Critica Sociale - Anno XXI - n. 2 - 16 gennaio 1911
èRiTiéA SOCIALÈ 25 diventa minore il rischio delle annate cattive e delle variazioni dei prezzi sui mercati, in quanto appunto ·molti sono i genéri ·tra i quali queste e quello si distribuiscono. Ma la l'agione fondamentale per cui ht. mezzadria, malgrado i suoi difetti innegabili, dimostra ancora tanta vitalità e genera risultati agrari così ammire– voli, risiede in un elemento umano; nel fatto che essa rende il lavoratore interessato al prodotto. Quanto più la terra produce, tanto maggiore è anche la parte che va al mezzadro. Donde il fatto, al quale già accennammo trattando dei caratteri differenziali fra mezzadri e braccianti: che il mezzadro, cioè, pur di ottenere un>tproduzione buona e abbondante, non risparmia fatiche. Anche sotto questo aspetto la mezzadria e la pic– cola proprietà lavoratrice presentauo una profonda analogia. Sebbene in misura diversa, entrambe affe– zionano potentemente il lavoratore alla propria fun– sione, e per questo solo ottengono effetti ignoti a qualsiasi altra forma. Ilsocialismo ela irtecipazione alprodotto. Siamo così condotti a esaminare un'altl'a idea dei socialisti romagnoli intorno alla mezzadria. Essi appunto rimprovel'ano alla mezzadria di le– gare troppo gli interessi del lavoratore a quelli del proprietario della terra, e di indurre il primo ad una soverchia fatica. Ebbene: a parte quel tanto di vero che si trova anche. in tali osservazioni, essi dimenticano che, dal punto di vista socialista, e astraendo dalla interposta e caduca persona del proprietario, la partecipasione al prodotto è una delle forme di contratto non del passato, ma dell'avvenire. Essa dà luogo a una pre– stazione di lavoro ben più responsabile e conscia di quella a:puro salario, nella quale ultima ogni lavo– ratore non si interessa nè della quantità, nè della qualità, nè del prezzo dei prodotti. Per giungere alla collettivizzazione economica, occorre dunque andare alla partecipazione, come alla forma in cui, allo stimolo del proprietario o dell'industriale pri– vato, si sostituisce per il lavoratore lo stimolo più elevato dell'interessenza diretta. Ogni altra conclusione non sarebbe possibile, se non a,nmettendo nel lavoratore medio tali qualità intellettuali e morali per cui uon avesse più bisogno di alcuno stimolo. Ma, purtroppo, basta enunciare una tale ipotesi, per dimostrarne tutta la infonda– tezza. Ad esempio, molti valenti organizzatori imo– lesi non si peritano -- sia detto a tutto loro onore - di dichiarare che u:10 dei pericoli di una male intesa azione operaia sembra ormai questo: che, fra• gli operai disinteressati al prodotto, non pochi si disamorino del loro lavoro, e non facciano il loro d·overe neppure entro i limiti dei e' contratti vigenti. Queste tendenze rappresentano una gravissima mi– naccia antisociale, e quindi, a maggior ragionetan• tisocialista, e costituiscono una ulteriore dimostra– zione della utilità dell'interessenza al prodotto. Dal punto di vista socialista, dunque, la condanna assoluta del principio della partecipazione al prodotto è un grande errore. li prinei pio deve essere conser• vato ed esteso. Soltanto si deve volere il suo pas– saggio da forme individuali a forme assOciate. Del resto, le affittanze collettive, che cosa sono se non forme associate di cointeressenza al prodotto? Esse fallirebbero tutte se i conti si facessero sulla base di un salario e di nn orario fisso. Il contratto di compartecipazione è, dunque, più che una forma arretrata, una fol'ma dell'avvenire; ed è poi tanto più necessario in agricoltura, dove il lavoro deve essere, in certi momenti 1 più energico e più continuativo. L'agricoltura impone tutta una BibliotecaGino Bianco serie di disagi caratteristici, che-;non possono essere vinti in cel'te cOnctizioni, senza lo stimolo della com– partecipazione al prodotto. La prova dell'errore di una lotta assoluta contro le forme di compartecipazione al prodotto è questa: che i~bracciaoti, quando diventano cooperatod agri– coli, spesso non dànno buona prova, per-chè tendono appuuto a portare anche nella cooperazione i loro criteri abituali di disinteresse alla produzione. Dai dati raccolti risulta che, tra gli esperimenti di cooperazione agraria, che si son fatti dai braccianti nel Ravennate, quelli che diedero migliori risultati furono i tipi nei quali la distribuzione del lavoro, sui v.arì appezzamenti, è fatta in modo da creare una situazione analoga a quella che praticamente si ha colla conduzione a mezzadria. learmi dilotta più indicate p r lamezzadria. Un altro errore, che i socialisti romagnoli banno commesso e commettono nei rapporti colla mezza– dria - enore che di pende sempre da una erronea estensione ai mezzadri di criteri adatti solo per i braccianti - consiste nel ci-edere che la resistenza, come è !'arme fondamentale di lotta per i braccianti, così lo sia anche per i mezzadri. Si deve anzi tutto osservare che il mezzadro, ap– punto perchè è un partecipante al prodotto, si van– taggia direttamente, non solo di un miglioramento dei patti, ma anche di un aumento della produzione, Di volta in volta, il mezzadro può guadagnare di più da una introduzione di concimi chimici o di be– stiame, che non da una revisione del patto. Inoltre, finchè la mezzadria è inficiata da disposi• 1doni asserventì, ingiuste, medievali, è naturale che i mezzadri abbiano interesse a liberarsi da queste scorie mediante la resistenza. Ma, di mano in ma.no che la mezzadria si depura da talì condizioni, essa diventa un patto che, nelle attuali circostanze della società, appare equo, e che si presta quindi sempre meno per ora ad una radicale revisione. Oggi in Romagna le clausole condannabili nella mezzadria sono due principalmente: l'una, che i mez~ aadri pagano una quota dell'imposta fondiaria; e l'altra, che essi, quando non hanno capitale bestiame, pagano un interesse sul bestiame anticipato loro dai proprietarì. Una volta liberata da queste clausole, la mezzadria romagnola diverrà un contratto che si presterà sempre meno ad una semplice azione di resistenza. Per i mezzadri, come vedremo fra poco, l'arme principale, oltre un certo punto rapidamente raggiun• gihile, diventa, non già la resistenza, ma la coope– razione. laforza diresistenza deimezzadri difronte aibraccianli. Infine, quando i socialisti e gli organizzatori dei Uraccianti, dai tentativi di avvicinare i mezzadri con idee e con metodi inadatti. allo scopo, sono passati all'eccesso opposto, di volerli addirittura combattere, sono caduti nell'el'l'ore di sottovalutare strenuamente la. resistenza che sul terreno economico i mezzadri stessi potevano opporre ai loro attacchi. La mezzadria tende a creare l'unico ambiente eco· nomico che, entro certi limiti, possa considerarsi anche oggi come chiuso. Abbiamo infatti notato a suo tempo che il mezzadro desidern ottenere dal campo che lavora la massima varietà dei prodotti che abbisognano al suo consumo diretto. Appunto perciò egli può ridurre e riduce realmente gli scambi al minimo. Orbene: consideriamo l'arme dei boicottaggio, che fu quella principalmente usata dai braccianti contro i mezzadri nelle recenti lotte del Ravennate,
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