potrà· mai ricono– scere, negli addetti ai servizi pubblici, il diritto di sospendere il lavoro, poichè decreterebbe il pro– prio suicidio. E, d'altr;:i parte, la conquista di tale diritto è fa– tua, nè vale la pena che gli impiegati ci si scal– dino. Lo sciopero non è un diritto, nè, tanto meno, un principio, ma un fallo che è ridicolo pensare di scongiurare con un art.icolo di legge, comminante una pena, quando restano intatte le ·cause che lo determinano. Forsechè, le minaccie del Codice penale, quando esistevano ancora per lo sciopero degli operai, li .hanno mai .trallenuti dall'incrociare le braccia? Forsechè la legge, che doveva colpirli, trattenne

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