Critica Sociale - Anno XXI - n. 10 - 16 maggio 1911

150 CRITICA SOCIALE preleverà dalle entrate ·generali e dovrà ammortiz– zarlo in un certo numero di anni, quindi l'interesse in discorso piglierà la forma cli quola di ammorla– mento; o lo preleverà, incamerando i beni delle Compagnie; o, infine, effettuando il riscatto dei con– tratti con opportune indennità, lo preleverà dagli incassi, dopo averne accantonala una parte per le riserve matematiche. Nella prima ipotesi (impiego di capitale proprio), la spesa degli interessi non sarà costante; si vedrà solamente in quanto tempo vorrà lo Stato ammor– tizzare il capitale impiegato. Nella seconda ipotesi (incamerazione dei beni), la spesa è totalmente sop– pressa perchè lo Stato nulla ha impiegato e nulla ha pagato. Nella terza (riscatto con indennità), la quota di ammortamento del prezzo del riscatlo verrà· data'"da Lfna pat'le dei premi che lo Stato riscuoterà dagli attuali assicurati, i cui contratti sarebbero riscattati. In tutte e tre le ipotesi, gli interessi al capitale azionario tendono a scompa– rire, trasformandosi in utili netti, che andrebbero a beneDcio delle pensioni operaie. Questa trasfor– mazione di spesa si ripercuoterà beneficamente sulla formazione delle tariffe. d) SPESE DI AMMINISTRAZIONE E STRAOHDINARIE, Oggi sono enormi e di diverso genere. Non è facile rilevarle ad una ad una. Spesso coprono spe– se, che non si potrebbero giustificare altrimenti, o vanno a nascondersi in differenti voci dei bilanci. Rientrano in esse spese di pubblicità, gettoni di preseriza a ·consiglieri di amministrazione, inden– nità d'ufficio, stipendi vistosi, ecc. Aumentano in modo spaventoso per gli Istituti. nascenti, e per quelli che posseggono immobili. Diventano costanti come ·le spese· strflordinarie, quando gli affari spes– seggiano. Seguono lo sviluppo dell'industria e oscil– lano di continuo. Non si potrebbe affermare con certezza se diminuiranno od aumenteranno. Alcune scomparirebbero totalmente. e) Co1\1PENSO AI PHOBALIILI (( SCAR.TJ )) DELLE TA– VOLE 01 :MOHTALITÀ. - L'attuario segue con cura lo svolgimento degli affari (sinistri, abbandono di con– tratti, pagamenti per scadenze e rimborsi, ecc.) per vedere, se le indicazioni delle tavole cli mortalità non sieno fallaci. Queste rispondono tanto più alla reallà, quanto più gli assicurati mantengono in vi– gore i contralti, e abbonctano gli affari nuovi. Scom– paiono o vivono alla giornata gli Istituti costretti ad an_nullare. molte polizze per mancato incasso cli premì. · In previsione di questi «scarti>>, l'attuario deve al premio puro, aggiùpgere un compenso. Per lo Stato è tuU'altra cosa. Dominando sovrana la legge dei grandi humeri, e il campo essendo v~~ti$simo, un.ico..e omogeneo, le previsioni di mor– talità non possono dare «scarti>> rilevanti. La ro- lazione diventa matemaJica. · La spesa relati.va a tali « scarti » - ai quali si riannodano quèstioni cli capitale importanza, come le riserve, le riduzioni delle polizze, ecc., che non è il caso cli trattare ora - dovrebbe dunque ri– dursi sensibilmente. Da questo fugace esame è lecito concludere sen– za tema. di esagerare: &.) che la' metà dei premi serve oggi a far fronte alle uscite, cli cui alle lettere a, b, e, cl, e; ~)·che, jn sistema ·di'monopolio, alcune di que– ste uscitè scomparirebbero, altre cesserebbero· di essere costanti, altre si ridurrebbero. sensibilmente: y) che una benefica ripercussione se ne avrebbe sulla forn1azio1ie· delle . .tariffe. BibliotecaGino Bianco II. Assicurazioni popolari. Rendere accessibile alla borsa cli tutti i cittadini l'assicurazione, educare i meno abbienti al rispar– mio e alla previdenza,· è sana azione cli Stato ve– ramente democratico. In Italia, pochi Istituti eserciscono il ramo-vita a base <<popolare>>. È un campo inesplorato, che, coltivalo a dovere, potrebbe fruttare al monopolio uti.li cospicui. Nel bilancio d'una famiglia borghese, oggi l'as– sicurazione rappresenta una spesa di lusso; l'assi– curazione «popolare>> risponderebbe invece ad una necessità, a un alto dovere e sentimento. di soli– darietà famigliare. li carattere « popolare » sta nella modestia ciel capitale assicurato, e nel modo di versamento dei premi. Gli impiegati,· gli artigiani, i piccoli bor– ghesi non possono contrarre assicurazioni• impor– tanti, nè versare prem1 annui o semestrali. Convien dunciue stabilire un limite al capitale, oltre il quale l'assicurazione non sia più «popolare>>, e ag·evo– lare il pagamento dei premi; ad es. concedendo cli versarli a rate mensili. Questo genere di lavoro incontra serie difficoltà. Anzitutto nella mentalità e nelle consuetudini di quel pubblico speciale. Molti piccoli borghesi ignorano che cosa sia l'assicurazione, sono sospettosi, te– mono sempre l'imboscala. L'assicuratore deve spie– gare molta abilità e mollo garbo, cogliere la preda Ol'a al varco, ora al volo; saper ritirarsi, pazientare, tornare alla carica, senza infastidirsi od infastidire. Questo genere di clienti fa e rifà dieci volte i suoi conti, misura il sacrificio alla potenzialità del suo piccolo bilancio, ieri pareva convjnto ed og·gi è pentilo. Ma, se infine un operaio firma la sua po– lizzza, egli vi si affeziona veramente, la considera come una spesa per l'educazione e il sostentamento dei figliuoli, e farà veri eroismi per evitarne l'an– nullamento col mantenere gli impegni. Il portafoglio delle Compagnie a base « popo– larn >>subisce continue, e spesso brusche oscilla– zioni. La malattia o la disoccupazione dell'operaio, una, speculé\zione fallita ciel piccolo industriale, la sopravvenienza di alcuni figliuoli all'impiegato, sfor– zano c.ostòro a rendersi morosi. Questi ceti sopra– tutto risentono de.Ile crisi economiche come pure delle epidemie. Il mancato raccolto per la siccità del 1908 nelle Puglie, la crisi vinicola del 1909, le angherie sanitarie dell'ultimo colera, paralizzando la piccola industria e immobilizzando intere cate– gorie di lavoratori, si ripercossero sopratutto sulle Compagnie a base «popolare» costringendole a de– rogare dalla rigidità contralluale, a concedere dila– zioni per il. pagamento dei premi e a largheggiare coi rappresentanti per agevolarne la produzione e l'inéasso. ' Sarebbe dunque grave errore se il disegno di legge trattasse alla stregua delle altre queste as– sicurazioni, cli natura così speèiale; sulle quali non sarebbe superfluo provocare sopratutto i consigli pratici degli assicuratori provetti e sperimentati. III. Lo Stato di fronte ai contratti esistenti. Tre sono le vie cli uscita: l' Lasciare alle Compagnie i conlmlli esistenti /ino alla loro completa estinzione. - È .Ja via più comoda, non solleverebbe prot~ste, non darebbe noie allo Stato, e l'erario continuerebbe ad incas– sa,·e rilevanti tasse (1). I~ generalmente la pre.ferita. (1) Nel 1908, L. 1.551.558.

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