Critica Sociale - Anno XXI - n. 9 - 1 maggio 1911

CRITICA SOCIALE 133 Le conseguenze prodotte da questo stato di cose si sono svolte in un senso perfettamente opposto a quello che i difensori della Federazione unica affer– mano di proporsi. La divisione non solo è divenuta maggiore, in quasi tutta la Romagna, fra mezzadri e braccianti; ma si è estesa nel seno stesso della categoria dei mezzadri, scindendo l'unità di questa ultima in gruppi avversi, e creando una situazione che, dal puuto di vista sindacale, non si saprebbe se più incongrua o più triste. Esaminiamo brevemente alcune conseguenze del• l'attuale sistema. Nel Cesenate e nel Ravennate, i mezzadri sono stati organizzati da molti anni dai repubblicani, i quali, molto prima dell'attuale conflitto, e per l'evi– deute scopo politico di avere forze ligie a loro nelle nuove organizzazioni che i socialisti andavano creando, li fecero entrare, prima nella locale Camera del La– voro, poi, quando questa ft1 costituita, nella Federa– zione nazionale dei lavoratori della terra. I repub– blicani adottarono tale tattica senza neppure doman• darsi - allora - se le forme vigenti della orga– nizzazione fossero le più indicate a garantire i par– ticolari interes si dei m ezzadri; nè questi ultimi seppero allora ragiona.re con una testa diversa da quella dei loro protettori politici. In altre parti della Romagna, invece, come il Faentino e l'Imolese - dove i repubblicani o non esistono più, o non esercitano alcuna influenza nelle campagne -- i mezzadl'i vennero organizzati solo da pochi anni e per iniziativa dei moderati e dei cle– ricali.· Negli ultimi anni, i braccianti, con la forza delle loro organir.zazioni 1 avevano imposto tariffe che erano andate a colpire non soltanto i proprietari, ma anche i mezzadri. Vantaggi analoghi avevano conquistato, attraverso all'azione delle Camere del Lavoro, molti degli altri ceti operai, con cui i mez• zadri si trovano in rapporti di scambio: dai calzolai ai sarti, dai birrocciai ai conduttori delle trebbia– trici. ':L1uttociò avveniva quando i _mezzadri, in quelle zone, non erano riusciti ancora ad organizzarsi alla loro volta, e ad ottenere dai proprietarì un tale mi– glioramento del patto colonico, che fosse in corri– spondenza alle nuove condizioni di vita, e quando l'eco profonda delle lotte svoltesi nel Ferrarese e gli errori colà commessi facevano loro sempre più te– mere che i socialisti e le organizzazioni da essi gui– date pretendessero l'immediata abolizione della mez– zadria e la trasformazione dei mezzadl'i in salaL·iati avventizi. Si erano venuti così acuendo fra i mezzadri un malcontento, una irritazione, che tanto più avevano bisogno di sfogo, quanto meno facevano capo ad una concezione larga e serena. Da un lato, essi avvertivano tutto il conflitto tra i loro particolari ed immediati inter,essi e la con– dotta pure immediata dei braccianti. Lo avvertivano anzi più acutamente, percbè non vedevano i modi, pei quali una azione coordinata delle organizzazioni loro e di quelle dei braccianti avrebbe potuto, in confronto coi proprietari, conciliare e graduare Je conquiste degli uni e deg1i altri. Dall'altro lato, essi sentivano, con tutta la forza istintiva del buon senso, che alla differenza delle situazioni e degli interessi doveva corl'ispondere una diversità nei metodi di lotta e di organizzazione; che non tutti i sistemi che andavano bene pei braccianti dotta questione delle nrn.oahlnc e all'inasprimento del connitto trn mezzadri e brnooinntl In Romagna, lo prova anche Il ratto che, nel Bolognese - dove non esistono repubblicani fl dove molti coloni votano pel soolnllsU - I rapporti fra. le due categorie sono molto migliori. Non si può certo pensare ohe Il mezzadro del Bolognese l\bbla nn•anlma economica diversa dal mezzadro del Ravennate. BibliotecaGino Bianco potevano andar bene per loro; che quindi correvano un pericolo entrando senza condizioni in quelle Ca• mere del Lavoro ed in quella Federazione unitaria, in cui i salariati erano: in· realtà, la grandissima maggioranza. Di tutto ciò seppero trarre profitto molto abil– mente proprietari e clero. Essi, dipingendo ai mez– zadri i braccianti e gli operai di città come i Boli avversarì contro cui dovessero combattere, organiz• zarono il grosso dei mezzadri medesimi, al di fuori delle locali Camere del lavoro e della Federazione nazionale dei lavoratori della terra, in quelle che vennero chiamate Leghe " autonome ,,. Ai socialisti rimasero fedeli soltanto sparute minoranze, che l'e• s"perienza ha sempre meglio dimostrato essere prive di ogui valore sindacale. In uome di una malintesa unità di classe, cioè a dire di una unità presa come sinonimo cli uniformità e di confusione, si finì in tal modo per favorire la scissione della categoria dei mezzadri. Si dimenticò che la classe è composta di categorie, e che essa quindi non può riuscire seriamente unitaria, se prima non siano unitarie le categorie da cui risulta. L'unità sindacale delle singole categorie rappresenta evidentemente una condizione essenziale per l'unità della classe. Sono - queste - verità lapalissiane. Bppme si è agito in una direzione diametralmente opposta. ·fu ora intuitivo che, se l'organizzazione avesse avuto fino d'allora tali forme, da _garantire ad ogni categoria la difesa dei particolari interessi, il giuoco dei clericali e dei moderati sarebbe riuscito molto meno facilmente. Inoltre - se la visione degli inte– ressi sindacali fosse stata obbiettiva e spoglia di preoccupazioni politicantiste - i nostri, invece di negare - come fecero - ogni ragiou d'essei'e alle nuove Leghe, si sarebbero resi conto delle cause profonde del loro sorgere e della loro vitalità natu– rale, ed, invece di combattere - come fecero - il principio stesso della autonomia da parte dell'orga– nizzazione stessa dei mezzadri, si sarebbero limitati a sostenere che tale autonomia sarebbe riuscita dan– nosa a tutto il movimento e agli stessi mezzadri, senza gli opportuni vincoli interfederali. Un 1 a1tra e gravissima conseguenza della attuale ed erronea organizzazione, la si è avuta in occasione del conflitto per le trebbiatrici. Data una organizzazione unitaria, in cui le varie categorie si fondono in una sola massa indistinta, diventa facile ammettere che la maggioranza debba. imporsi alla minoranza, e lo debba in ogni caso, anche se la maggio1·anza appartenga ,.ad una cate– goria e la minoranza ad un:altra, e il dissenso sia fra le due categorie. Quando, dunque, sorse la que– stione delle trebbiatrici, rispetto alla quale i brac– cianti sostenevano, per il loro interesse esclusivo, una tesi, e i mezzadri, per il loro, una tesi opposta, si pensò che il problema potesse risolve,·si con un colpo di maggioranza. Si convocò, ai primi di no– vembre del 1909, il famoso Congresso di Bologna; e, poichè i braccianti, che vi erano in maggioranza., decisero naturalmente a proprio favore , si dich iarò che i mezzadri soccombenti dovevauo sottosta.re ai voleri della maggioranza ... in nome del la discip lina sindacale. I mezzadri - si capisce - resistettero; donde quella loro espulsione, alla quale abbiamo accennato più sopra e che rappresentò il fallimento dell'unita sindacale proprio ad opera di chi, in nome di una unità sindacale semplicista e male intesa, si era sempre opposto alla creazione di una distinta Federazione dei mezzadri. È ora evidente che, per intuitive ragioni di equità, il criterio della maggioranza è applicabile soltanto: o pei problemi che riguardano una medesima cate– goria, e quindi pei componenti questa stessa; op-

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