Critica Sociale - Anno XXI - n. 18 - 16 settembre 1911

276 CRITICA SOCIALE brata « azione ». Avete quindi ritenuto e dato per dimostrato quod erat dernotzstrandum... Certo, niente si fa per niente: sia la mèta una utilità o un ideale, o, meglio ancora, l'una e l'altro insieme conciliati, o... l'una scambiata per l'altra. Ma non basta affermare che l'azione, del •partito o della classe, ha necessariamente una mèta — sia pure, un ideale: occorre altresì spiegare che cosa sia mai quest'ideale, e se, nel nostro caso, esso sia proprio il socialismo, e, fors'anche, qual genere e specie di socialismo. L'azione proletaria può avere — ha — infinite mète diverse, ed anche infiniti ideali. Una speranza di perfezionamento — spes, ultima dea... — non abbandona nessuno, chi sta peggio e chi sta meglio: e il mondo è un fitto intrecciarsi di desideri, di tentativi, di assalti, per realizzare, in mille forme, in mille gradazioni, un « meglio » purchessia: il no- stro « ideale». Il socialismo era l'ideale unitario, cosmopolita, era il miraggio: passando, ha lasciato, sul suo solco luminoso, i detriti opachi dell'azione: un'azione, solo in apparenza non immemore del pri- mo abbaglio: un'azione, però, che non è acefala, non è spoglia di pensiero e di mèta, no; ma che possiede la falsa fosforescenza e la nozione più o meno precisa dei suoi piccoli fini e dei suoi piccoli « ideali ». Le nuove vie della « perfezione » sono in- finite: e ancóra più spiccie, per chi sia impaziente, e ancòra, oggi, più proficue, per chi sia avido, delle vecchie vie del socialismo... Per ciò il socialismo è in crisi. L'ideale-gigante è stato assalito, reSso, distrutto dal verminaio degli ideali-pigmei, microscopici. L'Internazionale è un ricordo storico. L'unità proletaria nazionale lo va di- ventando. Oggi è la corsa alla protezione: proleta- riato contro proletariato, gruppo contro gruppo. Il cosmopolitismo è divenuto campanilismo d'interessi. I e nemici», gli « stranieri s son lungi, son qui, sono dapertutto. L'insolidarietà, il frazionamento, l'utili- tarismo monopolistico generano la gara, la contesa, la lotta, dalle quali vengono poi acuiti ed esasperati. L'azione economica, certo, ne soffre meno: pel mo- mento, forse, se ne vantaggio. L'azione politica, ne- cessariamente, n'è colpita, intristita, paralizzata: si impone mète effimere e si sperde nei viottoli per rag, giungerle, lascia i grandi problemi e collabora a téssere la piccola vita quotidiana... er*s. In ogni modo, le méte ci sono. Nè è detto che, in esse, manchi del tutto un ideale: sia di sviluppo, di Miglioramento o di perfezione. Ma forse, code- sto, è socialismo? Socialismo significa cosmopolitismo operaio: e il proletariato se ne allontana. Solidarietà nazionale: e il proletariato l'ha dimenticata. Negazione del ca- pitalismo: e il proletariato vi si aCconcia sempre più. Ricostruzione umana: e il proletariato è im- merso nei propri « affari »... Il vostro «modello di perfezione» agisce dunque a rovescio. Il vostro « ideale n, il vostro a socialismo », riesce dunque nel suo contrario... Ciò non sarebbe nuovo nella storia. Pare oggi, invero, che il capitalismo sia più e socia- lista n, cioè più « progressivo », del « socialismo »... Che non debba toccare a lui la strana ventura di far la rivoluzione contro di noi, ed a noi di difendere le posizioni acquisite nel suo grembo ?... Voi stesso l'avete lamentato: e Siamo superati dai fatti!» Benissimo. È un socialismo, cedeste, che ha cominciato il proprio « esame di coscienza ». La dia- gnosi è amara, ma è giusta. Farebbe davvero crede- re ad una percezione nitida delle radici del male, se la cura prescritta non provasse il contrario... Voi parlate ancòra di socialismo, e consigliate solo d'in- tensificare l'azione. No. Socialismo non è più; nè è vero che l'azione sia deficiente: è « fuor di strada ». C'è: ma non é socialista. Intensificarla non significa farla socialista. Perchè il difetto non sta nella quan- tità d'azione, sta nella sua qualità; nè una quantità maggiore ne cambia la qualità. Nel modo, nel come è tutto il socialismo: e irrobustire soltanto l'azione non vai nulla: prolungarne e approfiondirne le con- fuse linee attuali può, anzi, accrescere il male. Occorrerebbe invece — per chi volesse fare del so- cialismo, e se farlo non fosse ora difficile, se non proprio impossibile — ritrapiantarla nell'ideale, e quivi, poi, estenderla, rafforzarla, ingigantirla. Per- chè è l'ideale che manca, il 'Socialismo, il miraggio, la grande «illusione », il sogno luminoso del lavoro umano redento. Era ben questo che permetteva un'azione «socialistica ». Che mai gli sopravvive, ora, a nostra insaputa, ma col nostro concorso? Niente altro che questo: un movimento operaio con un « fine-ideale a di sviluppo, seguace ed aderente proie- zione del suo processi) concreto. Questa chiara nozione: ecco il servizio resoci dal... beneficio d'inventario! Ond'è che il dilemma non è (come gode di accu- sarci la Critica): miraggio o precipizio, Tebaide cieca follia opportunistica. E invece l'altro: azione guidata dal miraggio, orientata all'ideale, o azione che ne faccia senza e sia diretta da fini contingenti. L'azione era « socialistica » finchè ha guardato al- l'ideale « socialista». Dacche, per una serie di ra- gioni, nella furia e nelle illusioni del fare, a questo ideale non ha più guardato, s'è sperduta, non conser- vando che il nome del socialismo: il quale in realtà s'è spento, perchè nessuno più ci ha creduto... Or quell'azione, denudata, era impudica. All'allar- me, si è corso ai ripari. «Miraggio » era troppo for- te: sembrava risvegliare più al vivo questioni e cosi irrevocabilmente superate, che il tornarvi fastidisce e, un poco, ». « Ideale » pareva meno anacro- nistico: chi non ha un ideale? Ma, nell'aggiustarlo a coprirne l'azione, s'è lasciato scorgere ch'esso con- siste di quei semplici fini progressivi d'ogni opera cosciente... Ciò non si poteva evitare. Il velo era tenue, l'occultazione impossibile: l'« ideale.r, uri *** SI. Perchè questo « ideale », da voi postulato vivo e attivo nel socialismo contempOraneo, non è impo- sto all'azione, non la precede, non la disciplina, non la fecònda fecondandosene: ma ne rampolla, la ihse- gue, le si adegua, le aderisce, piatto, circospetto, di breve respiro, la guida al successo utilitario, e muore, per rinascere di lì a poco. 2 un ideale che non solleva, non rischiara più. Dell'ideale ha poco più che il nome. E affidarvisi significa affidarsi ai fatti, alla corrente delle cose, diventarne schiavi e vittime, invece che padroni e trionfatori, sviarsi in un dedalo di atti e di affari, senza uscita coasaputa e senza luce, non solo dimenticare del tutto il e pa- norama» di Man:, aia anche scambiare l'acquitrino

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