Critica Sociale - XXI - n. 12-13 - 16 giu.-1 lug. 1911
cnrncA SOCIALE 205 loTo critiche. La memoria muoveva alla Confedera– zione varie accuse di lesa solidarietà nazionale e in– ternazionale, cli tentala opera disgregatrice delle or– ganizzazioni locali e nazionali capitanale da sindnca– lisli, di debolezza nella questione di Romagna, di violala neutralità, per essersi aggiogala al partilo so– cialista e avere, persino, favorito un esperimento ministeriale. La memoria sindacalistn rilevava, poi, la decadenza della organizzazione operaia in Italia, dovuta, se– condo essa, all'accentramento autoritario della Con– federazione - accompagnato da burocratismo e da settarismo politicante -; alla prevalenza data alle Federazioni nazionali, esautorando o togliendo ogni dirillo di iniziativa, nel campo della resistenza, alle Camere del LaYoro e alle organizzazioni locali. Pur non essendo nemici delle Federazioni, e riconoscendo che devono essere fortemente accentrale e avere cl i– rezione unica le Federazioni che hanno di fronte un singolo padrone (Stato o trust nazionale), e ciò perchè Sindacalo ferrorieri e Federazione vetraria. sindacc1lisli, sono fortemente accentrali e autoritari - i sindacalisti pensano che la Confederazione, la quale deve tenersi nel puro terreno della lolla ope– raia, lungi da ogni azione politica cli parLilo, deve fare opera perchè sia resi iluita alle ol'g::mizzazioni loco.li la loro autonomia, sia ridala alle Camere del Lavoro la dignità e la forza che loro competono, sia– no riconosciute alle Federazioni soltanto quelle man– sioni che sono necessarie per conferire ai movimenti di categoria una tonalità nazionale. L'ol'ganizzazione a base locale risponde meglio al carattere e alle ne– cessità specirìche del proletariato italiano e la Con- . federazione deve essere l'espressione nazionale di questo stai.o di fatto, liberando le organizzazioni lo– cali da ogni sovrapposizione compressiva delle loro energie e delle loro iniziative. Accentramento. aulo– rilarismo, sellarismo, politicanlismo, burocrazia, esa– gerazioni pSeudo-fecleraliste, esaulo:ramento delle ·ca– mere ciel Lavoro, compressione delle or_gonizzazioni locali: ecco i mali' che, secondo i sindacalisti, hanno condotto la Confederazione alla situazione alluale. Neutralità politica, decentramento, autonomia. rin– vigorimento delle Camere del La,·oro, libertà di ini– ziativa delle organizazioni locali, limitazione antiau– toritaria del potere confederale, in modo da ren– derlo l'espressione della volontà collelliva delle orga– nizzazioni aderenti e non l'imposizione tirannica di un gruppo oligarchico; ecco i rimedi proposti dai sindacalisti. , A questa opposizione più radicale si aggiunse quel– la elci repubblicani, che accusavano la Confederazione di essere asservita ad un partilo politico (eia che pulpito!), e quella dei socialisti inb·ansigenli, che facevano colpa alla Confederazione di essere troppo riformista, di non essersi costantemente inspirala al principio della lotta di classe. e di avere contri– buito, colla sua direttiva, a rendere sterile anche la azione parlamentare per la conquista di leggi ope– raie. Il Congresso, come è nolo, approvò a grande mag– gioranza l'opera svolta dal Consiglio confederaJc in conformità dei deliberati del Congresso di Modena, e con questo volo si può dire che è terminalo il Con– gresso, perchè tullo il resto fu appena srìorato. La riforma statut.aria, la complessa e importante que– stione delle Cooperath 1 e, ecc. furono a mala pena lrallale. Il Congresso di Padova non fu che una seconda edizione del Congresso di ì\lilano. Le questioni di indirizzo e di tattica, che pareva fossero state de– finitivamente risolte, ritornarono in discussione. Mal– grado ciò, a eh.i ben osservi, lo si.esso Con,g-resso prova come dei passi se ne siano falli dal 1906 ad oggi. Chi legga attentamente la memoria sindacalista. elaborata dai più puri sindacalisti di Parma. troverà una notevole attenuazione dello spirito sindo.calisla rivoluzionario dei delegali sindacalisti al Congresso di Milano. In fondo, l'opposizione, più che opposi– zione di principio contro le alle quote, contro l'ac– cenlramento federale, ccc. ccc., è una opposizione cli opportunità. Gli estensori autorizzali della memoria rit.engono, in sostanza, ancora immaturo in Italia un movimento federale a lipo tedesco; ma non ne sono avversari « prinzipiell »! Quando il padrone è unico l'organizzazione operaia deve essere « fortemente ac– cenlrata e unitaria»: e n fare dei padroni un a,·,·ersa– rio unico ci pensano le organizzazioni padronali an– che in Ilulia, che cr-eano le loro federazioni e Con– federazioni dell'agricoltLJra e dell'industria. I sinda– calisti, per quanto rivolu7.ionarì, sono misoneisti: prendono lo slal.o di fallo come per ora insuperabile e su questo stato di fallo della immalurilà sindacale fabbr-icano una nuova, che è moli.o vecchia, teoria sindacale. Però, come ossenava Rigola, della si.rada ne hanno falla persino i sindacalisti, e gli scioperi generali non sono pili domandati così frequente– mente come nei primi anni della vita confederale. dal 1906 al 1908. · Con tult.o ciò, molta è ancora la st1·ada eia percor– rere: la Relazione con federale l'ha rilevalo coraggio– samente e acutamente: parte del proletariato. anche 01'ganizznto, è ancora fuori dei quadri confederali; lo spirilo anarchico non è ancora del tutto vinto: la classe operaia produce ancora un numero insuffì– ciontc_ di uomini che- sappiano dirigerne le sol'ti: la organizzazione ope1'.:iia si 1.l·on1 a.11co1·anello stato infantile, po,·era di mezzi e indisciplinatn. Ma una più sana e posiliva concezione del movimento operaio si è falla strada, per merito specialmente della Co11- federazione del LaYoro e degli uomini -che l'hanno rìno ad oggi diretta con fcrmezzn e con abnegazione, e si è preparalo così il leneno fa\·orm·ole ad un mo– vimento operaio realmente forte e solido. li parlito socialista avrebbe qui un cnmpo fecondo d'azione, specialmente collabornnclo alla propaganda e all'edu– cazione degli organizzai.i, se sentisse che l'azione costruttiva del soci:1lismo sta, sopratullo, nelropera delle organizzazioni cli clusse e che la forza effettiva del partilo politico del proletariato poggia sulla base granitica di una forte e solida organizzazione. f. p. IL CRISTIANESIMO CHE N N C'È L. Il cristianesi1no - come ogni altra religione - non è che il misticismo; una concezione, cioè, an– tiumana e antisociale della vita, che solo alcuni ritardatari e psicopatici possono foggiarsi e 1 in qualche n1oòo, praticare. I soli mistici, quindi, sono Yera.mente religiosi, µercbè ]a religione non può essere vera, se 110n la dove è un prodotto spon– t.aneo; lung·e dalla :::ua naterale scaturigine, fuori, cioè 1 del misticismo, essa si confonde colla ipo– crisia o colla illusione. Se approfondiamo tutte le grandi e piccole re– ligioui - nessuna esclusa - ne scorgiamo lA. de– solante vanità. Per questo, teoricamente, i più si professano religiosi - gabellando a sè e agli altri per religione le più · varie e vaghe credenze ed aspirazioni - e, pratica1nente, i veri religiosi non sono che pochissimi: i mistici. Sia.mo tutti natiwatmente inci·ech,li, scrisse Feuerbach; quasi tutti siamo atei senza avveaei·– cene, disse lienan; noi abbiamo cessato di esse1'e cristiani, lasciò detto 'rolstoi. Le crerlenze religiose, proprie a dati pe1·iodi sto– rici e a una particolare psiche umana, tendono a cristallizzarsi in ciò che poi chiamasi dog1na; ·pur costituendo tutto il patrimonio di conoscenze dei popoli priinitivi, non possono quindi seguire la evoluzioue delle idee, adattarsi ai 11uovi sentimenti, insopprimibili nella vita; onde segue che, di ne– cessità, queste idee e questi sentimenti sforzano, pit:gano, adattano a sè le orecieuze. Col tempo, così, le religioni perdono il conte– nuto originale; rimane il nome e la forn1a; come Uottig"lie vuote o mezzo vuote, ]a cui vecchia eti– chetta superstite poco più ba da fare col nuovo liquore che vi fu versato. Meno di ogni altra religione si sottrae a questa
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