Critica Sociale - Anno XXI - n. 17 - 1 settembre 1911

CRITICA.SOCIALE 26:1 gli interessi di alcuni imprenditori, contro la grande maggioranza dei cittadini, operai e non operai. E, allora,, come identificare la giustizia sociale col pro- letariato? Tra i due termini non v'è sempre rappor- to di identitt e l'un termine è molto più largo e comprensivo dell'altro. Se, superato il marxismo, la società odierna non può essere raffigurata come un grandioso movimento ad orologeria, destinato alla lenta o improvvisa auto- distruzione, e se il socialismo ormai non può essere concepito in relazione ad un'unica classe, non per ciò è da credersi che gli ostacoli non esistano e che una lotta, aspra e lunga, non sia da impegnarsi, volta a volta, con le classi parassitarie, plutocratiche e monopolistiche. Anche dall'aspetto idealistico, il socialismo può in tutt'altro modo effettuarsi che col consenso e beneplacito di tutti. Anzi, il passag- gio dal fatalismo al volontarismo, nel divenire so- cialistico, importa, per un certo verso, l'accentua- zione e l'allargamento del concetto di lotta e d'azio- ne contro i gruppi parassitari. Solo si tratta di lotta che non si inquadra negli schemi meccanistici del marxismo, puro o riformato che sia. Dato l'industria- lismo moderno, nessuna formulazione dell'idea so- cialistica può, oggi, prescindere dalle energie pro- letarie; senonchè, dal non prescinderne, al farne l'uni- co perno n'azione, corre un bel po' di strada. La pratica del revisionismo riformistico, conside- rata nella sua essenza, ha una portata socialistica solo al lume dell'idealismo. Già nella collaborazione di classe è insito questo concetto: il proletariato, da solo, non può effettuare il socialismo. Il partito socialista (di cui, logicamente, date le premesse, il sindacalismo rivoluzionario nega i titoli d'esistenza) dovrebbe essere il partito della classe lavoratrice: in realtà, esso è composto di . individui, appartenenti a tutte le classi sociali e tenuti assieme (sempre sup- posta la fede nel socialismo) da vincoli idealistici, oltre che materiali. In materia di scioperi nelle im- prese pubbliche, l'interesse di classe si offusca: oc- corre tener conto anche dell'interesse generale. Il punto di vista del proletariato s'innalza a un livello più elevato, che, necessariamente, è quello della giu- stizia sociale. Nelle questioni di municipalizzazioni e statizzazioni, in cui si deve far risaltare l'aspetto umanistico che ha la ricchezza, e in cui ha grande importanza il numero di coloro che vengono ad usu- fruire di un dato bene socializzato, è pure forza mettersi da un angolo visuale più largo che di una sola classe; e lo stesso può dirsi quando si tratta di suffragio universale, di riforma tributaria, di aboli- zione di dazi doganali, di lotta contro il militarismo, di riforma della scuola, ecc. Il sindacalismo rivolu- zionario nega il carattere socialistico a tutta l'azione del partito socialista; il riformismo giustamente af- ferma questo carattere, senonchè, per riescire a ciò, è forza abbandonare l'idea di classe. Il sindacalismo, par partendo da premesse erronee e pur fondandosi sopra una aspettazione utopistica, quale è lo scio- pero generale — ultima trasfigurazione della catastro- fe marxistica — è una teoria logicamente costruita; mentre il riformismo è ancora una concezione spuria, ta quanto, sopra l'antica gnoseologia materialistica, ha innestato una pratica intimamente idealistica. Le Premesse teoriche sono in contrasto colla prassi, e iI contrasto si svela anche nell'uso della vecchia ter- minologia, che corrisponde alle parti di un mecca- nismo smontato. Il riformismo, dal lato pratico, più che la correzione, è la primordiale negazione del de- terminismo fatalistico; è, crepuscolarmente, il pas- saggio dalla concezione fatalistica a quella volonta- ristica del socialismo. La contraddizione tra la gnoseologia e la pratica deve esser tolta e superata: questo non può acca- dere che mediante una filosofia consapevolmente idea- listica. ***- • Secondo l'idea che io mi faccio del socialismo, credo che, al di sopra della classe operaia, debba esistere e funzionare il partito. Rigettando apertamente qual- siasi concezione meccanica, penso che la società non sia ripartibile in fette, come i salami. Il partito so- cialista ha la funzione di conservare i valori ideali nella vita politica e sociale. Di questa conservazione di valori ha sopratutto bisogno il proletariato, il quale, dopo la conquista di alcuni miglioramenti materiali, sembra dimenticare che occorre altresì l'elevazione morale, e che il socialismo impone una etica diversa dalla solita, un ideale di vita diverso da quello piccolo-borghese (nel senso peggiore della parola), che, molto spesso, si prende a modello da questo stesso proletariato. Con e materiali » siffatti non si inizia davvero una nuova civiltà! Il socialismo è un idealismo pratico che trova la sua ragion d'essere in motivi etico-ideali, oltre che economici. Perciò il partito socialista non può es- sere un partito politico e parlamentare, come tutti gli altri. Il socialismo è, dopo il cristianesimo, un grande tentativo laico di trasformazione, elevazione e umanizzazione dei costumi dei popoli occidentali. I mezzi d'attuazione devono essere in rispondenza col fine, se non si vuole che l'essenza più vera e più riposta dell'idea vada dispersa. Le vie del socialismo non sono nuove, ma sono ardue. Il partito socialista deve diventare il centro d'irradiazione di un idealismo attivo, che, per supe- riorità razionale e morale, si imponga e vinca sulle altre idealità, che si manifestano nell'organismo so- ciale. Non siamo più ai bei tempi di Liebknecht, il quale poteva esclamare: e qualunque cosa faccia, la borghesia non può che lavorare a nostro favore e a suo danno ». Il socialismo, più che nell'esteriore disposizione delle cose, è negli animi, e non può, effettuarsi che mediante una serie di atti volontari. Per comprendere dialetticamente la transizione del socialismo dalla fatalità alla volontà, non si tratta solo di correggere il semplicismo delle origini, di usare maggior cautela nel praticare la lotta di classe, con- tinua o a intermittenza; non si tratta di ammettere la complessità dei rapporti sociali o la relatività di certi principi del marxismo; piuttosto si tratta di conquistare un nuovo orientamento mentale, in cui la trajettoria da mezzo a fine venga chiarita, sia pure sinteticamente, davanti alla nostra coscienza. Se è vero che il partito socialista ha bisogno di maggior fede per rendere più diffusivo il proprio ideale, è anche vero che questa fede non può sorgere per miracolo e che l'azione deve essere governata da idee fondamentali, ritenute assolutamente vere. Non è ammissibile quanto scrive il Colucci, che tutte le filosofie si equivalgano. A questo riguardo, il prag- matismo non è sostenibile: è la vecchia sofistica, che risorge sotto nuove spoglie e ricorda i Gorgia e i Protagora dell'antica Grecia. La storia della filosofia

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