Critica Sociale - Anno XXI - n. 19 - 1 ottobre 1911
BOO CRITICA SOCIALE Pure, la inarrestata attività socialistica fa suppor- re che quella dottrina buddistica non fosse presa molto sul serio: se, teoricamente, era lusinghiera per la fede, il buon nome e la scienza del socialismo, praticamente dava da pensare: coi fatti non si scher- za, e, almeno pel momento, bisognava resistervi. Quel momento è durato e dura tuttora. Chi aveva giurato sulla fatalità meccanica del so- cialismo aveva conosciuto — dice Antonio Labriola — un Marx biondo ed azzimato, ma non il Marx bruno ed irsuto, quale realmente fu il pensatore di Trevivi. Questi — lo si disse altra volta — non conobbe mai il così detto determinismo; ma, appartenente alla scuola hegeliana, improntò il proprio pensiero alla filosofia di Hegel, e fu più propriamente seguace del Feuerbach, il cui naturalismo criticò da un punto di vista idealistico, quando scrisse (I): « Il difetto capitale di tutto il materialismo si- nora esistito — quello del Feuerbach compreso — è che l'oggetto, la realtà, il sensibile è inteso sol- tanto sotto la forma dell'oggetto o della intuizione; ma non come attività sensibile umana, praxis, sog- gettivamente. Accadde perciò che il lato attivo fu, in contrapposto al materialismo, sviluppato dall'idea- liamo... o. Da questo frammento appare, in piccolo e fugace- mente, quale sia la dottrina della conoscenza da Marx professata. Egli ripudia il dualismo, essenzial- mente materialistico, della realtà esterna e di un io o tabula rasa», e quindi il fatto del conoscere per riflessione di quella in questo. Egli è invece profon- damente convinto che l'oggetto della conoscenza è un prodotto della attività del soggetto, che « conoscere è fare o, come già disse Socrate, che l'uomo è la misura d'ogni cosa, come già sentenziò Protagora, che la storia è opera della stessa umanità, come vide genialmente Vico, e che l'uomo, in fondo, non dipende che da se 'stesso. Egli fuse perciò cono- scenza e praxis, e fece l'una e l'altra concrescere sincronamente sino a matura pienezza. Niente cono- sce il soggetto, che non produca, che non esperi- menti; nessun fine s{ propone, che non possa rag- giungere: ma crea e sovverte incessantemente le circostanze nelle quali vive, le pone per. distruggerle in. un momento successivo, nella febbre incoercibile del proprio processo vitale. « La convergenza del mutare delle circostanze e dell'attività umana non può essere intesa e spiegata razionalmente se non come pratica rivoluzionaria o praxis arrovesciata o. Così l'uomo produce la propria storia, figlio di se stesso, perennemente superstite, costantemente invincibile. L'antitesi tra determinismo e libertà è qui supera- ta. L' a ambiente » è il cristallo della praxis, del quale l'uomo è a un tempo schiavo e padrone, e può es- ser vittima o trionfatore. In esso sono le condizioni passive dell'azione futura: per ciò l'uomo è vinco- lato, quasi assicurato, alla terra, contro le insidie delle sterili chimere. Ma, su quel dato storico, egli è libero: libero di trasformarlo, nella direttiva dei propri fini, nel senso dei propri sogni: fini e sogni ch'egli senta di poter raggiungere. Non importa, poi, se la difficile realtà s'incarichi, ogni volta, di od- (i) Marx iiber Feieerbach. — In appendice al Ludto fp Felterbach di Engele. 1a glassa. (a) Idem. 010282 8., durre quei fini in più modeste proporzioni, di strap- pare a quei sogni le maliarde iridescenze, -onde pri- ma s'irradiavano, Marx ha insistito molto, forse trop- po, sulla nozione di questa base difatti; per reagire contro l'utopismo, per sfrondare le illusioni, per im- pedire le delusioni. Egli voleva dare un fondamento storico al socialismo, e ne riconosceva la nascita e lo sviluppo efficiente in un terreno sociale già pre- parato e pronto. Non intendeva già affermare che il socialismo fosse il fatale prodotto psicologico e stori- co del capitalismo; ma solo, ohe il capitalismo poneva i lavoratori nella possibilità di concepirlo, di com- prenderlo, di effettuarlo. In questa nozione non è traccia di determinismo. Il socialismo non è « fatale o, non il risultato meccanico di una praxis operaia purchessia. No: I' « azione » deve intendere a questo ideale socialistico, che noi in fondo neppure sap- piamo con precisione che cosa possa essere, ma che conosceremo sempre più, a misura che lo verremo, fibra a fibra, concretando. Oggi sappiamo soltanto che quell'ideale t un fine grandioso, che il proleta- riato può ben Proporsi, dacchè si trova' nelle condi- zioni di poterlo raggiungere; e ch'esso si riassume in una realtà rivoluzionaria, in un capovolgimento, per inversione dialettica, di tutti gli attuali valori sociali e morali; in una società comunistica, nega- zione ed 'antitesi dell'individualismo odierno. Il socialismo di Marx è tutto "qui, e qui è pure il suo idealismo: non idealismo trascendente, non idea- lismo utopistico: ma idealismo, che insieme stringe ed utilizza determinismo e libertà, dà lo squillo della rivoluzione, ma la incatena, in un tempo, alla fer- rea realtà: idealismo, ch'è, in uno, Platone ed Epi- curo, angelo e demonio, spirito e materia, cioè l'uo- mo: l'uomo, nell'inerzia della sua carne e nel vQ10 dell'anima sua. • *** Considerate due fatti, che scelgo a- caso: il valore che Marx attribuisce allo strumento di produzione, e la nozione ch'egli dà della o classe ». Lo strumento produttivo è creazione del genio umano. La sua evo- luzione, come in genere l'evoluzione della scienza, non è prefissata, rettilinea, fatale, ma porta in sè l'impronta della contingenza delle circostanze sto- riche in cui nasce e della libertà dello spirito uma- no. Il fattore tecnico è un prodotto dell'intelligenza, il quale s'immerge a fecondare la realtà, a trasformar- la, a sorpassarla. Nella sua genesi è l'assenza d'ogni necessità; nella sua funzione è la necessità d'ogni nuova genesi. Esso è rivoluzionario e conservatore nello stesso tempo; ed è conservatore perchè una nuova rivoluzione possa incunearsi nella sua sostan- za. Il determinismo qui è bandito; ma è l'uomo che tesse la propria storia, conservando nel presente il passato e nel presente sviluppando il germe del- l'avvenire. ' Egualmente, un• determinista non avrebbe potuto formulare, della classe, il concetto che ne formula Marx. La classe non esiste, se non ha un'anima, -una coscienza, una volontà; se con la propria azione, coordinata ad un fine, non s'industria a modificare l'involucro di realtà in cui vive, a rallentare o spez- zare le catene della sua prigionia. La classe acqui- sta così una personalità ed una funzione storica: personalità autonoma, funzione rivoluzionaria: di- venta portatrice di nuovi valori sociali, depositaria di nuovi destini umani. Nell'idealizzazione -del prole-
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