Critica Sociale - Anno XXII - n. 4 - 16 febbraio 1912
CRITICA 'SOCIALE 51" oonsiiste l'errore d'ottica dei nostri amici di Destra; il daltonismO" ministeriale impedisce loro di valutaFe aHa giusta mis·ura tutte J.e enormi conseguenze, di– rette ,ed indirette (pericolo di crisi generale, rincaro dei viveri, ecc.) della conquista libica. Ma, si dice, ci sono due importanti riforme da con– durré fa_ porto: quella elettorale e il monopolio as– sicurativo. Senonchè, è facile rispondere che la, prima è ac– cettata· anche dagli attuali avversari del Ministero, dai sonni,niani; se qualche dubbio fosse rimasto, 1a pubblicazione i~ questi giorni del volume dell'ono– revole Salandra: La politica nazional·e e il partito li-– berale Io dissiperebbe; cosicchè l'allarrgamento del suffragio non può ess-ere ··lontano, viva o muoia il Ga– binetto Giolitti. Quanto alla seconda, essa contiene, è vero, un pic– colo germe di socialismo pel principio che afferma; ma è -esagerarne mostruosamente l'importanza· il vo– J.erla contrapJ1HiH'JJe a tutto il deficit giolittiano J')er tuttr gli alt·ri asp•etti .del suo ultimo r~gime delittuoso; fo.lle ,e microcefalo. A questa stregua tutti i Governi potrebbero ottenere sempre un bili d'indennità per i loro -errori e le foro colpe. *** Che fare, allora? Purtroppo, nelle distrette in cui ci dibattiamo e data la situazione creata dallo scervellato d-ecreto di annessione der 5 novembre 1911, non c'è che· da cer– care un pis 0 aller. Sull'Àvanti! del 7 c. m. io ho esposto - prima an– cora che Bissolati formulasse il suo ordine del giorno pel Convegno di Bologna - un programma minimo d'azione anticoloniale: non avanzare all'interno della colonia; tenerci al litorale -e ai punti occupati; con– trastare l'opera del militaTismo, della burocraz,ia, del– l'affarismo coloniale; non ing.ilfarci in costosissimi lavori pubblici; combattere l'idea dell'Einaudi e di altri di creai,e un esercito colon·iale; continuare nel lavoro di disinfa_tuazione de'll'imperialismo. Questa· politica del meno peggio non piace al Tu-. rati; egli nel suo di-scoi,so dell'll scorso, tenuto a Milano, l'ha chiamata - secondo il resoconto del– l'Avanti! - « cosa poco seria ». E perchè « poco seria >> quap.do non c'è la prosp·ettiva di soluzion-i più radicali e decisive? quando ancora non si vede la possibilità di dare tutt'altro orientamento all'opinione pubblica? Quando il fals<Jorgoglio patriottardo,• le camarille mi– litari· e ·affaristiche, la vi·olenza governativa, ,i'!• decorb nazionale, la diplomazia, ecc. si sa non permette– ranno il ritiro delle truppe? Per ora, credo, non c'è altro da tentare che I,a po– litica del me.no peggio, in attesa degU avvenimenti parlamenfari ed extraparlamentari. A quanto scrive F. Ciccotti sull'Avanti! del '12u. s., si starebbe formando a Montecitorio una coNente di deputati, intenzionati di abbatter-e il Governo sul ter– reno delle assicurazioni di Stato. La caduta di Gio– litti, in una questionè tecnico-finanziaria, importe– rebbe anche la caduta del famigerato 0-ecreto d'ari– nessione, sì che si potrebbero intavolare J.e tratta– tive di pace, senza avere le mani legate e senza pre– giudicare, di fronte all'estero, il decoro del Pae-se. lo non so se quello che assevera il Ciccotti sia vero, e se una mossa di tal genere potrebbe riuscire allo scopo. In caso affermativo, penso che i deputati so– cialisti dovrebbero unirsi al movimentq, passando so– prà tutti i monopoli e le riforme elettorali di questo mondo.· Queste son quisquilie in paragone· al bene supremo di una pace anche formalmente· conchiÙsa con la Turchia, e al vantaggio di limitàre i danni della guerra al minimo .possipile. Certo, i socialisti devono guardar-si bene .da cadere in altra trappola e restar dupes cii qualche altro av– venturiero; devono evitare con tutte le loro forze l'av– vento di un Governo ancora più nazionalista è nemico, per soprassello, delle riforme promesse. S-enonchè, noi dobbiamo un po' fare a fidanza -sulla loro in– tuizione, su quel divino dono, che, secondo il Bergson, fa vedere l,e cose che ancora non sono, dietro la pa- , r.ete opaca della realtà. · Se, non ostante la dur·a lezione avuta e dopo ,essere stati messi sull'avviso· dai procedimenti giolittiani, i deputati, socialisti mostrassero di non avere l'intui– zione politica necessaria a regolare il socialismo nelle anfrattuosità del parlamentarismo, il prol-etariato do– vr-ebbe pénsare -seriamente ai casi suoi, e, nelle pros- 1 s!~ejt~N'o1;ii., fa_~e.: ~n. ~uRn_bu('.a,to e sceg~~re. pil). 1 v1g11Iscolte de' suoi mteress1 e delle sue asp1raz1on1. La yrisi che passiamò è penosa. Auguriamo almeI\o che essa ponga chiaramente davanti alla coscienza del Partito questo formidabile punto interrogativo, cui una risposta si impone: il socialismo, in Italia, sbocca nel vi·colo, per noi, cieco, del riformismo di Destra, oppur,e, per non tralignare, deve, metaforica– mente, rifare un tratto di cammino ,e porsi - o ri– porsi - su ·altra -strada? Ecco una questione, che può e deve d·ar origine in ogni -socialista ad un esame di cosci,enza, oltre gli av– venimenti in cui ci troviamo impigliati. Che almeno J.a sventura nazionaJ.e servisse a questo! · E. MARCHIOLI. Un'-o.sservazione vogliamo fare alla seconda parte dell'articolo di Ettore Marchioli, perchè il silenzio nostro non lasci radicarsi un equivoco .. Il Marchioli è - come noi - schiettamente antitripolino, quindi antiministeriale, e riconosce le ragioni ideali per le quali il partito socialista non potrebbe, senza soppri– mersi, patteggiarn comunque cogli autori diretti del provocato disastro. Ma; mentre, in questo concetto egli sembra fermissim.o, ·e, vogliamo credere, è; ecco che, procedendo, ,la .sua ,parola, se non il pensiero, vacilla alquanto e seml;>ra piegarsi. Che significa c~e ì socialisti d-evono evitare con tutte le loro forze l'avvento di un Governo più nazio- , rualista d,el presente e nemico, per ··giunta, delle ri– forme· J)romesse?' e che pe~ci~ devon~_ gu~rda·rsi_ 1al cader:e m trapp('}la e- valersi d1 h1tto I mtmto J?D:b.tico. di cui sono dotati? Qui - e non parrebbe poss1b1le - · i:l M,archi.i'ç;li si troVà:, néHa fo:r:mula, q'u~si sulla_ stes: sissima linea di Bissolati e di Bonom1, d1 cm egh s'è dichiarato agli antipodi. E l'elastico criterio d-el « meno peggio » - che può s[gnificare le cose p-iù di– v-erse ·- li riavvioina e congmnge. Certo, pel « meno peggio » siamo tut~i, semprn, -:-– non in questo caso soltanto - se non siamo d_ement1. Ma che cos'è il « me•rio peggio » per un partito, per il nostro partito, in quest'ora? Ec~o _il ver? pun.t?, dove l'identico suo1ao copr-e concetti. disparati o anti– tetici. Per i riformisti di Destra il « meno pegg1? » è assicurare, comunque, un zinzino meno di_coloma– Iismo militare, un zinzino più o un zinzmo_ più pre_sto di rifoTma eolettorale e di monopolio. Per I r1form1stì di Sinistra il « meno peggio» - quand'anche si do– vesse aver~ un briciolo di più di militarismo, o un briciolo di meno o un qualche indugio nelle riforme indicate - sta nel rialzare l'anima, la forza, la com_– battività -del partito; e sentono che, per ques~o, e necessità imprescindibile bandire l_a più_ ~nerg:1ca e decisa guerra a questa guerra e a~h ,uom1m e a1 pa:r:– titi che l'hanno voluta o consentita. A questo patto non -solo le riforme democratiche - siano pure alcun poco ritardate - acquisteranno un vero :e grande
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