Critica Sociale - Anno XXII - n. 3 - 1 febbraio 1912

« CRITICA SOCIALE -------------- - ·- -- ···- il suo verso - e non mise il suo scanno diretto– riale a dispos,;zione delle organizzazioni, l' « Un1'.o– ,,,.,, ,Vazwnale impiegati Fer1·oviart » ha il corag– gio di serenamente concludere: « .... oo' ,riteniamo fermamente che, li~µidate ~e questioncelle di trascll,l'abile importanza, s1ste!Ilato il trattamento dii pensione pel qut,le bussano vigorosa– mente - con vantaggio anche nostro - i funz10narì, l'· ,?tituto della rappresentanza _morirà d'.inedi_a e_ dJ impptenza, e su questo _mi~erab~let,ent!l-t1vod1. ?1v1- sione delle forze fer,roviarie. brillera d1 luce prn v:– vida e più fulgente l'organizza.zi.one ». A questo clie, nelle _colon.ne del Bollettino. del– la Unione, è un va111loqu10 grottesco, abbiamo trasecolato. , , Organizzarsi sta bene, viv~ddio: lo abb_iamo r.ipetuto in ogni angolo d'Italia. Ma ... ~ ;poi? Se l'organizzazione· non deve tendere a stab1hre rap- · porti sempre. più ·de~pcr!J-tici '4i la vor~, e mezzi <li collaboraz1one e d1 penetraz10ne tali da spaz– zar via tutto l'autoritarume monarchico-feudale che ammorb~ le pubbliche amministrazioni, e a ' pr:eparare quella che Vittorio C'onsidérant chiamò « la gestione diretta» dei servizi pubblici, a che cos'altro servirà essa? }<'orse a i'imbecillire orga– nizzati e organizzato ri nel ripetersi eternafnente che « l'unione fa la for.za .», mentre la forza non si sviluppa, perchè l'unio ne non si raggi~nge con le chiacchiere che sfiduciano e col « partiam, partiam.· ... » che fa ridere quando si seguita a star fermi? In verità ci sarebbe da sentirsi prendere dal più tetro sconforto, dinanzi ·a simili oscuramenti. ùi coscienza degli amici migliori, ~e non soccor– resse ad illuminarci tutta viva e fiammante la fede. Lo disse su queste oolon'ne di primo maggio l'a– m;r,o e benevolo padron di casa che ci ospita : « Nulla è più malagevole, nel moto della storia, che discernere quando si è oondott',_quando s-i è con– dottieri; districare, nelle, imprese delle quali siam parte, quanto sp,etta alla coscienza e al volere, quanto a quel v:Iuppo di forze, che i partitll, i Go– verni, le classi presumono di scatenare, sol per'chè le hanno constatate e han creduto di secondarie. La fonte, che dissuggellam.mo, esisteva senza e prima di noi; la p olla, .che traemm o ~ll'~perto, « lavorava » nel mistero del s.ottosuolo; 11 rigagnolo, che se ne sviluppa, avv:ene che ·si riprofondi nelle perfide ghiaie; e noi piangiamo delusa, bestemmiata, ·di– strutta tutta l'opera nostra. Ma ecco laggiù una ca– scata che crea l'iride e niacina_i1 grano». (1). La poLa delle energie nostre, inalveate nelle or(5anizzazioni degli impiegati dello Stato, va fa– talmente, inesorabilmente - a dispetto della ri– 'la.ssatezza apatica delle masse e degli smarrimenti momentan,e1 degli organizzatori - verso i mulini e le gualchiere ope rose d ella collaborazione, che - come la intendiamo n.oi, e lo vedremo tra poco - non è la diisgrega ziorn~ d-e:le, nostre associazioni professionali, ma lo sbocco necessario e logico della loro pratica sindacale, così come non è la rinunzia alla lotta. per la nostra completa eman– cipazione di lavoratori, sibbene una forma supe– riore e veramente intelligente ed efficace di azione. II. L~ cause nro'fonne delmovimtnto siodaca'e degli im~iegati. Il movimento. clii classe degli impiegati dello Stato - al pari di quello dei lavoratori col q_uale ·ha tanti vincoli di reciproca solidarietà - ha pro- (1) Filippo Turati : Alluvione sotterranea; in Critica Sociale, i911, n. 8. ___________ __;;__ fonde cause st~riche, filosofiche, economiche, tec– niche, che lo sospingono fatalm~nte, e assu~e una portata organica che, finora, _1 E~ec~ncetti. e le abitudini correnti nascosero a1 pm, 1 _quah n~n videro o non vollero vedere in esso che 11 demago– gismo. E c'è ben altro. G:i operai prima, gli impiegati dopo, avendo compreso .quale è la loro parte nella produzione, la loro importanza economica e la forza del loro numero della loro competenza e delle loro org-a– nizzazi~ni, vogliono p~.:,·,,,cipa_·e sempre più alla amministrazione de~la produzione. Essi tragcrono logicamente le estreme conse– O'Uenze- ·eh-e non temono, poichè anzi sono per ;ssi vantaggi,ose - dal principio di u15uaglian~a .. bandito dalla borghesia nell~ Rivohrn1one dell- 89 e sviluppato dalla democrazia. . Se l'eguaglianza ci,lile non è. menzogna - e 1 lavoratori" vogliono· che non lo stia - una· parte ~lel potere distrutti i regimi feudali e assolutisti\ deve rive;sarsi nelle associazioni professionali do– ve si tu;telano gli interessi del lavoro; dove i lavo– ratori si sottomettono di buon grado alle loro leg– gi che derivano dai bi~ogn~ partJcolari d1:lla ,cate– goria sotto la determmaz10ne meluttab1le della solidarietà. _ ' . In una società di cittadìni politicamente eguali, il potere non può conservare, verso di essi -e contro di esS\\ gli attributi religiosi e ~ivini che ebbe nel regime feudale e nelle 1!1?narc!ne a~solute_. . _ . Al rapporto d'autor1ta r1g1ao, mfless1b1le, 1~– tercedente fra il casteìlano è il Vll,ssallo, fra il re e il servo ài sostituisce, o per lo meno i lavo– ratori tendo~o a sostituire, nei regimi democra– .tici, una disciplina libera;, contra"ttualmente sta- :d:ta ed acc oLta fra egu~h. , . Da ques.to punto çli vist:1 ha pienamente rag10- ne il sindacal ista Maxime Leroy, quando nella s1:1a opera poderosa cc Les transformations de la_ Pwi~– sance Publique - Les Syndica.ts de Fonctionnm– res )) affermà : cc Nella démo.oraz'a il :potere noi)- è e non può ~s– sere più ohe ammin.is_traz_ione, fu~zi~ne, collabora~10- ne, accordo, intesa,: 1 mille mezzi insomma che 1m– pies-ano gl: u~mini fra loro_, quando• sono della, me-, desuna forza e àella ;medesima cultura ..... Degl~ u9- min1: ea'l.l,alisi amministrano fra loro: è 1,17,con'<epi-– bile che es,. s·i governino ». Perchè ciò in realtà non avviene? « Perchè - filXOse&ue il -Leroy, -, ~!l, jde~ocrazia ·_è un'. movimento contro il p:oter'e ma sol_tanto nei r1- gu.ardi suoi ed a profitto· di coloro che godono vera- mente ·dell'eguaglianza civile. . , . , « Di fronte alla classe operaia la democrazia s af– fe.rma autoritaria, giacobina.· C'è un'aseenza del po– tere a prnfitto della borghesia; ma ~ale « ana~chia di classe,; cessa quando la democrazia entra i~ rap- 1 porto con quelli che non possono ;rrofittare deH ugua- gl'anza civile, perchè nullatenenti:». . . . « ..•• La democrazia non è che un regime di ~iber– t!L e d'uguaglianza di _cla~~: es,•a dirn:ostra clie 1,l po- tere è impossibile fra 1,nd1,v1.du_ e_gua_li. ,. . « Ma non può nulla· per d1m11nuir~1 :neguaghan– za: ecco pe.rchè v'è un potere pubblico, regale n~llo Stato democratico». E Vittorio Considérand - nella sua Teoria « Jl ·&01Jerno diretto" - aggiunge: « La democrazia vuole il Governo del popolo, eser– citato dal popolo stesso. La democrazia è- if l)O;A.1-> • tutto :ntero che si governa da sè. . « Ma oggi il popolo non l?,3: per sè C?he le apparen– . ze dielpotere; la s,ua autonta è nommale, le realtà sociali non corrispondono alle premesse della legge. » I

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