Critica Sociale - Anno XXI - n. 20 - 16 ottobre 1911

31d CRITICA SOCIALE entrando così in una nuova e idealistica fase del socialismo: il sobialismo per tutti o il socialismo della giustizia sociale (D. • Forse il Marchioli corre un po' troppo. L'abban- dono del concetto di classe potrebbe scaturire da due distinte ragioni: la dissoluzione e confusione delle classi o la degenerazione del socialismo. Ora, non è fare una scoperta peregrina affermare che la classe lavoratrice esiste, e può ancora esistere, come nucleo d'interessi distinti e opposti agl'inte- ressi delle altre classi in genere e della borghesia in ispecie, come ammasso condensato di materia eco- nomica, dotato di un proprio movimento e d'una traiettoria propria. La circonda, è vero, un'intricata rete di rapporti con altri aggruppamenti; meglio an- cora, quel suo nucleo, a misura che noi lo vediamo più da vicino, sembra via via dissolversi come unità compatta, e tutt'intorno digradare insensibilmente verso, altre macchie, verso altri centri economici, sino a lasciarci dubbiosi della sua consistenza, della sua durevolezza, della sua individualità. Ma noi non dobbiamo smarrirci nell'Hinterland che corre intorno e fra le classi. La nostra visione dev'essere sintetica, e tale è la visione socialistica del mondo: non per di- fetto di vista, ma per consaputa volontà e per ne- cessità di battaglia. Il socialismo tralignò dacchè volle tutto vedere e risolvere analizzando. É facile dimostrare la connessione del tutto e il cointeresse di tutti al tutto: non per niente esiste una società; ma il socialismo deve precisamente superare questo punto di vista », e negare la società, risolvendola in una dialettica di classi. Solo così può vivere ed operare; altrimenti non è più socialismo, o è uto- pismo. Questa « negazione della società » ha una ragione pratica; ma deve avere, s'intende, anche una base accertata di fatti. Oggi tale base è venuta menu: e ciò è importante affermare. Senza dubbio, la pri- mitiva violenta opposizione d'interessi tra borghesia e proletariato si è leggermente attenuata. Ciò è in parte questione di forma, in parte, fatto psicologico, ma solo in minima parte effettivo accrescimento di cointeresse. L'aspro conflitto primitivo scompare con l'entrare del capitalismo in una fase normale di vita; l'elevamento dei salari, la partecipazione e la fiducia nell'azione politica ed altre cause raddolcirono la rappresentazione dell'antitesi, senza peraltro dimi- nuire l'ardore della ,battaglia: ma, sino a questo punto, le due classi non mescolano i propri inte- ressi. Questa mescolanza può cominciare solo quando il proletariato monopolizza posizioni ed utilità sta- bili nel grembo e sulla base del capitalismo. Ma oggi mi pare che a tanto non si sia giunti, tranne che ciò non voglia dirsi per certe 'forme di cooperazione e per frammenti di legislazione sociale, assicuranti qualche particolare e sudata conquista. In questi casi, certo, e in qualche altro, i rapporti col capita- lismo possono apparire infittiti, anche ad una vi- sione prospettica; ma ciò niente o ben poco può di- minuire alla percezione socialista dell'esistenza delle classi, e quindi alla ragione della loro opposizione e della loro lotta. Ed ora facciamo l'altra ipotesi: degenerazione del socialismo, del socialismo marxistico: cioè supera- (l) Crítí. Soekae del 1° settembre 1511: mento del 'concetto di classe, di « storicità » del so- cialismo affermata da Marx, e ritorno al puro idea- lismo della « giustizia sociale ». Del quale il Mar- chioli vuol fregiare il riformismo. QUi si presentano due tffiestioni in una: se il ri- formismo abbia abbandonato il punto di vista della classe a e se l'abbia via via sostituito con, una par- ticolare forma d'idealismo. La psicologia del riformismo è forse tutta da ri- farsi: altri lo mette addirittura fuori del socialismo, altri lo cinge di un'aureola d'idealismo etico. Molto probabilmente questi estremi si toccano, e non... den- tro il socialismo, il marxistico almeno. Ma la verità è un'altra: forse sta nel mezzo, forse sta altrove: ma è un'altra. Il riformismo sembra non percepisca più sinte- ticamente le forze sociali e la loro dinamica. S'è avvicinato alle cose: e chi è vicino, non può essere contemporaneamente lontano. Ma togliamo le imagini fallaci, delle quali, in' cffieSti casi, purtroppo, si suol forse un po' abbondare. C'è un modo di percepire l'insieme anche vivendo nelle cose: ora il riformi- smo è un po' eccessivamente attirato dalla varietà e complessità di queste cose, dà loro troppa impor- tanza, vuol troppo sfruttarle; giorno per giorno, a beneficio del proletariato. D'altra parte, questo pro- letariato gli apparisce un po' troppo nelle sue unità costitutive, e ciascuna di queste nei suoi bisogni, nelle sue aspirazioni, nella sua individualid: sic- chè troppo s'intenerisce, il riformismo, per le parti- colari e situazioni a e le singole miserie, troppo vuol concedersi e concedere, troppo vuol soddisfare e contentare: il suo socialismo vuol essere una Provvi- denza: e la Provvidenza, come si sa, risolve proble- mi speciali, non mai questioni collettive. Signora Provvidenza, surtout, pàs trop de Me! Ma il riformismo non è, o non è ancora, fuori il terreno della «classe». Ha sminuzzato i problemi, per risolverli meglio, più presto, progressivamente; ha, per necessità, dovuto considerare una moltepli- cità di elementi, sui quali prima si sorpassava, e in ognuno dei quali ha trovato il male, ma anche il bene, il dannoso, ma anche l'utile, l'antipatico, ma anche il giovevole, si capisce, pel momento attuale: nelle varie frazioni della borghesia, nei partiti affi- ni, nella e patria », nella monarchia: onde, poi, mi- nisterialismo, ministeriabilismo, eccetera. Il proleta- riato, nelle sue varie categorie, di tutto ciò si serve, e si giova. Collaborando, svolge la sua più proficua azione di classe, e combatte anche, comunque, la sua lotta di classe: non importa se questa, pur se necessaria, non sia sufficiente al divenire socialista. Ma ciò si può ora ben affermare: che il riformismo, sino a questo momento, è ancora sul terreno della classe, per la quale si muove ed agisce: solo, la sua percezione sintetica del divenire sociale, nella quale consiste la virtù e il vanto del socialismo marxistico, s'è sensibilmente offuscata, si da celargli talvolta la luce della mèta lontana. • Il male, come si vede, se non è lieve, non è nep- pure incurabile. Il Marchioli, invece, considera il riformismo già fuori del concetto di classe, e gli attribuisce un idealismo fatto- di volontarismo e di giustizia sociale. Nel pensiero del Marchioli io am- miro il mio.., rovesciato, e non so trattenermi dal rovesciarlo ancora...

RkJQdWJsaXNoZXIy