Critica Sociale - Anno XXII - n. 4 - 16 febbraio 1912

GRIT1CA SOClALB 57 nisti più fo:l'midabili d'una tattica che, se coronata da successo, avrebbe resa, puramente nominale l'im– portanza del ramo elettivo del Parlamento ed as– soluta l'onnipotenza legislativa e finanziaria del ra– mo vitalizio ed ereditario. E a ciò si potrebbe ag– giungere che, se la colonizzazione, determinata, spe– cie nei secoli XVII e XVIII, dalla monopolizzazione del suolo della terra patria da parte dell'aristocra– zia, condusse all'Impero, essa però condusse, anche in patria, alla estinzione o quasi della antica po– polazione agricola, al sovrapopolamento urbano (più di guantò da solo avrebbe· potµto determinarlo l'industrialismo), e al perpetuamento d'un regime fondiario feudale, ostile a un tempo all'agricoltura, all'industria e all'igiene. ' · Tant'è ciò vero, che, coni.e conseguenza delle re• centi leggi del Governo liberale sulle piccole affit-– tanze (small holdings e i poteri assegnati per fa– vorirle ai corpi locali e al Ministero cl' Agricoltura) e sull'unearned incremént del valore del suolo, leggi che favoriscono il frantumamento naturale delle grandi proprietà, il censo del 1911 registra già la cessazione da vari anni dell'esodo rurale e l'inizio in variè regioni d'un ritorno alla vita agricola. E perciò fuori di dubbio che la gloria delnmpero è costata assai cara ed è di non piccolo inciampo all'aumento della cultura e del benessere e al per– fezionamento del carattere e della vita nazionale. Ci si chiederà forse come si spiega, se le cosè dette fin qui son vere, la forza e la fortuna dell'illu– sione imperialistica: la risposta è assai semplice : basta guardare alle tavole che hanno dato le sotto– scrizioni di nuovo capitale ingles'e entro e fuori l'Impero: coloro che investono per lo sviluppo di nuovi territorii situati fuori dell'Impero premono for– temente per diminuire, mediante l'annessione di tali territorii, i rischi cui sono esposti i loro capitali; ed essi hanno facilmente per sè i costruttori di navi, i fornitori d'armi e munizioni e tutti coloro che vedono in tal guisa aumentare il numero di posizioni rimunerative pei loro figlj e parenti nelle amministrazioni coloniali, nelle ferrovie e nell'eser– cito. Il successo più grande del celebre bilancio 1909-10 del Lloyd George non è quello di aver sal– vato il paese dal protezionismo e dalla supremazia assoluta della Camera ereditaria, per quanto que– sto merito sia di per sè immenso; ma è sopratutto quello di avere talmente elevato il peso dell'imposta diretta sulle fortune più grandi e di aver talmente chiamate queste a partecipare nelle spese per la difesa imperiale e per la ricostruzione sociale, da trasformare come per incanto le classi fino a ieri fanatiche per nuovi dreadnoughts e nuovi cannoni in improvvise amiche di, una politica parsimoniosa e non avventurosa. Ora sono uomini come Lord Ro– sebery, ex imperialista liberale, uomini come Lord Lansdowne, leader dei conservatori nella Camera dei Lords, e Bonar Law, leader dei medesimi nella Camera dei Comuni, che rimproverano al ministro de~li Esteri liberale di non far nulla per venire a \.\Il intesa con la Germania, che arresti la sciagurata gara degli armamenti navali. Una politica demo– cratica, che accresca l'educazione delle. masse e ne espanda i bisogni e la capacità di consumo, devol– vendo alla elevazione progressiva del minimum na– zionale di benessere e di cultura ·ciò che altrimenti correrebbe rischio d'esser speso in guerre; una po– litica, che, nel mentre non ostacola il costituirsi di nuovo capitale e il suo affluire alla produzione, è abbastanza vigile da opporsi a che i rischi delle classi c·apitalizzanti divengano i rischi e i pesi di tutta la nazione; è il solo e vero rimedio che esista in Inghilterra contro l'imperialismo, che è pur sempre un pericolo eternamente rinascente co– me il parassitismo e la poltroneria in ognuno di noi. Naturalmente in Italia l'espansionismo non può invocar di queste cause; l'Italia non ha neanche ca– pitali per. sviluppare tutte le sue proprie risorse naturali; è -questa una circostanza che differenzia essenzialmente il suo imperialismo, non solo da quello inglese, ma anche da quello francese e te– desco, che pure vanta capitali da investire, la Fran– da avendo investiti all'estero circa 40 e la Germania circa 37 miliardi di lire nostre. Ma ciò non vuol dire che anche in Italia non siavi parassitismo dei pochi sui molti: ·in Italia prende la forma di buro– cratismo e di protezionismo ad oltranza; gli ordini del giorno di tanti Circoli industriali per ottenere trattamento preferenziale per le loro merci nella Tripolitania non lasciano su ciò alcun dubbio; la stessa camarilla di cotonieri, di lanieri, di siderur– gici, di armatori e costruttori, che preda l'Italia in– tera, vuole cercar di predare anche gli Arabi ad– dossando a tutta la nazione il costo e il rischio di garantir loro il successo. La· nazione, come tale - s'inganna od· inganna chi crede il contrario - non ha un solo soldo da guadagnare. Perciò, ora che il fatto è compiuto, il còmpito più urgente è d'ob– bligarè il Governo a proclamare la Tripolitania mercato aperto•; in questa guisa almeno, se vi af– fluiranno in qualche misura - non c'è molto da spe– rare! - capitale e merce stranieri, la colonia po– trebbe servire a rompere, funzionando da interme– diaria tra il mondo e l'Italia, il cerchio di ferro del protezionismo italiano: A ogni modo, è certo che ce ne verrà danno an– che perchè la nuova colonia, !unge dal rafforzare la nostra difesa nazionale, l'indebolisce. Se non ci por-· remo a gareggiare di dreadnoughts con le borse più ricche dell'Inghilterra e della Francia· per as– sicurare alla Triplice, se continuiamo ad aderirvi, la supremazia del Mediterraneo (è questa la tesi del– l'on. Di Palma nell'ultimo numero della Rivi-sta Nautica), noi ci' esponiamo, in caso di guerra tra Triplice ·Alleanza e Triplice Intesa, a perdere la colonia, l'esercito coloniale e -la flotta (e, perdendo questa,• la Sicilia e la Sardegna) per opera dell'In– ghilterra· e della Francia; posti fra due scogli, do– vremo, in ogni caso, per molti anni, aumentare le spese navali e militari. Avremo almeno aumentato il nostro prestigio? Al– l'estero nessuno lo crede; diplomaticamente, il non aver avuto il permesso dalle potenze di ferir la Turchia Europea fu certo uno smacco; è ovvio che si sperava con ciò di condur presto la guerra a termine; e il famoso decreto d'annessione fa ri– dere persino i polli pel tempo che prenderà a di– venire realtà storica e per l'inciampo che crea alla pace. Avremo cancellato l'onta d'Adua; sia pure; ma avremo irritato il mondo intero, avremo scossa la stabilità e la santità dei contratti violando vari trattati e varie convenzioni e dando un cattivo esem– pio che si ripercuoterà anche a nostro danno; e sopratutto avremo rinunziato all'alto idealismo del nostro Risorgimento. In Inghilterra almeno, è certo che i soli benevoli alla impresa di Tripoli sono stati coloro che benedicono a ogni pirateria del loro Go– verno; e coloro, che_con indignazione e con dolore l'hanno più severamente condannata in se stessa e in talune sue fasi, sono pur coloro che, operai, so– cialisti o liberali, hanno anche, talora perfino con violenza, condannato· anche più severamente le· pi– raterie del loro stesso Governo. L'Italia ha certa– mente perduto la simpatia delle coscienze inglesi più prògressive e più generose. Il valore morale dell'ir11perialismo. Ed ora poche righe per coloro che a queste con– siderazioni credessero rispondere che l'uomo non

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