Critica Sociale - Anno XXII - n. 5 - 1 marzo 1912

10 élUTICA SOCIALt Se voi, Governo, credeste di potervi assumere la enorme responusabilità di trascinare, ad arbitrio vo– stro, la Nazione nella presente situazione, o pt•rchè non continuate, fino a guerra terminata, a sostenere codesta responsabilità sulle sole vostre spalle e ci invocate tardivamente cirenei? Perchè, a mezza via, chiamarci corresponsabili di un'azione, da noi prima non discussa e non co11- sentita? Ogni regime ha la sua logica. Bisogna scegliere fra 11 principe illuminato e il regime demucr:1tico. L'equivoco d·el consenso nazionale. La guerra santa. Il logogrifo della "sovranità,,. Voi _risponderete che per mille segni sapevate di avere 11consenso della Nazione; e che ir voto della Camera di oggi lo dimostrerà. Potremmo osservarvi che _di questo_ non voi potevat~ farvi giudice, e che oggi a troppi, ql!-a dentro, s'impone, e sia pure a torto, come ho già detto, la supposta ipeluttabilità del fatto compiuto. (Rumori). Ma soggiungo che il prete~o .consens_o nazionale anch' esso involge un gross1ss1mo eqmvoco. (Rumori). Qual'è, infatti, l'im– presa, che la nazione ha consentito? In cinque mesi la vostra spedizione, mutò d'aspetto, cinematografi~ camei:ite, n_onso quante volte .. Oggi stesso, non pare che ?ia chiaro quel che essa debba essere, a quali precise conseguenze debba essere portata. Tant'è che, allorquando, testè, l'amico Bissolati accennava alla possibilità, alla convenienza, a suo credere di consentire agli indigeni la facoltà di conservare ~ di eleggersi quel capo religioso che loro convenisse gran parte della Camera si levò a protestare. Avet~ concesso al Pontefice la legge 'delle Guarentigie che ne fa un Sovrano spirituale in Italia; quest~ non vi parve indignitoso per noi. E vi pare enorme consentire analogo regime ai fedeli di Maometto nel loro paese. Che cosa allora si pretende? Giustifi– cheremo, pro_voch~re~o noi stessi la « guerra san– ta» del fanalismo irritato? Proclameremo che i mu– sulmani, divenendo nostri sudditi, debbano godere minore libertà religiosa dei cattolici? (Rumori vi- vissimi e risa). . M'.'1io 1;1onintendo, già lo dissi, addentrarmi in particolari. Affermo, ed è la stessa evidenza, che - pur non volendo ritirarci, pur ammesso, su di ciò, un consenso generico della nazione - vi sono mille mo_di diversi di rimanere in Africa. (Commenti). V01 ne ~veste testè un significantissimo esempio, a proposito del concetto di « sovranità », di quella sovrani~à che_ci domandate di proclamare. L'onore vole B1ssolat1 osservava che «sovranità» non si– gnifica parificazione delle terre conquistate alle terre d'Italia, per guisa che quelle debbano essere ~.n:inistrate colle s~esse nostre leggi; l' on. Gio– htt1 m questo conse_nt1va.Ma, quando l'on. Bissolati soggiunse che, quindi, codesta proclamata « sovra– ni_tà_ » dovrà intendersi munita della maggiore eia• suc1tà e permettere opportuni temperamenti; con– cordi allora ed univoci furono, dai banchi del Go– verno e da quelli della maggioranza, i segni del più deciso diniego. . Ond'è che io ignoro, e noi tutti ignoriamo, che cosa realmente sia per essere, che portala debba avere in concreto, e quali conseguenze implicare, cotesta « sovranità », che stiamo solennemente per proclamare! Verso l'irreparabile! Un secondo dilemma al Governo. So invece una cosa assai grave; ed è che voi oggi impegnerete gl'interessi, l'azione, l'onore del Paese, per un tempo indeterminato, su una diret- tiva, che. è oscura a noi stessi, ma dalla quale. ogni onesto ritorno, ogni opportuna deviazione, ci sa– ranno p~r sempre. preclusi. (Interruzioni - Vivi commenti). Convertito questo decreto in legge dello Stato, noi saremo costretti, checchè avvenga a marciare fino in fondo; nessun Governo, nessun Par– lame~lo, coml!-nque, si a~teggino gli eventi, chec– c~è c1 amm~rn1~ca I esperienza, avrà più facoltà di ritomare d1gmtosamente sui propri passi, non solo, ma nei;>pur~ potrà. più cercare _ed accogliere tempera:111~nt1rag10n~voh (Interruzioni - Rumori), sei:iza d1mmuz1one d1 quel prestigio nazionale che voi credete, così a torto, di aver fortificato 'men– t~-e non raccoglieste, nè potevate raccogliere', altro ris~lta!o, che di. alienare all'Italia la simpatia delle naz10m che la circondano (Rumori). . Dire « colonia » è dire una parola. Ciò che im– porta sarebbe precisare. Assab è diventata l'Eritrea· l'Eritrea,. secondo un sogno baldanzoso, dovev~ estendersi e conglobare in sè un'Abissinia italiana· il. d~sastro di Adua hfl, infranto quel sogno. (Ru~ mori). Voci. Ai voti! ai voti! TUR~ TI. È la tr_iste verità da tutti risaputa. Per averla 10 altrove ricordata, qualche misera anima ebbe il cinismo di imputarmi aver io auo-urato al– l'I!alia una nuova Adua. A tal grado di ~ala fede spmge la passione polemica, in questo triste ar– gomento! Ma, rammentando, commosso, e tenden– do a deprecare con tutte le forze dell'animo il rin– !1ova1'?i _dello sciagurato episodio di Adua, questo 10 clues1, questo ancora domando: non forse era meglio? meglio mille_ volte,. che non già il disastro, ma la 1llum111atarag10ne c1 avesse allora ·trattenuti? (Rumori - Interruzioni). Che cosa significa la proclamata « sovranità » del– l'Italia, in un paese smisurato ed impervio come la Tripolitania, dove sono tribù - lo narrava un thuareg del Fezzan ad uno dei nostri corrispondenti dal campo - che non ebbero ancora.neppur sentore della guerra che si combatte alla costa; dove sono oasi, nelle quali nessun europeo è ancora pene– trato; dove, in quella, che è in qualche modo la capitale religiosa della Libia, il Vaticano dei Se• nussi, l'oasi di Kufra, un_ solo europeo si avven– turò per qualche giorno, e si affrettò a ripartirne per aver salva la pelle? In una terra cosiffatta la nostra sovranità, oggi, non è, non può essere, che una vuota parola; pro– clamarla con una legge, quando appena .le nostre armi hanno occupato pochi chilometri rasente la costa, non sarà, lo ripeto, che una jattanza pue– rile. (Rumori). Io non so che nessuna storia colo– niale offra alcun precedente consimile. Ma è una jattanza estremamente pericolosa. Essa non ser\'e che a legarvi e a legarci le mani, a impedire, forse, in avveniré, ogni soluzione conveniente, dignitosa, possibile, dello spinoso problema. • Capirei, ancora, se 1 come lo Statuto prescrive, ci presentaste questo decreto come allegato a un futuro trattato di pace colla Turchia; non intendo che ci chiamiate a convertire in legge una semplice intenzione, un desiderio, una sfida, che la « fatalità storica», on. Giolitti,. qui davvero è il èaso d'invo– carla, ben potrebbe sventare con uno dei suoi ca– pricci feroci. (Vivi rumori). Perchè mai tanta fretta? . Voci. Basta! basta! TURATI. Insisto: perchè tanta fretta? (Rumori - Segni di impazienza). Siete voi sicùro, on. Gio– litti, del buon successo dell'impresa che avete ini– ziata? E allora, che bisogno di prevenire il fatto con una legge? Oppure, non ne siete sicuro? E allora, in questo impegno preventivo, voi giuocate insie– me leggermente l'onore e la fortuna d'Italia (Ap-

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