Critica Sociale - Anno XXII - n. 1 - 1 gennaio 1912
10 CRITICA SOCIAL~ prima della ·secondii e ha d-ato yita ad u~ insi_em~ di urgauizzaziuni, le quali, se non so?o pr1ve ~1 di– fetti contano però anche al loro attivo grandi be– ne111~renze;hanno, nell'ultim? _decennio ~ n~l~a ~ol~ prov\ncia di Ravenna, esegmti parecchi m1l1on:.Ò1 lavori e vinta completamente la concorrenza _de~~ Jm• prenditore privato. La second~ forma è assai P)Ur~– cente e. ~e in alcuni luoghi non ha d~to /11101~ riwltati incorag-g-innti, in altri in_ve~e J_, ha dati pron1ettentissi111i.Alfonsine, in prov10c1ad1 Ravenna, ~ Altedo, iu proviucia,di Bol~gna, sono ~ors_e -:: neHe re.rioni alle quali ptu sµec1almente s1 nfe11sce 11 n~tro studio - le località in cui le affittanze col– let.tive han no r11ggi unto gli effetti migliori. Noi crediamo fermamente che ta'nto l'una quanto l'ulfra forma cli cooperazione siano adatte alle con– di:doni e alle attitudiui dei braccianti. Solamente, pPn:hè psse diano tutti i loro frnt~i,. ~ indispensabile applicare ad entrambe una netta d1v1s1011e ciel_lavoro l braccianti volendo applicare contro la dtsoccu-. p;1zione 1111a ,;arte sula dei mezzi che sarebbero ne– cessari fluiscouo per abusare del turno. Quel poco lavoro' cl.e esi~te, lii q,,alunque specie esso .sia, è distribuito per turno fra .un numero ecc~s~tvo ~1 braccia.nli. 'l'alchè ogni individuo - compiendo, rn momenti diversi, le più diverse operazioni - non P uò formarsi secondo abbiamo al.tra volta osservato, ' ' ' . 4 -uella,~pecializzazione, che e pure cosi neceS$1:l.J'la 111 progresso economico e sociale. Biso"na dunque che i due rami della coop~ra– zione ~ar~tteristic~ per i braccianti si distinguano nettamente fino dal loro sorgere. Gli individui, chP, per le loro attitmlini, diverra~,no so_ci del_lec1ffit– tanze ag-ricole, non dovranno ptu lasciare, d1 regola 1 l'a,,ricoltura · mentre gli individui, che saranno scelti a :oci delle 'cooperative assuntrici di lavori puhhlici, non dovranno più passare, di regola, ai lavori pub– blici ( 1 ). Finalmente, occorre insistere, per le affittanze col– lettive dei braccianti, sugli stessi criteri di gradua– lità, che sono stati esposti in rapporto a quelle dei mezzadri. Le ès1•erienze, che si sono finora compiute, stanno ,i· dimostrare che sarebbe errore gravissimo se, con le loro affittanze, i braccianti volessero, di regola, esercitare in una piena forma collettiva anche la r,onduziune strettamente agricola. 'franne che nelltt eoltura llel riso, <love l'abitudine al lavoro comune e la necessità del regime delle acque possono con :1igliare un indirizzo di I erso, nella massima parte ,!elle colture asciutte è necessario stimolare la laho– riosità e, più in generale, il senso di responsabilità lei singoli soci, individualizzando per op;ni famiglia .I modo e i risultati della coltivazioq.e. Per ora de– vono essere colletti vi soltanto i contratti coi pro– ;>rietari, e le operazioni di carattere prevalentemente imrninist rativo, commerciale ed industriale (conti ;ecterali, acquisto di concimi e di macchine, trasfor– nazione e vendita dei prodotti,. ecc.). Ma, per la :ouduzione più proµriamente agricola, è hene che, ,1et· ora, le affittanze distribuiscano gli appezza 11entitm le _vari e fami~li e, e retribuiscano ciascuna u proporzione dei rispe.ti vi risultati. Solo in un pe– iodo successivo, quando l'educazione associativa isulterà più matura, sar.\ consigliabile di passare a 'orme più nettamente collettive anche in rapporto Ila vera e propria conduzione agricola. ' (Cont-inua). ANTONIO GRAZ(AOEI. t') L'abuso d11lturni, e, per conseguenza, ll mancato rispetto anu 11vletone del lavoro, hanno pesato, e pesano tuttora, su ogni tnlzia– riva del llrflco1antl romagnolt. Si può affermare che unA delle cause 1~1l'tnsucc1•sso del11l colonia agricola d'Ostia si deve a ()nesto: oh", 1el troppo lun,:.ro period o tn cu l essa era dipendente da1l'organl2za– ·lone •di Ravenna, vi vt ,nlvu.no distaccati Individui, che, ftno allora. 1· QVUnorsercttatl tutt' Altrt m estieri, e che uon avevano perciò o.l– e ,·,a 'A.httudtne e -cupac1tà J\.l uwor.o agrario LA POUTICA OlOHIAlE OH CAPII AUSMO Espropriazione e proletarizzazione degli Indigeni in Tunisia, Non appena s'ebbe sentore in Italia_ che il 'l~an: co di Roma aveva accaparrate larghe estens10m di territorio dell'oasi di Tripoli, un grido di 9r-. rore corse le terre d'Italia. Qualche giovane eco– nomista ammonì che il Governo doveva immedia– mente impedire gli accaparramenti delle nuov~ terre coloniali. Queste, si disse, debbono sdttran1 alle losche speculazioni private e riservarro a quel milione di lavoratori italiani, che certamente ac– correranno laggiù per formarsi il campicello che· non han trovato in Italia, e per edificarsi, col pro-. prio sudore, la indipendenza e la felicità sul suolo conquistato dal sangue dei nostni fratelli. · Il Governo, docile, iprovvid9 e probo, è corso: ai ripari; e ha emanato un decreto che« vieta, fino a nuovo ordine, ogl).i alienazione di terre e giar-. clini, sotto quals-iasi pretesto ». Tutti g li spiriti• puri hanno tirato un sospiro di sollie.vo, come (l. dire: « Oh! adesso, porcherie no n se ne fa ranno! » E, se fosse, sarebbe davvero il primo caso nella storia coloniale del mondo, e sarebbe così sltrano, così m·eraviglioso, che basterebbe da solo a giustn– ficare_ la spedizione; attesterebbe, infatti, la one~ stà e la conltinenza del capitalismo nostrano e la purezz.a del costume politico italiano. ·, Oi sia consentito dubitare fortemente di quesite virtù, proprio pèr la contraddizione che non le· consente; contraddizione che è nel inidollò e del' capitalismo e della politiica italiana. .. Tanto più che la nostra maggiorè sorella latìn'a conltinua a offrirci luminosi esempi della,• chia, miamola così, « cliisinvoltura », colla quale i suoi Governi espropriano gli indigeni, per farne sfrult– tare _le. terr~, .c?l l~_vorodegli _stessi indigeni, ·dagli uo~m1 :poh,tw1 piu avveduti e. meno .scrupolqsi. Fra le mterpellanze svolte, negli ultimi lunedì di no:vem?r~, al~a. Camera francese sulla politl.ca colomale m Tums1a, quella dell'on. Lagr ovillière, deputato delle colonie, esponeva fatti, il cui inlte– resse pedagogico è troppo grande per noi in que– st'ora, perchè non siamo tentati di ·rias.sumerla largamente dal resoconto ufficiale. La confisca pura e semplice delle terre., -~el 1886, lo •·stato fran~ non possedeva in Tù– ms1a se non delle foreste. Il teorizzatore del colonia– lismo borghese, Pa.oJo Leroy-Bieaulieu notava in proposito che, « ad espropriare gli A~abi, secom:l.o il _metodo selv aggio s eguito in Algeria, _per attrF bt_11~ne 1 i beni a deg.li Europei, neas.uno pensa in Tti– ms1a. Sarebbe una b arbarie inutile ». ·· · Orberne,non passarono dìeci anni,. e lo. St ;i.to p-088~ deva di..ecine di migliaia di ettari di te rren i, da concedere.... a.i parlamentari più influenti. Come c:ò è potuto .avvenire i Semplicemente con un processo di... moltiplicazions delle terre oosidette sialine, dal nome di un'antica famiglia, Siala, cui un tempo erano appartenute, è le quali nel 1870-71 to<rna.ronu,al,lo Stato, che, dal 1892, ne regolò con decreto la oonce.ssiolll0ai pianta– tori di ulivi. Poteva., in. verità, domandarsi se, a norma del di,ritto mussulmano, le proprietà di quelle tene non fosse, per effetto di prescrizione decen– nale o quindicinale, tornata agli -indigeni. Anche er.a, disputabile quale fosse esattamente la loro su- . perficie. L'Amministrazione fr.anoesé per altro nol'.!.
Made with FlippingBook
RkJQdWJsaXNoZXIy