Critica Sociale - Anno XXI - n. 15 - 1 agosto 1911

CRITICA SOCIALE 231' ad uno studio indefesso del marxismo, aveva frugato fra le vecchie carte polverose, aveva con cura cer- cato e messo insieme, e poi gridato e dilatato, alcune parole, alcune espressioni di Marx, dal cui spirito recondito, e fino allora « incompreso », potesse sca- turire forza e valore alla nuova dottrina. Marx era stato posto sotto i torchi, perchè esprimesse il suo più puro alcool sindacalistico. L'operazione, data la .somma valentia dei dottori, riuscì; ma l'operato — ed era logico — fu stritolato. Marx divenne irrico- noscibile. Certo, Marx non era il socialismo: ed era il socia- lismo che bisognava far rivivere. Bisognava conser- varne qualcosa d'indefinibile: la nozione della discen- denza marxistica, il principio della solidarietà ope- raia, qualche cos'altro ancòra:. ma, in tutto il resto, bisognava innovare, alterare, invertire. Bisognava anche, e prima d' ogni altra cosa, cambiargli il no- me. « Socialismo » era una parola sfruttata: esso di- venne « sindacalismo ». I suoi valori, quelli Che in gran parte aveva comuni con la democrazia, furono capovolti. Occorreva la novità: e la novità non tardò. Il socialismo era stato uno dei genitori di quello « spirito democratico», che, bene o male, aleggiava poi mondo. E il grido fu: « abbasso la 'democrazia!» Il socialismo, sebbene di diverso lignaggio, aveva, più o meno infecondamente, trescato col positivismo. E il grido fu: « abbasso il positivismo! o. Il sociali- smo aveva, con utilità discutibile, dato un soverchio peso all'azione parlamentare. E il grido fu: « abbasso la collaborazione di classe e la legislazione sociale!». Il socialismo aveva esaltato la prudenza delle lotte, la moderazione e la misura nelle varie forme di prassi operaia. E il grido fu: « abbasso i borghesi del socialismo!». Il socialismo aveva riconosciuto l'utile funzione dello Stato contro lo sferrarsi della furia liberistica. E il grido fu: « abbasso lo Stato, le statizzazioni; il collettivismo!». E cosi. via... Questi gridi furono subito rovesciati nella loro formula positiva. E così fu esaltata l'aristocrazia, ed esaltati furono l'idealismo, l'antiparlamentarismo, l'a- zione diretta, lo sciopero generale, il liberismo indi- vidualistico, l'anarchismo... Nella Francia s'inizia il nuovo movimento; e gli altri paesi fanno eco. Il sindacalismo fa lega col rea- lismo, col nazionalismo, coll'imperialismo, col cle- ricalismo. I sindacalisti confondono con quelle dei eamelols da roi le loro strida contro la democrazia. Georges Sorel collabora con Charles Maurras nel- l'Action Frangaise. La filosofia idealistica di Bergson è avidamente utilizzata per comporre e lanciare le nuove dottrine. Il Sindacato operaio deve incarnare il nucleo essenziale della società futura; lo slancio vitale verso l'avvenire, il principio ex novo di distru- zione e di ricostruzione. Il cervello prodigioso di Sorel non risparmia de' suoi sarcasmi le « illusioni del progresso », non cessa dall'affermare che il socia- lismo è una metafisica dei costumi, dal proclamare che solo dalla violenza può scaturire la nuova società con la nuova morale dei produttori. Lo sciopero ge- nerale è, per lui, il mito, nel quale viene a compen- diarsi il socialismo: « un organismo d'immagini, ca- pace d'evocare, con la forza dell'istinto, tutti i senti- menti, che corrispondono alle diverse manifestazioni della guerra, impegnata dal socialismo, contro la società moderna ». Nello sciopero generale noi ot- teniamo quella intuizione del socialismo, che il lin- guaggio non può chiaramente fornirci — e l'ottenia- mo in un insieme percepito' istantaneamente. Ciò, nella filosofia bergsoniana, é la conoscenza perfetta. Così la dottrina sindacalista — nata per reazione contro la pratica deformatrice od offuscatrice dell'i- deale — si risolve nella esasperazione acutissima di una forma speciale di questa pratica stessa: lo scio- pero. Il pericolo evidente dell'abuso di quest'armo trattiene i sindacalisti operai dal ricorrervi in ogni caso e con uguale entusiasmo. Ma ciò non può at- tenuare l'acre e suggestivo sapore di novità, insito nella filosofia soreliana, che concepisce grandi odi ed appunta acute frecce dottrinali contro lo Stato moderno e contro tutto ciò che da esso deriva e che tallo spirito democratico é inspirato. Questa filosofia s'incurva e si congiunge ad un singolare misticismo, che non disdegna atteggiamenti reazionari e cleri- cali, pel miglior bene del Sindacato operaio.... Malgrado ciò, anzi, appunto per ciò, il sindacali- smo ha trovato larghe schiere di seguaci. Non sa- premmo dire quanti di questi conoscano altresì, e ma- nifestino, di essere, in fondo, seguaci di una forma rinnovata del socialismo marxistico. li da credersi. che essi siano nel vero, ritenendo che nel sindacali- smo il socialismo tradizionale sia divenuto irricono- scibile. Pure, volendo eliminare le più recenti meta- morfosi della dottrina, bisogna convenire che esso rappresenta finora il tentativo più poderoso di re- viviscenza socialistico. P dubbio però, via- le specialmente le sue tendenze involutive, se il suo successo potrà eguagliare i suoi indiscutibili meriti filosofici. Pare, anzi, ch'esso già si confonda e riap- paia in altre forme di pensiero, che del socialismo sono l'antitesi più netta e più inconciliabile. La sua parabola vitale accenna dunque ad essere molto breve. Se così è, invano il socialismo ha chiesto ed atteso dal sindacalismo la linfa benefica di rinnovamento e di resurrezione. Altre vie ancòra oggi tentano i giovani, perché il vecchio tronco del socialismo rinverdisca, perchè la grande idea acquisti un nuovo fascino, quasi un nuo- vo intimo profumo. Sono vie minori, percorse tutte da una luce idealistica: come gli spiriti vagheggiano ed i tempi comandano. E son vie che conducono al religiosismo, al misticismo, all'utopismo. Il socialismo cristiano è una delle forme più inte- ressanti di codesti tentativi di rinascita. Ha, in fondo, qualcosa del ritorno; ma appare una novità: perciò non dispiace. Esso si riporta col pensiero al tempo delle origini, quando il socialismo, nell'aspra avver- sione dell'ambiente, si riduceva alle vibrazioni del sentimento acceso, ad un intenso atto di fede. Il so- cialismo è, e dev'essere, una religione. Già il Novicow spiegò e studiò i molti punti di contatto tra il sociali- smo della prima ora e il cristianesimo primitivo. E, ultimamente, nel recente Congresso di Filosofia tenu- tosi a Bologna, il prof. Perozzi ha affermato l'essen- ziale contenuto religioso del socialismo. I socialisti cristiani non sono dunque soli a state- nere che occorra vivere il socialismo religiosamente: cioè viverlo più intensamente, più entusiasticamente. Essi prescindono quasi dal movimento obbiettivo del proletariato, e, racchiudendosi nel circolo della pro- pria anima, pensano che il socialismo debba essere, oltre che rinnovamento esterno, della vita e degli istituti sociali, rinnovamento interno, della coscienza, dello spirito umano. L'importanza di queste parole

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