Critica Sociale - Anno XXII - n. 4 - 16 febbraio 1912
58 CRITICASOCIALE vive di solo pane e che occorre pure tener conto dei valori morali, del prestigio, della gloria e di tante altre belle cose. . Ebbene, anzitutto l'Inghilterra ebbe il secolo d'oro della sua letteratura prima d'avere un IIJ1pero. Chau– cer, Vicliffe, Marlowe, Shakespeare, Spenser, Mil– ton, precedono ogni gloria imperiale e l'oscurano; quando Shakespeare e Milton volgevano al loro tramonto, le colonie puritane transatlantiche non avevano che qualche anno d'esistenza. E dopo c~e sorse l'Impero, che ha questo da contrapporre, m letteratura, in scienza, in arte, in filosofia, alla pic– cola isola madre? Quali nomi ha desso da contrap– porre a Newton, a Kelvin, a Lyell, a Darwin, a faraday, a Norman Lockyez, ad Oliver. Lodge? Qllali da contrapporre a quelli cli Worclsworth e di Coleridge, cli Shelley, Byron e Keats, cli Savage Landor e William Morris, di Matteo Arnold e ·dei Rossetti, per non nominare i maggiori, Browning, Tennyson e Swinburne? Quali nomi d'oltre mare oscurano quelli di Walter Scott, di Thackeray, di Dickens, di George Eliot, di Meredith? Qua'li •uo– mini di Stato s'affacciano emuli .delJa ,g!oni~,,dei 1 . Pi.tt e dei Peel, dei Gladstone e dei Beaconsfield, dei Cobden e dei Bright, per nor) parlare degli Asquith e dei Lloyd George? Quali epiche lotte d'ol– tre mare commossero ropinione mondiale e parvero scuotere dalle fondamenta la vecchia e pigra na– tura umana, come quelle della Lega di Manèhester, del Cartismo, dell'Home Rule ·gladstoniano o quella pur mò chiusasi con la triplice disfatta dei Lords? È ovvio che la grandezza nazionale non dipende nè dal numero di teste nè eia quello dei chilometri quadrati su cui sventola un certo vessillo,. ma dalle battaglie date e vinte .per qualche diritto, dalresem– pio offerto di qualche nobile coRato, che rendti il mondo intero per sempre tributario e vassallo del– l'iniziativa di chi l'osò. È ovvio che la vera gran– dezza britannica non è mera questione di area o di quattrini che per i ciechi e gli stolti'; essa sta sopratutto nell'aver create dal proprio seno, non nuove colonie, ma cinque nuove grandi nazioni, grandi di energie e di libere istituzioni e di cui tuttavia, in popolazione almeno, nessuna, .tranne gli Stati Uniti, eguaglia la sola Londra; e ciò fu possibile solo perchè l'espansione coloniale fu, non una creazione cli Goverµi, ma una formazione- natu– rale, silenziosa, dovuta quasi interamente a energie di singoli e al fatto che questi portavano già seco, o_ltregli oceani, il modello d'una patria prospera e hbera. Pur senza cli esse la « little England » sa– rebbe nel presente e per i posteri. più grande del suo srande Impero, per la luce che da essa si è sprig10nata in 9uattordici-secoti di ,.l?.~0ri/;li v, c,~~F~a, a -parte, dalla « gran madre » che drè al mondo, Sha– kespeare e Newton e che dà ad esse pre!!tigio, esse son meno che nulla, senza storia e senza poesia e cultura, e forse cadrebbero facile preda del Giap– pone o della Germania. Pur senza di esse Lon– dra sarebbe il mercato finanziario del mondo, ed esse ne sarebbero debitrici. L'Impero insomma non fa l'Inghilte_rra grand~; se f!1ai, l'indebolisce e gua– sta; ~sso vive solo dr glorra e grandezza prese a prestito dalla metropoli; esso ne emana e n'è un riflesso; forse n'è un cancro; certo non ne è un fattore. , V'è di più; considerale i secoli aurei delle ~raneli let,t~ratt!re; è ~orse la conquista che suscita 11canto cl Eschilo e dr Sofocle? No è la difesa del diritto, contro le orde persiane. E in'Roma che cos'è il secolo d'oro se non un inno alla pac~ dopo le te_mpe$lee a che cosa Virg~lio attribuisce la gloria dr Roma se non a.Ila funz10ne .del pacis condere -morem? - E donde prende il suo slancio l'ispirazione poetica inglese nell'età d'Elisabetta, se - non· dalla yittoria contro · l'i:nvasione straniera. tentata dalla Grande Armata di Filippo II di Spagna?· E il se– colo d'oro della Germania, che va da Kant a Hegel ·e da Lessing a Schiller e a Goethe, donde trae la sua ispirazione, se non dal motivo del diritto na- zionale concùlcato dagli eserciti napoleonici? E non a caso: ciò ?he di~fere~zia le. gtterre gloriose e le stesse· -cortqurste, d1 cm è lecito menar vanto, nel passato, non .è la conquista e la guerra in sè, · ma si è il fatto che la guerra è stata .una operazione di polizia, una maniera di ..estendere l'area della pace nel diritto; ed allora, riconosciuta tale fun– zione, non diviene ovvio che, mediante la politica della porta aperta che rende possibile il Concerto Europeo, tale funzione può in oggi esser tentata, e spesso con buoni risultati compiuta, senza guerre e conquiste? Non è ovvio che, in caso contrario, ci si trova di fronte all'assurdo che delle nazioni civili sian pronte a pagare per la sovranità territo– riale assai più che un individuo non farebbe per Uii pieno diritto di proprietà? Nè ci si parli più a •lungo dell'.efficacia della i&Herpt, I).ei' r~rr4~rr,, ~soiw .. i(1 I car~H~~~"np.~fo99Ir;_ 1 nostri so1datr hanno esperimentato m corpore Jilt che secoli di spirito militare e di vita guerresca non hanno impedito che presso i Turchi e gli Arabi potessero continuare a coesistere la più atroce cru– deltà, la più ostinata riluttanza alla disciplina del lavoro produttivo, la perfidia più astuta tra di loro e con- gli stranieri e l'eroismo più impavido di fronte ali.a morte e la lealtà più devota ai lor duci sul campo. Quale sintesi sperimentale confutatrice! Quale abominevole inganno, quale perversione dia– bolica il credere il contrario! E frattanto, sotto i nostri occhi, nel mentre si pretende d'essere· alfie-ri di civiltà per ·gli Arabi, ne diventiamo becchini in casa nostra e si rinnova la censura sulla stampa e si sosp~nde il controllo pa'rlamentare, mèta per cui fu dolce la carcere e il patibolo, e la magistratura emette sentenze che sono vendette, e Luigi Luz- · zatti sprigiona possente, in cacci'a di ltalicus, in tanti itahani di qua e di là dalla Manica, la nobile ambizione dello spionaggio! Ohl no, se la guerra ha dimostrato al mondo una cosa, fra canti di poeti e orazioni di retori e magniloquenze rastinacchiane e sofismi storici, quali e quanti solo l'Italia può davvero darne a tutti, _si è l'eccitabilità infantile e n~vrastenica e l'ignoranza geologica e storica! Del valore di nostra gente non poteva dubitare che ,pur solo conosce l'epopea garihalclina narrataci. dal Tre– velyan e l'onda di grande poesia che il nostro ni~ sorgimento ispirò a insigni vati di 'lingua straniera; esso è qual fu;, ciò che ha tutti stupito Si è la s'ua •-leggerezza ,,e f o1lia collettiva! · Queste sono le cose, a• parer mio •inconfutabili, che ho creduto vero dovere patriottico poter- libera– mente dire i.n un momento, nel quale tanti uomini delle varie frazioni della cosidetta democrazia ita– liana hanno perduta ogni nozio.ne di quello che sa– rebbe loro dovere, e nel quale il patriottismo, che è cult_o di guanto_ di più alto e _nob\le e'~ impe~ituro ha 11gemo nazionale e partec1paz16ne· m ogm 'glo– ria immacolata di arte, di cultura, di scienza e di ben ordinato vivere civile,. vien prostituito al li– vello di silenzi codardi e d'ignobili connivenze ca– morristiche. Questo sopratutto ho voluto dimostrare: l'Italia, con l'impresa di Tripoli, invece di aprire a sè .e al mondo un ciclò nuovo· di storia, s'è· Sem– plicemente mes·sa a ripetere, nella forma e nelle cir– costanze meno promettenti e convenienti, errori, da- cui la coscienza nazionale del popolo moderno che vanta gloria e~ energia imperiali si va sotto agli occhi. nostri redimendo. Londra, gennaio 1912.
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