Critica Sociale - Anno XXI - n. 8 - 16 aprile 1911
124 CRITICASOCIALE di padroni e di servi; queslo strano amalgama di ricchezza e di miseria, di protervia e d'umiltà, di gloria e di abiezione; questa fervente sintesi delle situazioni più diverse e delle più cozzanti energie - è niente altro che la società umana, la società che dùra, nella rigidità tenebrosa dei regimi feudali o nella sanguinosa immobilità del terrore, oppure vive nella rimutazione continua delle cellule proprie e delle proprie forze elementari. Quest'equilibrio sociale è puramente fisico o ri– nesso. Gli è affatto estraneo ogni concetto di etica e di equità. Le forze esistenti avranno, in ogni caso 1 una risultante, la quale non potrà non favorire la forza più possente. Cosl, l'equilibrio si attua sempre: tra i cosacchi dello Zar e il popolo russo - come, sul mercato, tra il capitalista agguerrilo e il prole– tario affamalo - come, nella lolla di classe, tra bor– ghesia e lavoratori. Le utilità, al pari dei colpi di lwut, si ripartiscono secondo la forza, o la debolezza, di ciascuna delle p,nti. Tale equilibrio, pur insta– bile e precario, racchiude un criterio impeccabile cli giustizia «fisica», del quale i liberisti sono, a buon dirillo, sinceramente innamorati .... Se una morale nasce in queste condizioni - e la morale non nasce che così - anch'essa non è che la risultante dei di\'ersi e simullanei impulsi etici; non è, in fondo, che la proiezione dell'equilibrio o dell'ordine costituito. La giustificazione e la conser vazione del quale - della «società» - è la preci– pua tra le sue funzioni e la palpitante materia dei suoi precetti. Solo il dolore dei vinti solleva l'anima al cielo verso un ideale di vita e di giustizia sociale. Il sen– timento dell'equità assoluta nasce dai gemili del più gran numero, e s'insinua negli :rnimi, e si diffonde pel rno11do, solo quando la folla soggiogala sente e fa sentire se stessa, la propria miseria e la propria Jngoscia. iVla le sof'ferenze, i lamenti e i radiosi SO· gni che ne derivano non sono per sè operativi nel grande meccanismo de'lla vita sociale. Occone che diventino forza, cioè spasimo acuto, volontà, azione, ossia minaccia, pericolo, danno 11 effettivo. Solo così acquistano valorn; solo così possono incunearsi ad alterare profondamente e durevolmente l'intricalo sistema delle forze sociali. Il giorno in cui l'ordine e l'equilibrio di una data società diventano, per gran parte di essa, si,nonimo cli disoJ'dine e di squilibrio; il giorno in cui, accanto al concetto «fisico» dell'assello sociale, comunque camuffalo dalla classe dominante, si sviluppa il con– cetto etico della giustizia umana; il giorno in cui il giuoco delle forze viene rischiaralo e giudicalo con criterì etici, - la legge della coincidenza degli in• leressi sembra allora doversi svestire del suo carat• tere meccanico, per assumerne uno di sindacabilità e di docilità; sembra 1 insomma, dover diventare quasi un fine concreto, che la volontà - dello Stato. delle classi, degli individui - possa imporsi e raggiun– gere. La legge scientifica dell'equilibrio sociale .si ltasforma così in un precetto di pratica politica ed 1:wonomica. Ma codesta metamorfosi si compie presso l'orlo d'una profonda illusione. Restiamo nel campo della lotta di classe. Di questa grande legge storica e sociale - dice il Ferri - lo Slato - « organo supremo ed uriitario della giustizia • sociale JJ - non può chè « assicurare il libero e BibliotecaGino Bianco ordinato svolgimento», onde possa determinarsi la linea di coincidenza degli intèressi. Però, mentre, negli altri campi, tale coincidenza si genera, senza che allo Stato il Ferri riconosca la ragione d'inter– venirvi; allorchè trattasi di conflilli sociali, egli non solo allribuisce allo Stato la detta funzione di ordine e di disciplina, ma quella intende come una specie d'interposizione attiva e feconda, dominata da criter'i etici e di equità. - Siamo, per esempio, in materia di lolla di classe? Ebbene, spetta allo Stato di ope– rare la coincidenza fra gli interessi delle classi in guerra: con lo stabilire, come in Inghilterra, il sa• lario minimo, o le altre varie misure di legislazione. sociale. - Si diballe, in Romagna, una questione per l'uso delle macchine agrarie? Ebbene, deve lo Stato, impedendo le sopraffazioni dall'alto o dal bas– so, trovarne la soluzione nella linea di coincidenza degl'inleressi, per modo che nessuno di questi venga all'altro sacrifìcalo. - Arde vivo il problema dello sciopero nei servizi pubblici? Ebbene, esso non può sciogliersi, se lo Stato non intervenga a segnare \a linea di coincidenza fra gl'inleressi corporativi e quelli della collettività sociale. - E cosi di seguilo. A chiarimento e riprova di lutto ciò, il prof. Ferri avvetle che 1 nella formola della coincidenza, può aversi, oltre che una guida di orientazione scienti– fica, anche una norma di vita politica. Si tratterebbe, dunque, di una vera e propria scienza dell'ammini• slrazione ... Or qui nascono due problemi: se sia giusto il concetto che il Ferri dà dello Stato e della sua fun– zione; e se, nell'ipotesi contraria, lo Stato possn utilmente proporsi il fine della coincidenza degli in• leressi. La funzione dello Stato non va spiegata e commi– surala con ideali etici, ma con forze sociali. Solo quando gli ideali si traducono e si esprimono in forze, solo allora, e solo in quei limiti, lo Stato ne sente l'influenza. Perchè lo Stato altro non è che un organo - l'organo - d'interpretazione e di trasmis– sione delle forze sociali; non è che la risultante della pressione politica delle varie classi economiche, da cui deriva la composizione, l'atteggiamento, l'indi– rizzo proprio; non è che il grudimetro delle diverse energie sociali, che assume la veste giuridica ed elica rispondente all'interesse e alla morale prevalente. Esso non è l'organo di un'astratta giustizia sociale, ma d'una giustizia qual'è intesa in un dato momento slol'ico, cioè quale si esprime da un determinalo con-' llitto d'interessi. ln altri termini, esso non attua la giustizia, ma solo interpreta delle forze: perchè non sta al cli sopra d-elle classi, nè è dotalo di libero ar– b)lrio. E, come ogni fofza sociale, quando non sia nome vano senza efncienza, concorre a formarlo, lo Stato, nei limiti di Lai concorso, la valùta, la compensa, la benèfica. È un equilibrio anche questo. Ora è la classe lavoratrice, che, acquistala maggior forza ed insieme maggior « ,olontà di potenza», sta penetran– do di sè l'organismo statale, spostandone l'asse un po' a proprio vantaggio. E, poichè il proletariato è la classe soggetta, che vagheggia un ideale di giu– stizia sociale, ecco lo Stato dipinto sotto le seduèenti sembianze dell'organo della giustizia sociale, che parte e si trasporla di cielo in terra a effelluare fra gli umani il concetto dell'equità, o della coincidenza, degli interessi. Con quali criteri, con quali direttive, con quale affidamento?
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