Critica Sociale - Anno XXI - n. 20 - 16 ottobre 1911

CnITICA SOCIALE 311 imperialista che sappia resistere a tutta l'Europa e sappia educare i valori morali della guerra, la demo- cratica per una limitazione dell'impresa, spreco di energie e di denaro; — il proletariato deve portare la sua forza decisiva a favore della seconda contro la prima. Nel caso concreto non deve abbandonare il Governo nella sua lotta contro la corrente conservatrice, la quale già comincia ad assalirlo sul terreno stesso della politica estera (il Giornale d'Italia •di questi ultimi giorni ne è la prova); ma deve rafforzarlo, per evitare le più per- niciose conseguenze dell'impresa compiuta. Una tale azione non turba la situazione politica che si è andata creando in questi ultimi anni, ma ne è la continuazione logica. L'intesa fra le forze democratiche e socialiste, che è certo il fatto più saliente di questi ultimi decenni, e che ha già pro lotto notevoli muta- zioni nel campo. della vita comunale, può procedere a nuove conquiste. Il giuoco naturale dei partiti, sul ter- reno realistico del regime democratico, può proseguire con anche maggiori sviluppi. La storia non deve fare punto e da capo; ma può camminare innanzi senza soste. L'atteggiamento, invece, consigliato dal Turati, e che certo prevarrà al Congresso di Modena — specie se i rivoluzionari avranno l'accorgimento di sacrificare un poco delle loro formule alla sostanza del fatto che coin- cide coi loro desideri — porta alla netta separazione del partito socialista da tutti gli altri partiti democratici. Il proletariato socialista dovrà ritrarsi in disparte, disinteressarsi della lotta fra il Governo e le correnti conservatrici, lasciare che il suffragio universale si in- stauri senza di lui, magari contro di lui. Poiché tutti l'hanno "tradito „, di chi fidarsi e con chi allearsi? Occorre, scrive Turati, dopo trent'anni di fatica, ripren- dere le zappe per rifare il campo e la siepe da capo. Insomma, l'atteggiamento dei neo-intransigenti mira a risuscitare l'atmosfera di avanti la guerra d'Africa e la sconfitta di Adua. Una demolizione spietata di tutto, un pessimismo fosco, corso da profezie tragiche, una aspettazione di future liberazioni da conquistarsi fuori del giuoco dei partiti sulla scacchiera parlamentare, tele è lo stato d'animo che suggerisce la loro azione. Io non intendo qui esaminare criticamente queste due correnti, nelle quali ho, già da tempo, preso il mio posto. Giova per altro, a preparazione dell'imminente Congresso nazionale socialiste, avvertire che mai dis- sidio fu più profondo e immediato di questo. Non si tratta di definizioni elastiche — rivoluzionari ferriani e rifornisti turatiani per le quali si litigò a lungo altra volta; non si tratta di discussioni sopra un fatto futuro teorico che non si è ancora.avverato, come la partecipazione dei socialisti al potere gover- nativo; si tratta, invece, dell'indirizzo dell'azione di oggi; dell'azione esterna e parlamentare, comò del- l'azione interna e spirituale. Per questo Modena segnerà una data del socialismo italiano. IVANOE BONOMI. Diamo atto a Ivanoe Bonomi ch'egli ha prospet- tata esattamente — com' è suo costume — nella cristallina trasparenza del suo discorso, quella che è la vera questione e la vera e peculiare ragione dell'imminente Congresso. E di ciò tutti i Con- gressisti e tutti i socialisti gli dovrebbero essere grati; sopratutto (ma non gli saranno) quegli ac- cidiosi, che muovevano a Modena, circonfusi tut- tavia dalla beata illusione che ivi si dovesse o si potesse riservire in tavola, riscalducciata, la vec- chia e superata lotta di tendenze fra " riformismo e "rivoluzionarismo Oggimai — i segni erano chiari, e li accennammo, già nel Congresso di Milano — del vecchio rivolu- zionarismo, che fiorì, , o meglio spineggiò, intorno al '900, non vi è più, nel nostro partito, se non un vago ricordo, tutto verbale. La psicologia del rivoluzionario socialista è tutta mutata, senza che egli se lo confessi, sotto un lento lavorio di disin- tegrazione. Potrà qualche indurito ribiaseicatore di imparaticci riesumare le sacre formule; ma da esse, chi le frughi dentro, è esulata l'anima antica, che il sole della libertà, e il lavoro concreto che essa consentì ed impose ai volenti, hanno evapo- rata per sempre. Serviranno come vecchie otri, nelle quali si travasa il vino novello. Quel che c'era — rimasto dalle antiche battaglie contro le tirannidi politiche, straniere od indigene — di spirito di rivolta e di violenza, è tornato ai suoi alvei naturali; di qua nell'anarchismo, di là nel sindacalismo rivoluzionario, che son fuori del no- stro campo, e si accampano, anzi, nettamente contro di noi. Ond' è che, se lotta di tendenze ancora può essere, sarà — come ben nota da principio e ri- badisce nella chiusa il Bonomi — non più fra ri- formismo e rivoluzionarismo, ma fra due rifor- mismi diversi, inspirati a due concezioni, sia pure antitetiche, del miglior metodo di lotta socialista; ma entrambe contenute nel girone della ideologia positiva ed evoluzionista, nella cerchia del pen- siero riformista. Senonchè, se questo — su di che il Bonomi giu- stamente insiste, e ne fa suo punto di partenza, e punto di arrivo, — è assolutamente vero; v'è un passo allora, del suo scritto che esce di sesto. La sua abituale serenità, il proposito, che egli af- ferma, di attenersi a una esposizione puramente obiettiva, non lo salvano dalla insidia dello spirito polemico. EI è laddove, esaminati i due atteggia- menti dei quali illustra l'antitesi, prevede che quello da noi consigliato certamente prevarrà al Congresso, "specie se i rivoluzionarli avranno l'accorgimento di sacrificare un poco delle loro formule alla sostanza del fatto, che coincide coi loro desiderii „. Il che è dire — per quanto di sbieco — che, dei due riformismi, l'uno, sostan- zialmente — salve le foglie di fico della decenza — è un falso riformismo; è un rivoluzionarismo mascherato o, peggio ancora, inconsapevole. E, naturalmente, è il nostro. *1 Fummo troppo diffamati come inventori — o almeno come introduttori — nel socialismo ita- liano del contrabbando riformista, perchè da una accusa di questo genere — formulata per impli- cito da chi di cotesto riformismo diventò fra noi il più insigne teorizzatore — non ci debba premere di purgarci. E poniamo netta la questione. Il Gruppo socialista ha deliberato di sorreggere coi suoi voti il presente Ministero, in vista, essen- zialmente, della riforma del suffragio. Questa de- cisione non può non essere soggetta a ragionevoli riserve: quella, in prima, che la riforma non sia pagata a prezzo troppo caro. Or avviene che il Gabinetto del suffragio quasi universale, dopo es- sere stato, fra troppa nostra acquiescenza, il Go- verno delle aumentate spese militari (e ora se ne vede ad occhio nudo la ragione), diventa altresì . il Ministero della conquista africana. Qui più parélisi si affacciano; le opinioni sono tutte rispettabili. La conquista africana può sti- marsi una magnifica aubctine pel proletariato ita- liano..Ma Bonomi e Bissolati questo non pensano. Essi pensano, con noi, che essa-jtarà certo un dl- sastro.

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