Critica Sociale - Anno XXI - n. 2 - 16 gennaio 1911
CRITICA SOCIALE 21 tiamo con que1Ja delle legislazioni nelle quali già esiste il voto obbligatorio, non è neppure blanda. Per i non agiati un'ammenda, che fin dalla prima astensione può salire fino a 25 lire e spingersi a 50 in caso di recidiva, non è poca cosà. Ricordiamoci che in Belgio la prima astensione è punita con una multa da 1 a 3 franchi, ed in !svizzera in alcuni Cantoni non si paga che mezza lira, ed in nessun Cantone si superano le 10 lire. Per gli agiati poi non sembrerà. temibile o fastidiosa l'am– menda, quanto la pena accessoria in caso di recidiva; perchè, oltre dover pagare 50 lire, si è esclusi per un quinquennio da qualsiasi nomina o promozione nelle amministrazioni pubbliche ed anche - ciò che per molti sarà più doloroso - da qualsiasi decorazione cavalleresca. Cosicchè noi crediamo che, se il progetto Luzzatti divenisse legge, il numero delle astensioni, specie nelle prime applicazioni, diminuirebbe sensibilmente. Questi meccanismi si arrugginiscono e si sciupano con Fuso, ma, almeno la prima volta, riescono a fum1ionare. E contro chi è destinato a funzionare questo che si è ora escogitato? La Relazione veramente non ci illu– mina molto sulla utilità della riforma; .si occupa assai più della legittiniità e della efficacia <li essa, che non di dileguare i molteplici• dubbt che anche gli scrittori po– liticamente più ortodossi hanuo affacciato sugli effetti benéfici dell'obbligatorietà del suffragio. Ad ogni modo la Relazione ci dice: " ...... Tratterebbesi invece di stimolare ad accedere alle urne coloro che per indolenza se ne astengono o perchè non riescono a valutare l'importanza de! pro– prio voto nella moltitudine dei votanti, o, se vuoh;i, perchè scoraggiati o disillusi, o µer qualsiasi altra causa. Non souo queste tutte forze sociali apparenti, ma piuttosto latenti, che, stimolate, potrebbero por– tare un sano contributo, e migliorare l'esito della vota– zione. , 1 Orbene, non si conferma con queste parole l'assunto del nostro articolo, che cioè i partiti democratici hanno tutto da perdere dall'applicazione del voto obbligatorio? Ohi potrà mai credere che queste forze latenti, una volta stimolate o costrette a votare, si inducano ad aiutare" chi desidera mutamenti politici e sociali 1 E, sotto quest'aspetto, torna in campo l'altra questione dell'allargamento del suffragio: come è proposto in que– sto disegno di legge. Noi non ce ne siamo occupati di proposito, ma abbiamo sostenuto che il voto obbligatorio è tanto più da combattere quanto più l'estensione del voto è.... cauta. Lo studio del disegno di legge ci con• ferma ne!l'opinio11e che essa sia cauta davvero. Noi crediamo, ad esempio, che in pratica il sostituire al– l'esame dinanzi al Pretore, consentito dalla legge vi• gente, l'esame di scrittura e di lettura dinanzi all'lspet· tore scolastico ed al Maestro (che non conta) e su brani di prosa diversi per ciascun candidato sia una conces– sione più figurativa che reale. Ed osserviamo che, poi– chè si è sempre detto che il Ra.per leggere e scrivere non si assumeva come una presunzione di capacità in• tellettuale (perchè vi sono analfabeti ben più capaci di molti che posseggono il certificato di proscioglimento) ma bensì come una condizione necessaria a compiere Patto del voto, ora che si é proposto di sostituire la sèheda stampata a quella mano~critta si sarebbe potuto benissimo estendere il suffragio a tutti coloro che aves– sero dimostrato di saper leggere lo stampato e, tutt'al più, di saper fare la propria firma. · Ma, senza insistere oltre su qu6sta parte, vogliamo soltanto porre in rilievo un curioso equivoco sul quale, Biblioteca Gino Bianco. nella Relazione· ministeriale, si fondano tutte le previ– sioni circa i pos9ibili effetti del disegno di legge. Si dice, e i dati sono presi dal censimento del 1901: i maschi maggiorenni sono 8.711.542 i di questi sono alfabeti il 56,1 °lo e non sono invece elettori che il 33,6; vi è dunque il 22 1 6 di cittadini, corrispondenti alla cifra assoluta di 1.960.097," che, sapendo leggere e scrivere, son.o privati del diritto al voto e che si potranno av– vantaggiare delle nuove disposizioni 11 • E su questi due milioni circa di elettori si fanno tutti i calcoli 1 dimen• ti cando di dimostrare una piCcolissima cosa: che, cioè, quei tali due milioni di cittadini non si presentavano all'esame del Pretore perchè tale esame era troppo dif– rlcile mentre si presente.ranno al nuovo esame. Senza, rientrare nell'apprezzamento sulla differenza - a parer nostro non sostanziale - dei due esami, come è possi– bile non tener conto che in quei due milioni sono com– presi tutti coloro i quali, muniti anche di titoli di. stu– dio, magari perfino di laurea, non sono iscritti nelle l!ste perchè, per partito preso o per indolem:a, non hanno mai chiesto l'iscrizione? Nè il disegno ·di legge pensa a provvedere a questi casi, perchè Fiscrizione d'ufficio, la così detta leva eletto1·ate 1 riguarda soltanto quelli che raggiungeranno, dopo la promulgazione della. legge, l'età maggiore. Se dunque il numero degli elettori aumenterà sensi· bilmente, si dovrà alla cresciuta istruzione (e difatti l'incremento degli ultimi anni si deve al fatto che !e generazioni venienti sono più alfabete di quelle che scompaiono); si dovrà anche, se si riuscirà a farla fun– zionare efficacemente, alla leva elettorale; ma non al• l'estensione del suffragio per v.irtù dell'esame proposto dal disegno di legge, che, secondo noi, non vale, dal punto di vista della larghezza, nemmeno l'articolo 100 del 1882. , Dunque manteniamo ferme le nostre conclusioni : indipendentemente dal valore teorico intrinseco del voto obbligatorio, snl quale pur tanti dubbi é lecito avere, esso, ora come ora, rappresenta pei partiti di democrazia un danno che non trova compeoso né in una rilevante estensione del suffragio, nè nell'adozione di un nuovo sistema elettorale capace di assicurar"e a ciascun partito quello che, proporzionatamente alte pro· prie forze, ha diritto di avere. GINO BANDINI. Antonio Graziadei ci ntanda questa prima pal'le di un suo studio sut con{ìillo ,·omagnoto, che continue1·à net prossimo fascicoto. È uno studio sereno, che perciò pubbtichiamo volontiel'i, senza p1·ende1·parte a priori netta cGntesa asp1·a che la p1·eoenzione p?titica accese in Romagna, anche f1·a socialisti; augul'ando che ugual– mènle se,·ene siano, se ve1-ranno, le 1·isposte di alld so– cialisti. Noi intendiam,o sopratutto che il pa1·t1to e gli studiosi siano esattamente inj'ormati, a{finchè il giud·i:io e le conclusioni possano fondarsi da ciascuno sop1·a basi sicure. La C. S. Mmn~RIA f Bttnmnnrnrn m R~Mn~n r. I carattsri diffsrsnziali d immadri E deibraccianti. La Romagna è una regione eminentemente agri– cola. Le classi interessate nella sua agricoltura sono varie, a seconda che si tratti di terreni di montagna, o di alta collina, o di bassa collina, o di piano, o di
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