Critica Sociale - Anno XXI - n. 22 - 16 novembre 1911
346 CRITICA SOCIALE Lo stesso dott. Toulouse consiglia a preferenza i riposi — come i pasti — non copiosi e protratti, ma brevi e frequenti, a imitazione del cuore, che ri- posa dopo ogni sforzo. Un lavoro Molto lungo e ininterrotto esaurisce assai più di una somma egua- le di lavoro, interrotto da ripòsi razionali. Alle se- dici ore consecutive di riposo settimanale sarebbero da preferirsi -- anche in ferrovia — le quattro ore quotidiane, e il frammezzare l'orario con brevi tre- gue, di mezz'ora, ad ogni due ore di lavoro, sia muscolare o mentale. La natura della fatica — in- segna il Mosso — è uguale in ciascun lavoro; sem- pre si tratta di un dispendio di forza nervosa. Perciò le ore mobili — ore di lavoro che diven- tano di riposo e viceversa — nei turni di servizio, che si dicono scovati dall'ing. Accomazzi, capo del Servizio VII, avrebbero un'azione provvida, ed è in- giusto considerarle una vessazione; e lo stesso di- casi degli crani divisi, a cui spesso il personale pre- ferirebbe l'orario unico, il quale non saprebbe es- sere salubre e redditizio se non dove la giornata di lavoro è assai breve. Il minor reddito di lavoro, constatato nelle ore straordinarie, per esempio, dei tipografi; gli ottimi risultati economici ottenuti dal lavoro regolare, limitato in guisa da non mai rag- giungere lo sforzo, negli arsenali governativi in- glesi, nelle fabbriche di cappelli Borsalino, ed al- trove, suffragano la nostra tesi col suggello irrecu- sabile dell'esperienza. E, infine, concorrerebbero a rendere il lavoro ferroviario meno esauriente, e di conseguenza più redditizio per l'azienda, più soddisfacente per il pubblico, altri coefficienti di ordine composito, eco- nomico-morale. La cointeressenza del personale, purche tangibile e accortamente organizzata, agi- rebbe insieme come stimolo psichico e come condi- zione a una migliore alimentazione. La sostituzione di una disciplina più spontanea e più dignitosa (al che contribuirebbe la accennata cointeressenza) ai rapporti di schiavitù fra agenti e funzionarii, stimo- lando il buon volere e l'emulazione, diminuirebbe la fatica. La diffusione di abitazioni economiche, nei pressi delle ferrovie, confortate di luce, di aria, di acqua, di gaiezza, di bibliotechine, di bagni, di lavatoi, ecc., contribuirebbe insieme al ristoro fisico e morale dei ferrovieri, e li affezionerebbe agli Uf- fici e alle rotaie, come il contadino si affeziona alla zolla e al casolare. *** ,Ma qui — sebbene ci sarebbe facile citare i poetici anatemi, scagliati da Luigi Luzzatti alle « tetre mu- de » dei lavoratori, quando in Roma fu posata la- prima pietra delle case degli impiegati, e magari le ammissioni di Giolitti in Parlamento dell'antago nismo fra le angustie economiche e un'intensa ope- rosità degli impiegati — ci avvediamo di toccare la frontiera dell'utopia — almeno per chi voglia rima- nere su un terreno di praticità immediata. Non sarà, invece, eccessivo pretendere, almeno,[ che lo Stato non peggiori le condizioni del la- voro ferroviario, come invece esso va facendo, per un falso tornaconto industriale e ubbidendo alla grettezza mentale di funzionarii, che, come disse Cesare Galliani, ex funzionario adriatico, « mai non vissero o mal vissero, amministrativamente, negli ambienti ferroviarii ». Dal 1867, quando l'art. 10 del Regio Decreto 31 ottobre di quelranno, n. 1687, sulla polizia, .siji curezza e regolarità del servizio ferroviario, impo-, neva le ore di riposo continuato necessarie al per, sonale; a traverso il Decreto 10 giugno 1900, n. 2644 del Lacava, il Decreto Balenzano 7 novembre 19024 n. 477, e il Decreto Gianturco 22 luglio 1906, n. 417; le condizioni del lavoro ferroviario — nonostante Id deplorata assunzione di tanto personale straordi- nario, che poltrisce nei servizi amministrativi cen- trali sono realmente peggiorate. Anzi, l'eserci- zio- statale ha saputo ritorcere in danno del perso- nale quel Decreto del 1902, testè citato, che doveva servire a questo di usbergo — e non fu necessario — contro la speculazione delle Compagnie. Ben notava il Galluzzi, e confermava il ministro ono- revole Sacchi, che — sulla base di quel Decreto — si possono comporre turni razionali ed umani, a patto, ben s'intende, che il massimo di lavoro e il minimo di riposo restino, come debbono, l'ecce- zione e non la regola Ma si dovrebbe fare qualche cosa di più; se pur non vogliamo che sembri dell'epoca presente il rimprovero del Campanella, il quale meravigliava « di noi, che atlendemo alla razza de' cani et de' cavalli, e trascuriamo la nostra ». Invero, i qua- drupedi dei militari e dei privati sogliono riposare quattro o cinque giorni ogni mese e non si este- nuano mai; i ferrovieri dei treni e delle Stazioni — che è il lavoro più produttivo — durano una corvée di oltre 10 ore nei 365 giorni dell'anno, se una provvida malattia non li aiuti a riposare, o non riescano a strappare qualche scarso, eccezio- nale congedo, sempre conteso. Per risolvere il problema del surmenage ferro- viario — che, ripetiamolo ancora, non è un buon affare neppure per lo Stato ed è una spada di Da- mode sempre sospesa sul capo innocente dei viag- giatori — non vi sono difficoltà che possano im- paurire. Sotto l'aspetto igienico-sanitario, sarebbe facile stabilire eque differenze fra il servizio attivo e quello sedentario, fra il lavoro diurno e quello notturno (oggi più lungo del diurno, e compensato solo a pochi), fra le mansioni che richiedono atten- zione sempre tesa e quelle relativamente più co- mode. Dal punto di vista tecnico-amministrativo, converrebbe distribuir meglio gli agenti dagli uffici superiori alle stazioni, sopprimendo mano mano gli avventizi) e il personale esuberante; semplificare il numero e il giro delle paperasses; fissare nei gra- fici un massimo lavorativo di 9-10-12 ore, evitando al possibile le ore straordinarie, massime negli uf- fici superiori; e una media di 7-8-9-10 ore, salvo eccezionali esigenze; chi recalcitrasse od ostruisse, fra i sedentari', dovrebb'essere tosto dislocato nelle Stazioni. Si potrebbero abolire i treni-viaggiatori superflui, e i treni-merci lumache, surrogancloli con diretti, che consentirebbero turni migliori, minor numero di tardate rese, ed economia di combusti- bile. Si dovrebbe sopprimere il servizio merci not- turno e nelle domeniche é feste riconosciute, in tutte le Stazioni, come in Inghilterra e in Isvizzera. E, infine, converrebbe discentrare — come pro- pose, in una lettera all'on. Sacchi, il- Comitato del- l'Unione Impiegati — molte delle attuali facoltà del Direttore generale (R. D. 22 luglio 1906, n. 417, cap. I, art. 7) ai Superiori periferici, che assai meglio sono in grado di valutare le varie ,e varia- bili esigenze locali e stagionali, ricorrenti e fortuite, per le attribuzioni da assegnarsi a ciascun agente; ammettere, se gradita al personale, la varietà degli orarii, abolendo la « settimana di notte » e consen- tendo il « turno delle 24 ore » e il « turno in terza » (una notte ogni due giorni nei servizii a due agenti, ogni tre nei servizi a tre agenti, alternantisi reci-, procamente); concedere, come in Francia, tle giorni di riposo al mese, venti giorni di vacanza lranno, in periodi convenuti e prefissi, per tutti i ferrovieri (I) A tal proposito, farà bene l'on. Sacchi a controllare l'opera e 1 criteri della Commissione degli orari e turni, Istituita presso la Direzione generale col Bollettino Ufficiale 11.7, del lo febbraio, anno corrente.
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