Critica Sociale - Anno XXI - n. 18 - 16 settembre 1911

286 CRITICA SOCIALE sione e nell'immagine, confinanti con la platealità, e di abusare della sua ammirevole perizia e dell'ani- ma d'intima e fervorosa poesia, che pervade tutti i suoi canti, con costringere il verso ad accogliere mo- di e combinazioni verbali repugnanti con le ragioni del numero e della rima, il Chiesa offerisce un così signorile e magnifico compenso in moli:altre poesie dell'ammirevole volume, che egli s'asside con questo — o io m'inganno — non • meno e forse più che con i sonetti di Calliope, tra i massimi poeti dell'ora che volge, anzi io direi con lode più lata, della terza Italia. Egli non assomiglia a nessuno, e pur ti ri- corda, appunto per quella sua fisionomia tra rubesta e soave e per quel che in essa vi ha di inimitabil- mente personale, il Foscolo, il Carducci e talora il Leopardi. Come questi altissimi poeti, egli fa parte per se stesso, e accoglie e conserta nella sua poesia, non per verun assunto di eclettica virtuosità, ma per nativo trasporto del suo intelletto e della sua Musa, spiriti e forme classiche e forme e spiriti ro- mantici, di un ^ romanticismo e di un classicesimo — mi accadde già di notarlo a proposito della Reg- gia e della Cattedrale (1) — rispettivamente alieni da ogni cascaggine languente e da ogni impettito sussiego e tutti corsi da linfe nove di pensiero e di inspirazione; e alla più sottile scaltrezza tecnica e alla più felice e colorita e concisa aggiustatezza les- sicale associa un abbandono lirico ineffabilmente sug- gestivo; una fiamma di passione ch'ei reprime nel verso a sua posta, ma cui alimenta un'intrinseca vee- menza irresistibile; una sagacia e una saldezza con- cettuale e, direi, filosofica adamantina. E ha vasti orizzonti fantastici e ideali, viste late a perdita d'oc- chio, rapidi battiti d'ala aquilini. Egli sorprende e anima, con la sua: penetrante e commossa attenzione, le cose piccole; ma anela alle grandi. Il suo mondo spirituale e poetico si distende oltre qualsiasi im- portuna circoscrizione di termini, come l'infinito leo- pardiano, ed egli vi si aggira tuttavia con una se- curtà prestantissima. E il suo dire è sovente succinto e austero, talvolta scabro. Ma, se alcuna Volta ei di- schiuda il varco all'onda di soavità che gli fluisce nell'anima, allora gli affetti e le immagini si rivestono nella sua strofa di così delicate armonie e si co- lorano di tinte così vive e nitide, che è il suo, e un novo miracolo gentile ». E allora il suo verso ti ri- cerca le Più secrete latebre del cuore e ti riempie di dolcezza e di mestizia: di mestizia sovratutto; co- me nelle terzine in che, descrivendo il volubile er- rore di una mosca da cosa a cosa e da luogo a luogo, ei penetra, sulle aeree orme dell'insettuccio fastidioso e vorace, entro la camera dove giace un bimbo morto: Indi tratta dal suo vago destino, entrò dove sul bianco letticciuolo fra le rose dormiva il medicine. Quoto dormiva, poi che col suo volo fresco la Morte quella febbre ardente gli avea sgombrata; dormia buono, solo, con le manine placide, contente d'un fiore, con la povera boccuccia socchiusa dietro la sua voce assente. Spenta ogni voglia. Nella lieta buccia un arancio lucea sul cassettone, invano... E i suoi giuochi anche, ogni c005ccia sua, la frusta, la trottola, un bottone d'oro... E tutto giacca come veduto nel fondo d'un'allucinazione. (1) Cfr, la Critica Sociale del 16 ottobre 1907. E la mosca entrò subita nel aiuto aer che ne rabbrividì. Per quale via?... Cuspidata del sagace fiuto, la mosca entrò. Sul placido guanciale ristette un poco, la silenziosa • camera attraversò come uno strato, in alto, in basso, in mille sensi, irosa, lucida, come a tessere una lieve orrida sua malia da cosa a cosa. Pancia sul bimbo piombò dritta, greve, sulle piccole labbra stupefatte, un po' socchiuse: come di chi beve, come ei beveva l'aria buona e il latte. Il picciol dramma tristissimo è sorpreso e fermato con evidenza non raggiungibile; nè ricordo — se si eccettuino alcune poesie del Carducci — che tant'ar- te, e così intensa e vibrante, abbia esemplato mai il rio destino ché assidera la vita nella prima' età. Brutta e cattiva è, del resto, sempre la- Morte per il Poeta, in qualunque giornata del suo corso sia da essa ghermito il mortale. Bella essa parve nel viso di Laura al Petrarca. Ma quel divin verso famoso Oc- culta un'illusione crudele: Francesco, non cosi, non come dice il dolce verso, la tua donna porse placidi gli occhi all'Addormentatrice. Né così lieve nelle mani forse, senza stringere, il bel volto che amavi tenne la Morte, nelle ferree morse. Breve un'ebbrezza a te versò nei cavi occhi la vision mite, sugli occhi ti diffuse le lagrime soavi; e altro da ciò che vedi, ascolti, tocchi ti parve il vero; e simile a una neve — che senza vento in via bel colle fiocchi — tu scender sopra le vedesti lime lieve il pallore della morte, o come quand'è l'alba, e un candor le cose imbeve. Morte bella ti parve; e aveva nome Laura pur essa, e se ne stava tutta gentile anch'esse nelle bionde chiome... Ma quando sulle tue ciglia rasciutta si fu quell'ebbra lagrima, vedesti ch'era un inganno, che la Morte é brutta. Brutta e maligna: entra ne dolci gesti de' nostri cari; entra e s'appiatta nella bocca, sotto le palpebre e le vesti. Tutto s'appropria, e ogni più pura e bella forma, non che fregiarsene, sull'osso della bruttezza sua calca e modella. Gialla nel bianco, livida nel rosso, fosca per entro le pupille, lenta sale, come dal -fondo un limo smosse: come un limo che monta e s'addormenta a fior dell'acqua; o come 110 fumo: sale come quando una lampada s'è spenta... Precisione realistica non manca a questa descri- zione dell'opera trista dell' o Addormentafriee », su- ora la spoglia muta della sua vittima; e, sol che il poeta si fosse indugiato, di seguito, su que' macabri particolari, il canto stupendo si sarebbe tramutato in un molesto passo di tetra erudizione anatomica versi- ficata. Ma egli si è rattenuto entro i confini della più discreta sobrietà, e ha poi quasi .idealeggiato con immagini via via più rimote dalla funeraria tristizia repugnante dello sfacimento dell'umana pol- vere il fatto istesso di che ha denudato la indepre- cabile bruttura. E, come idealizza, pur dove ne rasenta da presso gli aspetti più spiacenti, il reale, così realizza' e fa concreto l'ideale. E qui forse più si pare la sua no-

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